“Ascoltando Mondovì” – Gocce di paesaggio a Breo

3-Gocce-di-paesaggio-a-Breo-Laura-BlenginoAbbiamo presentato questo progetto di scrittura creativa e pubblicato il primo intervento qui. Ecco il secondo. Altri seguiranno.

LAURA BLENGINO
Interiormente scendono in me gocce di silenzio. Esteriormente scendono su me gocce di paesaggio.

Pomeriggio dell’ 11 maggio 2012. Inizio il mio percorso nella mia città natale: Mondovì. E più precisamente nel suo centro storico, Breo.

Una passeggiata per svellere la patina della città e osservarla con occhi nuovi.

Il punto di partenza è l’associazione culturale La Meridiana Tempo. Di fronte si può guardare la piazza di S. Pietro e l’omonima chiesa. La prima ha una fontana con un delfino. Come a indicarci di nuotare più a fondo, nell’analizzare la città. La chiesa ha come caratteristica, sul campanile, un moro-automa che si alza dal trono e batte col suo martello le ore.  Forse il martello è un simbolo delle antiche corporazioni artigiane, forse è un rimando all’antico mestiere del ceramista che a Mondovì ha radici profonde, nel passaggio tra Sette e Ottocento.

Scendo, e arrivo a Piazza Ellero. Ammiro una fontana con un bronzeo girotondo di bimbi. È “La gioia di essere a Mondovì”. Uno sciame di spruzzi mi saluta in un’allegra danza. Un cinguettio d’acqua mi dà il benvenuto. Osservo un logo, l’insegna di un fotografo. Una giovane donna di un passato senza tempo: la chioma riccioluta le ricade sul vestito, l’abito ampio e gonfio, le mani sovrapposte l’una sull’altra, appoggiate a loro volta su qualcosa, come in attesa di qualche evento. Che sia la bella e famosa Laura dei Bressani?

Lascio la domanda in sospeso e proseguo.

Percorro la via principale, Corso Statuto. A un certo punto noto una decorazione antica e oscura. Un drago nero veglia giorno e notte. Le ali spiegate, come se da un momento all’altro si librasse in cielo, togliendosi la catena metallica che lo imprigiona al muro. La sua lingua fuori. Come avvertimento o come sberleffo? Nella mitologia quest’essere ha la vista acuta ed è il guardiano di tesori e luoghi magici. Forse anche lui vuole indicare che Mondovì va guardata più in là di quello che vediamo. O che forse nasconde qualcosa di prezioso.

Poco più avanti, per lo stesso corso, una vetrina cattura al lazo i miei occhi. Un magnifico prato sintetico, sgargiante di verde vivo. Un selciato di pietre cosparge il tutto. Sopra alcune di esse ci sono delle scarpe. Quasi a indicare un cammino. Che Mondovì sappia del nostro progetto?

Al termine del corso mi gusto l’architettura del Municipio. Un orologio mi segnala che il tempo della camminata è quasi finito. Ciò che lo circonda sono ricche volute e decorazioni, somiglianti più a grappoli d’uva. Cinque finestre con arcate dominano la visuale. In cima risalta il marmoreo stemma della città: una croce in un ovale e in alto una corona. Marmoreo, come gli 814 anni di Mondovì. L’edificio è dipinto di un giallo pallido. Una simpatica similitudine con il meriggiare del Sole.

Risalgo via Sant’Agostino. Un vortice di colori, suoni e profumi mi trascina a sé. Sembrano tanti fiori, ma sono i negozi pulsanti di Breo. Percorro tutta la strada, fino in fondo, e così mi ritrovo al punto di partenza. La Meridiana Tempo. Il cuore di questa vicenda.

Tutti questi negozietti dai colori vivaci e dal chiacchiericcio allegro, non devono farci dimenticare che qui convive anche una parte storica. E se tendiamo l’orecchio, passo dopo passo, possiamo sentire zoccoli di cavallo scalpitare sull’acciottolato della via. E se tendiamo l’olfatto, passo dopo passo, possiamo sentire pennelli e vernici che cantano un tramandato antico mestiere.

Foto di Lorenzo Avico