Il respiro di Gabriele

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GABRIELLA MONGARDI

In questo suo nuovo romanzo, Il respiro dell’abbandono (Catartica edizioni 2019) Gabriele Gallo lascia le amate montagne per proporci uno spaccato della società di oggi colta da un’angolatura decisamente originale, quella offerta da una discoteca in disarmo e dalle vite che si intrecciano intorno a essa, in un inestricabile groviglio di passato e presente, di sguardi dall’esterno e dall’interno, di nuove forme di comunicazione tecnologica, che la pagina scritta accoglie dentro di sé, riproducendole – e su cui la scrittura si modella.

Con la consueta misura, con penna leggera e ritmo narrativo ben scandito, Gallo alterna tre diverse storie di gente comune, ordinaria: quella di Giacomo, un ragazzo cresciuto con i nonni materni perché i genitori sono troppo occupati a inseguire ciascuno il suo sogno di affermarsi come musicisti rock, quella della coppia in crisi di “identità” tanto da non avere neppure un nome, e quella di Antonio, il venditore di arance alle prese con il mistero di una figlia adolescente. Tutti in qualche modo hanno avuto o hanno a che fare con quel “tempio del dio Suono” che, negli ultimi decenni del secolo scorso, aveva rappresentato per i giovani di allora, travolti dalla febbre del sabato sera, un riferimento imprescindibile.

Se è vero che “tutto ciò che ci circonda custodisce una storia”, ci vuole però un narratore che la intuisca e la racconti, e raccontando arricchisca di nuovo significato la vita più insignificante, le dia baricentro. Una vita senza baricentro infatti non ha senso, e “una vita senza senso è la tortura / dell’inquietudine e del vano desiderio” (E. L. Masters). I personaggi di questo romanzo non hanno un baricentro dentro di sé, sono inquieti, desiderano altro da quello che hanno e che sono, e se questo è naturale per ragazzi giovani come Giacomo, è triste che avvenga in adulti come il marito che cerca una sferzata di vitalità rinvangando il passato.

Giovani e adulti sembrano pesci in un acquario: fluttuano in un mondo “liquido”, senza padri e senza maestri, senza distinzioni tra alto e basso, fondo e superficie, in cui è difficile – se non impossibile – orientarsi, conoscersi, riconoscersi. Saper “cogliere il respiro dei luoghi abbandonati” può bastare? Il romanzo, fiduciosamente, lascia intuire che sì, e rimane aperto al futuro…

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Il libro sarà presentato sabato 14 dicembre 2019 alle ore 21,00 presso la Sala Luigi Scimè – Corso Statuto – Mondovì, con la partecipazione dell’autore. Interverranno Stefano Casarino e Marco Picco. Letture e voce: Valeria Vercelli. Pianoforte: Federico Bersia