“Rifrazioni”, di Stefano Casarino

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REMIGIO BERTOLINO

Dopo Eidola (2016), una discesa nel mondo del mito reiventato in chiave moderna, Stefano Casarino, con la nuova raccolta poetica, spalanca inediti orizzonti, si immerge  nella “liquidità” del presente, fa brillare attimi del passato come un cristallo.
Il titolo, Rifrazioni, mi pare racchiuda il senso della raccolta e possa subito avviare il lettore a pregustare un mondo tramato di luci ed ombre, di frammenti di vita, di istantanee colte nel flusso inarrestabile del tempo. Intanto, “rifrazioni” richiama subito alla mente la purezza del cristallo o del diamante; essi rifrangono la luce in magiche iridescenze. La sezione centrale, dedicata agli affetti familiari, non irraggia una luce particolare? Una sorta di pulviscolo luminoso sospeso nel tempo…
Il verso di Casarino è libero, scandito da un ritmo scabro; la rima è bandita come pure altri vani  orpelli. Il linguaggio deve tendere all’essenza delle cose senza indulgere nelle vuote apparenze. La parola deve essere precisa, icastica, luminosa, le frasi comporsi in una sorta di aurea misura.
Le poesie sono spesso enucleate in strofe di varia lunghezza; questo permette al poeta di mettere a fuoco, di dar maggiore risalto alle immagini,  focalizzare le varie parti che strutturano il testo.
La ‘plaquette’ si apre con i versi di Parole, una sorta di dichiarazione di poetica come sottolinea pure la citazione – in epigrafe –  tratta dalla poesia  Canto del pastore felice di W. B. Yeats: «soltanto le parole sono un bene sicuro».
Nella prima parte della raccolta affiora, a tratti, un accorato sentimento del tempo. Poesia esemplare è La fine del tempo, dove il poeta si interroga sul senso dell’esistenza, su «cosa siamo noi che passiamo rapidi».

Il tempo che non esiste separa
inesorabilmente i nostri affetti,
ci invecchia e deprime, denso ci avvolge
nella sua inconsistenza; i luoghi appaiono
soltanto per confonderci, ci illudono…
e come noi svaniscono.

In Controcanto si respira un’aura montaliana già nell’incipit baluginante di metafore:

    Le storie che durano nella cenere
    generano bagliori di ricordi,
    vampe improvvise di rade memorie.

Montale traspare per echi e rimandi sottili pure in altri versi, in certe parole-segnale come agave, sardana, pitosforo… Anche la seconda persona singolare, il tu, cui il poeta talora si rivolge, in una sorta di rifrazione speculare, richiama la lezione del più grande poeta del Novecento italiano.

Casarino procede per agglutinazioni, per aggregazioni tematiche. La parola vibra nella sua accesa scansione, nel suo ruolo di forza evocatrice e creatrice.
I luoghi amati (la Riviera ligure) tornano spesso nei versi della plaquette nelle accensioni luminose degli scogli, negli azzurri variegati delle scaglie marine, nella solarità dei lidi. Ricordo a questo proposito due poesie: Albisola e Fornaci, Savona.
La prima è una visione notturna dalla forte dominanza sonora e cromatica.  La forza delle metafore trasforma il paesaggio marino in una girandola fatta di colori magici, di ‘tâches’ impressionistiche. Nel finale il mare sotto la luce lunare diviene un soffice seta, nella splendida metafora del genitivo che chiude il testo:

Una via di luce
continua a creare la grande luna
sulla distesa di seta del mare.

La seconda è la visione desolata, struggente di un quartiere deserto,  abbandonato:

    È finito il tempo di questi luoghi,
    sono anch’essi invecchiati senza scampo.

La parte centrale del volume, come già ricordavo, è dedicata agli affetti familiari. Si stagliano in luminosi aloni memoriali le figure del nonno, del padre e della madre – “tableaux” come sospesi nel tempo. In Infanzia il ricordo del nonno è vivido, trepido, fulgido. Attraverso pochi gesti, scarni ed essenziali, il poeta lo tratteggia, lo accenna appena, sul terrazzo di casa, nel crepuscolo estivo, quando «la luce non voleva tramontare». Ed è, anche in questa poesia, la parola ad evocare mondi, ad accompagnare il bambino, per mano, attraverso la penombra dell’infanzia.
Una raccolta, questa, che testimonia l’amore di Casarino per la parola, la parola esatta, squadrata: il “verbo” con cui il poeta crea, sonda le profondità dell’anima, coglie rifrazioni di vita, schegge e frammenti di tempo.

***

Il libro sarà presentato a Mondovì in Sala Scimé sabato 11 maggio alle ore 17:30. Con l’autore interverranno Giuditta Aimo, Giuliana Bagnasco, Remigio Bertolino, Yvonne Fracassetti. Musiche dei Castadiva. Seguirà rinfresco.