L’ubiquità di Milano

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GIANCARLO BARONI

Per completare il Duomo di Milano, dedicato a Maria nascente, ci sono voluti quasi cinquecento anni, un tempo lunghissimo, un’opera interminabile: “lungo come il duomo di Milano” dice efficacemente un detto. Iniziato nel 1386 per volontà di Gian Galeazzo Visconti, nel 1805 vi fu incoronato re d’Italia Napoleone.

La pietra è un marmo di colore bianco e rosa con striature grigie. Estratto dalle cave di Candoglia, in Val d’Ossola, arrivava a destinazione dopo un complicato percorso via acqua. I blocchi, caricati su barconi, navigavano il fiume Toce, il Lago Maggiore, il Ticino e i Navigli. Su quelle imbarcazioni era impressa la sigla “a.u.f.” cioè “ad usum fabricae”, per significare che il carico non era gravato da imposte e gabelle: da qui il modo di dire, ormai in disuso, “a ufo” cioè gratuitamente.

Gigantesca e ornata di statue, archi, guglie, pinnacoli, nicchie, decorazioni, l’esterno sovrabbondante e l’interno maestoso, guardiamo la Cattedrale di fronte, le giriamo intorno, entriamo dentro percorrendola nella sua vastità, poi finalmente saliamo sul tetto. Ecco il punto di vista forse più spettacolare di Milano, da qui la città sembra a portata di mano. Quasi cavalcassimo un drago ammansito, il Duomo, meraviglioso mostro di pietra, sta sotto i nostri piedi e ci sorregge. In cima splende dal 1774 la “Madonnina” simbolo di Milano; “O mia bela Madunina che te brillet de lontan / tuta d’ora e piscinina, ti te dominet Milan”, dice la popolare canzone composta nel 1935 da Giuseppe Danzi.

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Non meno importante e affascinante è la Basilica di Sant’Ambrogio, costruita non in marmo ma in mattoni fra il 379 e il 386. Un ampio cortile affiancato da loggiati ci accoglie e ci guida verso l’interno; la cripta custodisce i resti del santo patrono di Milano assieme a quelli dei martiri Gervasio e Protasio. Il mosaico dell’abside e i rilievi del cosiddetto Altare d’oro illustrano un prodigio di Sant’Ambrogio: si racconta che il vescovo, mentre diceva messa a Milano, prendeva simultaneamente parte, a Tours, ai funerali di San Martino. Possiamo forse considerare l’ubiquità temporale come la principale dote e caratteristica di Milano: Mediolanum, antica e modernissima, è probabilmente l’unica città italiana che appartiene contemporaneamente al passato, al presente e al futuro.

Sant’Ambrogio è figura centrale della storia milanese. Nasce verso il 339 e muore quasi sessant’anni dopo. Giovanissimo si trasferisce a Roma e poi, da adulto, a Milano; qui viene consacrato vescovo il 7 dicembre 374 e qui battezzerà, nel 387, Sant’Agostino. Si incontrano dunque a Milano due figure fondamentali del Cristianesimo: Ambrogio nato a Treviri, in Germania, e Agostino originario di Tagaste, nell’attuale Algeria. A quei tempi sede imperiale, Mediolanum era un magnete e un polo attrattivo.

Capitale dell’Impero romano d’Occidente dal 286 al 402; Comune che tiene testa all’imperatore Barbarossa; con i Visconti e gli Sforza uno degli Stati più potenti d’Italia; capitale della Repubblica Cisalpina e poi del Regno Italico (Napoleone si incoronò re d’Italia in Duomo); dal dopoguerra, nonostante i devastanti bombardamenti aerei, cuore finanziario e industriale del Paese; città della lirica, dell’editoria, della moda, del design, della pubblicità, della scienza, della tecnica e di altro ancora.

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Milano può apparire a chi la visita per la prima volta severa, fredda, ostica, arcigna e poco a misura d’uomo “Pure,” scrive Guido Piovene, “Milano è bella. Chi la percorre con amore, vede come persistono…i suoi motivi antichi. Sono…San Ambrogio, San Eustorgio; sono le impronte del Bramante, Santa Maria delle Grazie, San Satiro; …Brera e gli altri musei, il Castello Sforzesco, l’Ambrosiana, il Poldi-Pezzoli. E’il neoclassico milanese…più amabile del francese, più colorito, di una grazia settecentesca…”.

Le eleganti colonne di fronte a San Lorenzo Maggiore risalgono al II-III secolo d.C.; la basilica di Sant’Eustorgio accolse le reliquie dei Magi, patroni dei viandanti, arrivate nella prima metà del IV secolo da Costantinopoli e nella seconda metà del XII  trasferite a Colonia dal Barbarossa. Fanno da contrappasso i grattacieli degli anni Cinquanta-Sessanta e soprattutto quelli del nuovo millennio della Milano verticale, di questa “città che sale” (per usare il titolo di un quadro del futurista Boccioni) che si eleva verso l’alto e si proietta con il suo passato e il suo presente verso il futuro.

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Nei suoi  musei e nelle sue chiese sono custoditi capolavori dell’arte: al Poldi Pezzoli, la grazia delicata, l’eleganza limpida e naturale del Ritratto di dama attribuito a Piero del Pollaiolo; a  Brera la Pala Montefeltro di Piero della Francesca, il Cristo morto di Mantegna, lo Sposalizio della Vergine di Raffaello; nella Pinacoteca Ambrosiana, fondata dal cardinale Federico Borromeo, il luminoso Canestro di frutta di Caravaggio e nella Biblioteca i fogli del Codice Atlantico di Leonardo che a Milano trascorse più di vent’anni della sua vita. Sopra una parete del refettorio del convento domenicano di Santa Maria delle Grazie ci incanta la magia prospettica dell’Ultima Cena leonardesca. I Musei Civici del Castello sforzesco espongono strumenti musicali, armi e armature, statue in legno e in marmo, mobili, ceramiche, oreficerie, avori, disegni e dipinti, e principalmente ospitano la Pietà Rondanini, acquistata dal Comune di Milano nel 1952, alla quale Michelangelo lavorò, lasciandola incompiuta, fino alla fine dei suoi giorni. Madre e Figlio formano quasi un corpo unico, fusi in un abbraccio doloroso e amoroso, drammatico e appassionato: scultura arcaica e avveniristica al contempo.

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La Milano di Ambrogio

La città sta in mezzo. Altre
lo pretendono e qui
succede. Io che vengo dal Nord

sono ora il suo vescovo, Agostino
dall’Africa mi chiede
d’essere battezzato

in questa capitale minacciata. Ho così tanto
da fare che mi sdoppio. In preghiera
a Milano e nello stesso

istante al funerale
di Martino di Tours. Ubiquità
mio autentico miracolo.

Le fotografie sono di Giancarlo Baroni.
Uscito su Pioggia Obliqua, Scritture d’arte.