“Al di qua del mito. Il barocco italiano” ad Alba

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GABRIELLA MONGARDI

Titolo enigmatico, quello dell’insolito concerto che “I Giovani dell’Academia Montis Regalis” hanno eseguito ad Alba, nella chiesa di San Domenico, nell’ambito dell’Alba Music Festival, sotto la direzione del M.° Filippo Maria Bressan. Insolito perché l’orchestra questa volta, oltre a proporre due concerti per archi di Baldassarre Galuppi, ha accompagnato nella Missa dolorosa di Antonio Caldara un coro, il Coro da Camera di Torino – cosa mai avvenuta in passato, ma assolutamente giustificata dall’importanza della musica vocale barocca, soprattutto in Italia. Enigmatico era anche il fatto che i brani proposti non fossero minimamente illustrati nel programma di sala – e dire che le informazioni storiche di contorno, almeno per il Miserere di Gregorio Allegri, il quarto brano in programma – erano sicuramente di grande interesse: basta dare un’occhiata a Wikipedia per sincerarsene.

Il brano, composto intorno al 1630 per l’Ufficio delle Tenebre della Settimana Santa, era considerato così sacro che il papa Urbano VIII proibì che fosse trascritto e punì l’esecuzione al di fuori della Cappella Sistina con la scomunica. Solo tre copie autorizzate della partitura vennero distribuite altrove prima del 1770: una fu data all’imperatore Leopoldo I d’Asburgo, una al re del Portogallo e una al musicista padre Giovanni Battista Martini. Nessuno di loro, tuttavia, riuscì a riprodurre la bellezza del Miserere così come veniva cantato nella Sistina, forse perché mancava l’ornamentazione, che veniva semplicemente tramandata da interprete a interprete nella Cappella Sistina. Nel 1770 il quattordicenne Mozart, in visita a Roma durante la Settimana Santa, ascoltò il Miserere di Allegri e lo trascrisse interamente a memoria: dopo la sua trascrizione, la minaccia della scomunica venne tolta… Solo nel 1840, però, fu pubblicata un’edizione che comprendeva anche l’ornamentazione, per preservare la prassi esecutiva della Cappella Sistina. Il Miserere di Allegri venne eseguito nella Cappella Sistina, pressoché ininterrottamente, fino al 1870. Sospesa per 141 anni, la composizione è stata nuovamente eseguita nel 2011 alla presenza di papa Benedetto XVI, nella basilica romana di Santa Sabina – non so se con un’interpretazione migliore di questa albese.

Il Coro da camera di Torino, composto da 23 coristi divisi in due gruppi, cantava a cappella, e siccome la composizione prevede 10 voci, i cantanti erano praticamente tutti “solisti”, nel senso che nella tessitura armonica complessiva rimanevano ben percepibili le singole voci, le fioriture, i gorgheggi che toccavano vertiginose altezze, in uno stupefacente “controcanto” col testo. Il salmo del Miserere, infatti, è l’invocazione del misericordioso perdono di Dio da parte dell’uomo consapevole della propria indegnità, della propria bassezza, dei propri peccati. Il testo è tutto attraversato da due campi semantici contrapposti: da un lato, il polo negativo dell’uomo, che si umilia e si pente dei suoi peccati, perché sa di non potersi salvare da solo; dall’altro il polo positivo del Dio pieno di misericordia che cancella il male, purifica il peccatore, viene in suo soccorso. Ma chi compone una musica così semplice e sublime, chi la canta con voci così straordinarie, non può non essere consapevole del suo valore, non può non sentirsi riscattato – e salvato – dalla musica stessa: il canto è il “sacrificio perfetto” che Dio gradisce…

La Missa dolorosa di Caldara, nato a Venezia ma vissuto a Mantova, Barcellona, Roma e morto a Vienna,  conferma le caratteristiche di questo compositore, che anche nelle opere sacre utilizza una scrittura “operistica”, solenne e grandiosa, sintetizzando insieme gli stili delle scuole veneziana, napoletana e romana e coniugando mirabilmente moduli bachiani e cantabilità italiana.

I due concerti del veneziano Galuppi sono all’insegna del contrasto: il primo, in tonalità minore, sembra una meditazione, uno “studio” sulle fonti e i modi dell’armonia; studio che nel secondo concerto, dopo un crescendo di saette ora energiche ora delicate, approda a uno splendido, dolcissimo duetto tra i due violini solisti.

Nell’insieme, il concerto ha offerto uno spaccato esaustivo del barocco italiano, tra Venezia e Roma. Qualcuno però spieghi perché “al di qua del mito”.