Musica dagli inferi

elaborazione fotografica di Manuela Zanotti

MANUELA ZANOTTI

La sera del 21 giugno, nella chiesa sconsacrata di Santa Chiara si teneva un concerto dal titolo “Musica dagli inferi”.

Piercarlo aveva accolto l’invito non perché appassionato alle dodecafonie della musica classica contemporanea, ma per il fatto che il concerto, organizzato dalla fantomatica Fondazione Astarte di Torino, prevedeva l’esibizione del quartetto “Persefone”, diretto dal Maestro Iroshi Katamura, e seguire un concerto diretto da un… defunto era piuttosto interessante!

Così aveva lasciato l’auto sulla piazzetta dei licei e si era incamminato lungo la via delle Scuole. Il portone di Santa Chiara, chiuso da più di un decennio, sembrava lievemente aperto lasciando intravedere una luce incerta e tremolante di fiamme, oltre ad un tanfo di muffa, come se avessero appena aperto una cantina sigillata da secoli, e assieme a questo, un susseguirsi di note cupe e dissonanti.

La scalinata semicircolare era stata lasciata così com’era, un po’ dissestata con ciuffi d’erba e spighe che spuntavano dalle commessure e la balaustra pencolante, ma forse tale abbandono  bene si addiceva all’esibizione di un quartetto ispirato  ad una divinità ctonia e diretta da un … trapassato.

Sulla decrepita facciata era stato teso un drappo viola e i manifesti dell’evento. All’ingresso c’era una donna tra i quarantacinque e i cinquanta, brutta, con una voce  sdentata.  Appeso al tailleur scuro il logo della Fondazione Astarte: il perentorio “Guanto rosso” di De Chirico.

Il locale era illuminato solo da candele, tante candele nere messe ovunque: sugli altari ormai spogli, sopra i polverosi lampadari, negli angoli, sul gradino che separava la navata dal presbiterio, sulle balaustre, dietro le grate che un tempo avevano separato gli ambienti della clausura…

Al centro  del presbiterio, era stato deposto un braciere  che lanciava faville verso le misteriose oscurità del soffitto dalle quali scendeva una sorta di pendolo formato da un disco metallico. Un organo invisibile emetteva cupe dissonanze. Il concerto era abbinato ad una mostra che si dipanava nei locali vicini e, soprattutto, nei sotterranei. Era forse per questo che il pubblico era sparpagliato e tutto dava la sensazione di addentrarsi in un luogo oscuro e misterioso.

La “bruttina stagionata” gli aveva messo in mano un pieghevole per illustrare la fantasiosa performance artistica che prevedeva l’esibizione del quartetto accompagnata dalla comparsa di attori, tutto mentre il pubblico si spostava da un locale all’altro, dove, oltre ad opere d’arte moderna, c’erano degustazioni di vini, formaggi, salumi, persino caviale o spruzzate di  tartufo su tagli di pane ed altre strane ed esotiche prelibatezze che in un momento di austerità come questo a Piercarlo parvero un po’ inopportune.

Tra i presenti non vide nessun conoscente o almeno, facce già viste: parevano piuttosto gente di fuori, intellettuali, artisti, tipi strani,vestiti di nero con lunghe basette o barbette luciferine e rune tatuate sulle mani. Le signore svestitissime o completamente vestite di nero, dal trucco vagamente sul dark.

La brochure spiegava che il quartetto Persefone, era stato fondato l’anno appena trascorso a Torino dal Maestro Iroshi Katamura ed avrebbe eseguito brani composti dal Maestro stesso, ma nulla alludeva al suo tragico decesso.

I musicisti, con contrabbasso, tromba marina, trombone e percussioni erano nascosti in due coretti si lati del presbiterio e la musica scendeva dall’alto delle volte immerse nell’oscurità.

