Voci di Parma: Mauro De Maria

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LUCA ARIANO (a cura)

LA NAVE PUGLIA

Credo che furono le tue parole
ad issare la nave al Vittoriale
così come ci apparve
dalla strada che porta a S. Michele
(la risalimmo come fosse un filo
di memoria, ma invano
la dragarono i tuoi occhi:
ciò che fu alveo alla tua vita
è sigillato; l’eternità
non dura più dell’attimo
in cui hai vacillato).

***

MAGNETE

Lo sai: faccio parte dell’aria che respiri
e al magnete degli occhi
cede il tuo specchio ustorio,
se ti opprime la rete
che a te stessa è vitale
sale al picco montano
il tuo cuore stambecco,
eppure avverti al piede
che si fende la terra
e un vortice che incede alla tua pelle
come la tromba d’aria
l’embrice divelle.

(Da: “Trame e orditi” Book Editore 2013)

***

Occidente di storie millenarie
meraviglie e barbarie alternate
come caselle opposte ma contigue
d’una scacchiera immaginaria
ch’è miniatura dell’animo umano
in cui solo una sfumatura
di colore sovverte l’ordine
in disordine ed antitesi analoghe
(giusto ed ingiusto bene o male
od altro) ed in fondo anche tu
non deroghi da questa regola
demonio e perfezione angelica
ma col potere d’elidere i contrasti
confondere ruoli e destini
senza che sia importante
se fosti tu ad udire o pronunciare
la sfida di mutare i sassi in pane
e che tu rida o pianga perché sempre
ti seguo e ti ho seguita
come ombra di vetro dietro a te
fedele all’etimologia stanziale
insita al tuo silente vade retro

Retro del foglio su cui scrivo di te
ecco dove io vivo
mai veramente unito
mai separato dal tuo fiato
che come e più della veronica
s’imprime a un lato della carta
ed all’altro trasuda
e se per vanità o rivelazione
o semplice casualità
leggerai questa pagina
per quanto folle ti potrà sembrare
so che la girerai per controllare
come fosse una penitenza
da scontare per me
che è dall’adolescenza che ti aspetto:
dire fare baciare

Baciare la tua pelle
sarebbe stato vivere fra gli angeli
ma con la quotidianità del rischio
di ricadere a terra
(e per di più la tua complicità
non venne mai provata)
e così ti ho seguita a distanza
coltivata fra i rovi
come un morbido giglio fra le spine
e isolata da un mondo caduco
ogni giorno ponendo
sentinelle verbali lungo il solco
profondo che separa la tua
da esistenze mortali

(“Beatritz” Book Editore 2017)

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Intervista
Quando hai iniziato ad accostarti alla poesia? Prima a leggere poesie o a scriverle?

Come per molti il mio primo contatto con la poesia è stato scolastico ma il mio interesse è cresciuto gradualmente e in maniera consistente solo più tardi, tanto è vero che all’università mi sono indirizzato a studi scientifici (sono laureato in veterinaria) pur praticando la scrittura poetica.
La lettura ha senz’altro preceduto la fase compositiva anche se solo alcuni autori mi hanno da subito appassionato; più tardi e a fasi alterne mi sono immerso nella scrittura con una lunga sosta verso i trent’anni. Al contrario quest’ultimo periodo è stato molto fecondo e ho scritto parecchio, sempre sull’onda di un progetto ben definito che è, al contempo, coercitivo e stimolante.

Quali sono i poeti che ti hanno influenzato, amato e che reputi tuoi maestri? Eugenio Montale che spesso citi?

Molti sono i poeti che amo e che hanno in qualche modo influenzato il mio stile, per quanto speri sempre di mantenere un tratto originale. Tendenzialmente, a parte i grandi autori italiani dell’epoca stilnovistica e oltre (Dante e Petrarca su tutti), gli autori novecenteschi e in particolare gli italiani pur con alcune incontenibili eccezioni (mi sono innamorato all’istante di Ritsos e di Brodskij anche se in quest’ultimo caso più per il suo versante saggistico). Certamente Montale è un riferimento imprescindibile ed è, fra i moderni, il maestro a cui spesso mi rivolgo e in cui, con le opportune e improponibili proporzioni, riconosco la metodologia di scrittura che mi è più affine.

“Beatritz” pubblicata nel 2017 ha avuto un buon riscontro di critica anche fuori dall’ambito strettamente parmigiano. La consideri la tua raccolta più matura o comunque più legata ad un certo canone letterario? Si è parlato di Giudici e della poesia provenzale.

Al momento ho solo due raccolte pubblicate “Trame e orditi” del 2013 e “Beatritz” del 2017. Credo certamente che la seconda sia la più riuscita, in parte per evoluzione e raffinazione del linguaggio ma soprattutto per l’impostazione e per l’architettura del libro; inoltre la stesura ha coinciso con un’attiva riscoperta della lirica duecentesca, mai sopita per altro ma rielaborata in maniera più confacente alle mie tematiche. La lettura di “Salutz” di Giudici è stata determinante per l’idea embrionale su cui ho poi lavorato.

Che progetti hai ora per il futuro in poesia?

Verso la fine del 2019, presumibilmente a settembre, uscirà la mia nuova raccolta poetica che proseguirà nel solco della tradizione, pur attualizzata, e delle tematiche a me più care. E ho da pochi giorni elaborato e definito un nuovo progetto.

(La foto di copertina è di Francesca Bocchia)