Il lasciapassare della poesia

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GIANCARLO BARONI

Lasciapassare

Recinti una fetta di universo
appendi vietato entrare

concedi un lasciapassare
ai conoscenti che portano
il vitto quotidiano.

*

Ai bordi

A velocità stellari
dappertutto nel vuoto

all’improvviso ferme
ai bordi dell’abisso.

*

Corre l’anima dentro la stanza

Volevi scavalcare le sbarre
del letto dove giacevi
il cervello impartiva l’ordine
il corpo non lo eseguiva

gesti di fuga accennati
dai piedi e dalle mani.
Da quando ti sei placato
corre l’anima dentro la stanza.

*

Questa ragazza

È bella questa ragazza che si piace.
Distende a passi veloci le parole poi, appagata,
scompagina i pensieri tra i capelli. Spesso
sorride. Distratta infine lascia

a nostra eredità uno sguardo.
A noi, proprio,
che non sappiamo guardare.

*

Bernini

Muscoli come ali le dita
ramoscelli di alloro e di cristallo
dei sassi tirati con la fionda
centrano le comete e si disfanno

in scintille e raggi sguardi
beati fissate stupefatti
è vera gloria.

Giancarlo Baroni, I nomi delle cose, puntoacapo 2020.

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In bilico tra Valerio Magrelli e Luciano Erba, Baroni osserva la realtà con occhio da vedetta e il suo sguardo restituisce quadri di vita mai scontati o dati per certi. C’è una sorta di ironia di fondo che, talvolta, agisce in profondità e, senza corrodere, opacizza il fare umano e cerca una parola definitiva, un lasciapassare, con cui restituire un intero a tante situazioni frammentarie, senza sbocco. Una poesia arguta, quella di Baroni, fatta di scatti cerebrali, ipotesi, situazioni limite (l’uscio, la frontiera, il fronte,  le zone franche): qui l’uomo si trova di fronte a uno specchio e dubita di sé e del suo riflesso. È nella terra di nessuno, insomma, che si svolge la storia e la scommessa è quella di trovare un confine. Ne deriva una sorta di situazione metafisica dove resistere con mandel’stamniano rigore.

Lo stile, nitido, dà unità ad un lavoro serio e originale. Il poeta emerge dalle pagine e coincide con l’uomo: è la preoccupazione del mondo che porta a scrivere e la pietas si insinua nei versi, quasi un’ombra cercasse di dare riparo. Autore riconoscibile e maturo, Baroni ne I nomi delle cose crea un sistema chiuso con il lettore, in cui il diaframma della scrittura è facilmente penetrabile per chi, con occhio vigile a sua volta, sa riconoscere i segni di una fragilità umana da tenere cara e proteggere, cosa questa mai scontata.

(Nota di Ivan Fedeli)

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Giancarlo Baroni collabora con Margutte già da anni con i suoi articoli di poesia e di viaggi e le sue recensioni.

È nato a Parma, dove abita, nel 1953. Ha pubblicato due romanzi brevi, qualche racconto, un testo di riflessioni letterarie e sei libri di poesia. Le ultime due raccolte di versi: I merli del Giardino di san Paolo e altri uccelli (Mobydick, 2009; nuova edizione illustrata e ampliata, Grafiche STEP, 2016) e Le anime di Marco Polo (Book, 2015). Ha coordinato, assieme a Luca Ariano, l’antologia Testimonianze di voci poetiche. 22 poeti a Parma (puntoacapo, 2018). Nel 2009, 2010 e 2011 ha letto a “Fahrenheit” (Rai Radio 3) diverse sue liriche, alcune in occasione del Festival della Filosofia di Modena. Per quasi vent’anni ha collaborato alla pagina culturale della “Gazzetta di Parma”. Sue poesie sono state tradotte in lingua inglese dal poeta Max Mazzoli e in francese dalla poetessa Marilyne Bertoncini. Per la rivista on line “Pioggia Obliqua. Scritture d’arte” cura una pagina intitolata “Viaggiando in Italia”. Poeta per passione e fotografo per diletto, ha pubblicato tre piccoli libri fotografici: Sguardi dell’arte, Bologna e Due volti di Parma; tutti e tre fuori commercio.

(Le foto presenti in questo articolo sono dell’autore)