Alcune altrettanto enigmatiche statue di pietra nera mostravano un cammino che si dipanava verso i sotterranei della chiesa e del convento dal suggestivo titolo …E, SOTTO, LE BUIE STORIE DELLE OMBRE INQUIETE…

Era un tipo di arte non facilmente comprensibile: sculture in raku che riproducevano strane creature notturne, divinità ctonie, teste anguicrinite di medusa, e poi reperti antichi o semplicemente vecchi: gargoiles provenienti da antiche cattedrali, angeli dalle ali spezzate ricoperti di muschio, urne di marmo portate da qualche vecchio cimitero, cariatidi, frammenti di fontane con code di tritoni, mostri di ghisa e poi catafalchi, carri funebri, penitenti mummificati, forcipi e vecchi strumenti chirurgici, feti deformi sotto spirito. E poi c’erano uomini squartati o scorticati:  sperava che fossero vecchi modelli anatomici…e invece erano cadaveri reali, preparati da uno strano artista che da decenni faceva parlare di sé per le sue sinistre performance. C’erano poi teschi usati come paralume o ammonticchiati in modo da formare  macabre composizioni…per non parlare delle mummie dei penitenti con ancora indosso l’abito col cappuccio, presi da qualche cripta e, dulcis in fundo, una statua quasi vera, forse venuta fuori dal set di un film dell’orrore: il  principe delle Tenebre!

Ed ecco che una moltitudine di figure nude gli vennero incontro: Baccanti, Satiri, capri, diavoli, altre creature notturne,  vive, interpretate da ballerini mascherati. Corpi nudi dietro inquietanti maschere dal sapore infernale che offrivano boccali pieni di vino speziato.

Intanto le note del Quartetto Persefone raggiungevano anche quel regno d’oltretomba con suoni cupi, note stridenti, ritmi incalzanti, rintocchi sonori.

Il culmine della mostra era nella cripta sotto  il presbiterio, dominata da un pilastro a fungo: qui, legato ad una ruota, c’era il corpo di una donna, straziata come Santa Caterina. Piercarlo si avvicinò quasi tremante e si accorse che era una statua di cera, ma fatta in modo da simulare il vero… più che essere meravigliato, Piercarlo si chiese se quella fosse arte o cos’altro! Gli venne solo la smania di uscire, disgustato ed anche turbato, quando sentì il fragore di qualcosa che si abbatteva sul pavimento soprastante…

Come gli altri presenti, si diresse verso il punto da cui era provenuto lo schianto e in una nube bianca di calce vide la grossa statua di un angelo che, staccatasi dal soffitto, si era fracassata sul pavimento. Ci fosse stato qualcuno sotto, sarebbe stata una strage, ma l’angelo era caduto in un momento in cui non c’era nessuno… o era stata tutta una messinscena? Intanto il quartetto Persefone continuava a suonare un brano intitolato ” La caduta di Lucifero”, incurante del gran polverone che aveva invaso la navata della chiesa.

Sì, era stata solo una messinscena, una finzione, quell’angelo non si era staccato per caso rischiando la strage, ma era stato il culmine di un’inusuale performance… di questo Piercarlo cercava di convincersi e come lui, forse, gli altri presenti, ma nessuno aveva il coraggio di comunicare i propri pensieri… O era solo Piercarlo a stupirsi? Non è che gli altri già sapessero quello che sarebbe accaduto?

Uscì, deciso, ma fuori era buio! Non perché si fosse fatta notte: non erano ancora le nove di sera e quello era il solstizio d’estate. No, era buio per le nubi temporalesche che si stavano addensando sopra i tetti di Piazza, nere come l’anima di Giuda e percorse da lampi che rischiaravano il cielo da parte a parte. Il vento, intanto, piegava come fuscelli gli alberi che erano intorno alla cappella di San Rocco, risaliva la via con correnti gelide che sollevavano vortici di polvere, poi il fragore dei tuoni faceva tremare i palazzi fin dalle fondamenta.  Piercarlo raggiunse la macchina un attimo prima che si scatenasse il finimondo: una vera bomba di acqua vento e grandine.

Forse il Padreterno aveva perso la pazienza…o era stato Quello del piano di sotto che, a furia di essere chiamato ed invocato, aveva deciso di partecipare alla festa con uno spettacolo quasi pirotecnico?

(Un altro racconto di Manuela Zanotti si può leggere qui)