Qui ci vorrebbe Nuto

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EVA MAIO

Volevo che i giovani sapessero, capissero, aprissero gli occhi.
Guai se i giovani di oggi dovessero crescere nell’ignoranza, come eravamo cresciuti noi della “generazione del Littorio.”Oggi la libertà li aiuta, li protegge.
La libertà è un bene immenso. Senza libertà non si vive, si vegeta.
“Sull’ignoranza” (Nuto Revelli), 
discorso tenuto in occasione della Laurea honoris causa in Scienze dell’Educazione
Università di Torino, 1999

Uomo libero e amante della libertà. Saggio e coraggioso insieme. Indagatore schietto
di quella parte di umanità che sarebbe rimasta irrilevante e silente se nessuno pazientemente ne avesse raccolto le testimonianze.
E lui l’ha fatto.
L’ha fatto con l’animo del partigiano, col talento dell’ascolto, con una originale perizia nell’intervistare. Un tipo di intervista che sa sondare volti, rughe, silenzi, parlate scarne.
Un uomo così va ricordato.
Da un uomo così c’è tanto da imparare.
Tanto da imparare, adesso. Proprio adesso.

Qui sì ci vorrebbe Nuto

A catturare preludi di pensiero
e pensieri e vite vere
in sguardi lunghi e silenti
portarli poi a noi ai nostri occhi
in parole sobrie
e rispetto immenso,
a fermare le voci
dei “sordomuti” della storia
quelli di oggi
e i loro quotidiani travagli
sì ci vorrebbe Nuto
in mare
- quel che è lì stretto
tra terre inquiete -
in mare con vele
con le sue mani grandi
e lenti spesse
lì con umili nuotate in onde amare.
E poi qui tra noi
a raccontare.

A calare sonde
nel sottosuolo di tanta ignavia
di politici di intellettuali
ci andrebbe Nuto
saprebbe farlo
che l’anima nuda
senza orpelli e glorie
va dritta al vero,
e quei flussi verbali inconsistenti
quel ringhiare infetto della destra
lo azzererebbe
con la memoria semplice della “Carta”.
Che anche l’avidità il cinismo
l’indifferenza informe
combatterebbe con passi decisi
in scarpe grosse
con ragionare quieto fino fondo
che a pontificare ormai son troppi
a fare i ciarlatani anche
ed in Europa è buio.

***

Benvenuto (Nuto) Revelli nacque a Cuneo il 21 luglio 1919, conseguì il diploma da geometra e nel 1939 venne brillantemente ammesso alla Regia Accademia di fanteria e cavalleria di Modena.
Nel 1942 partì per il fronte russo, con i gradi di sottotenente con la tradotta della 46ª Compagnia del Battaglione Tiràno, 5° Reggimento Alpini della Divisione Tridentina. Visse l’esperienza della guerra in tutta la sua crudele sofferenza, toccando con mano la tragedia dell’impreparazione e dell’abbandono delle truppe, il tradimento dell’alleato, la corruzione delle retrovie. Al suo ritorno a Cuneo diventò uno dei primi organizzatori del movimento partigiano nel cuneese.
Insieme a Piero Bellino e ad altri ufficiali costituì la formazione partigiana “Compagnia Rivendicazione Caduti” proprio in nome dei tantissimi soldati morti in Russia.
Nel febbraio del 1944 salì a Paraloup (Valle Stura), sede della banda “Italia Libera” di Dante Livio Bianco e Duccio Galimberti e si unì alle formazioni di Giustizia e Libertà, acquisendo un ruolo di primaria importanza anche in ragione della sua esperienza militare.
Al comando della Brigata Valle Vermenagna e della Brigata Valle Stura “Carlo Rosselli”, inquadrate nella I Divisione GL, nell’agosto del 1944 riuscì a bloccare, in una settimana di scontri durissimi, i granatieri della 90ª Divisione corazzata tedesca che puntava al valico del Colle della Maddalena, agevolando così lo sbarco degli Alleati nel sud della Francia. Nei giorni della Liberazione comandava la V Zona partigiana del Piemonte.

Nel 1945 sposò Anna, conosciuta prima della guerra, e nel 1947 nacque il figlio Marco, oggi professore universitario di Scienza della Politica.
Nuto Revelli ha scritto il testo del famoso canto partigiano Pietà l’è morta ed è coautore della Badoglieide. Dalle esperienze della guerra fascista e della lotta partigiana e dall’interesse per la storia vista “dal basso”, ha tratto ispirazione per i suoi libri, tutti editi da Einaudi: Mai tardi. Diario di un alpino in Russia (1967), La guerra dei poveri (1962), La strada del Davai (1966), libro-inchiesta che troverà la naturale evoluzione in L’ultimo fronte. Lettere di soldati caduti o dispersi nella seconda guerra mondiale (1971).

In un secondo momento, Revelli focalizza il suo interesse sul mondo contadino al tramonto, dando voce ai suoi emarginati protagonisti nei volumi: Il mondo dei vinti. Testimonianze di vita contadina” (1977) e L’anello forte. La donna: storie di vita contadina (1985), che richiederanno anni di lavoro tra la paziente raccolta di testimonianze, la scrupolosa trascrizione e la suddivisione del materiale selezionato nelle sezioni: Pianura, Collina, Montagna e Langhe.
Il disperso di Marburg (1994), costruito come un romanzo, narra l’indagine intorno alla figura di un giovane “tedesco buono catturato dai partigiani, mentre Il prete giusto (1998) è lo straordinario ritratto di don Viale, un prete che, dopo aver salvato tante vite ed essere stato riconosciuto “Giusto” da Israele, viene invece escluso e sospeso a divinis dalle gerarchie ecclesiastiche.

L’ultimo libro di Nuto Revelli, Le due guerre (2003), rilegge i 25 anni che vanno dall’ascesa del Fascismo alla Liberazione dal punto di vista di chi li ha vissuti ed è dedicato ai giovani, affinché non dimentichino, ma soprattutto capiscano quanto sia rischiosa l’inconsapevolezza dell’oggi.

Nuto Revelli si è spento a Cuneo il 5 febbraio 2004.

(Informazioni tratte dal sito della Fondazione Nuto Revelli)

La foto è tratta da Wikipedia.