Acque, naufragi e solitudine nella poesia di Andrea Mella

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IL MARE È UN SEGMENTO
Genova 2006

Il fondale degli occhi sopporta
la durezza a fiore del viso
incapace
di assorbire i lividi.

Il mare è un tratto chiuso
e l’infinito
una menzogna intollerabile.

Ci sono gradini
sul volto della donna
che ha percorso ogni giorno
per servire al bisogno.

E le occhiaie sono brocche
che tengon dentro l’acqua
fino all’orlo.

Il mare è un segmento
spezzato dal vicolo
se i panni stesi
non lo serrano a tradimento.

*

NON AL VENTO

L’africo spira sul versante, spinge
e dirige i sogni nella stanza delle farfalle
duole il ventre, duole dire buonasera.
La sabbia è la nostra materia polverizzata.
Non al vento tocca placare
i riflessi dell’iride
ma a carezza di spuma che non conosce
vortici.

*

NOMADI

Nomadi possono essere solo gli sguardi.
Le carezze bagnate dalla pioggia furono
poltiglia destinata a seccarsi nel mezzogiorno.
Quell’acqua senza sale, dal cielo, abbandonata
in rivoli, incapace di misurare la sete; acqua,
dal cielo, senza santi, stinta.
Fummo spiriti fuggiaschi,
quasi d’anima catafratta,
fino a trattenere gli sbadigli.
Nessuno disse come il ponente scappasse
nudo, a destra, dietro l’evidenza dello scoglio.

*

UNA MONETINA

Spiccava una croce sulla crocchia
un saliscendi di rughe in fronte e
poi: una casupola appoggiata male.
Sembrava sul punto di cadere
solo ad aprire gli scuri.
Ci vuole cautela anche a sciogliere
i capelli, che sono belli, (un principio
di candore come un colletto liso)
e quando prendono la pioggia
diventano muschio da respirare.
«Mi serve moneta per il parcheggio
ho parcheggiato una figlia nella pazzia
e voglio sia tutto regolare,
secondo legge e quello che vi pare
una monetina, per favore».

*

UN’APPARENZA

Mi offri un’apparenza,
un’era da girare in catamarano
e un ritorno, dopo la boa,
quando l’acqua si fa dolce
e si vorrebbe affogare piano
dentro un pozzo più profondo
del vuoto scavato nel precipizio
solo il ritornello dello scacciapensieri
intorno
l’Adriatico e uno stormo, io
credo: abbandonato, cesellato nell’azzurro.
Chiamarlo sipario si può, non si vuole.

Andrea Mella, Il misantropo dei Sargassi, Edizioni del Foglio Clandestino 2018
In copertina: Sedia a dondolo (serie End of Summer) di Loredana Celano. Fotografia digitale, 2017. Nota di lettura L’erto irrinunciabile di Filippo Parodi.

Mediante una scrittura potente, ricca, mai banale Il misantropo dei Sargassi racconta del viaggio dell’esistenza, del dramma della migrazione e della condizione umana. Il titolo, che incuriosisce e rimanda subito la fantasia al mitico Mare dei Sargassi, suggerisce un viaggio pericoloso, tormentato e avventuroso, metafora del viaggio della vita, raccontato da Andrea Mella attraverso il punto di vista di un misantropo. Essere solitario e distaccato il misantropo, sottraendosi ai rumori di fondo della vita, riesce a cogliere la contraddizione dell’esistenza umana, trasformandola in consapevolezza e denuncia. Egli si muove nei territori comuni alle poesie che compongono la raccolta, quelli lambiti dalle acque, che siano essi barene, isole, porti, argini di un fiume, città attraversate da un canale. Tutte le liriche sono quindi intrise d’acqua. Proprio l’Acqua, elemento fortemente simbolico è il filo rosso che collega tutta la raccolta. Nell’elemento Acqua e soprattutto nel mare, oggetto in ogni tempo di sfida per gli esseri umani, affiora il motivo del creato feroce e indifferente e nello stesso tempo il coraggio e la volontà indomabile degli uomini. L’attenzione verso questo tema porta Mella a riflettere sui drammi del nostro mare, sulla tragedia dei migranti che lo attraversano per cercare un luogo di pace, un nuovo inizio. Cuore centrale della raccolta, tra le sezioni Incerte maree e Il misantropo dei Sargassi è infatti l’ode civile Transito, in cui Mella si confronta con il tema della migrazione prendendo le mosse dalla tragedia di Lampedusa del 2013. Il 3 ottobre a poche miglia da Lampedusa il naufragio di un peschereccio causò 368 morti, quasi tutti rimasti senza nome, senza una biografia che possa tramandare memoria o rintracciarne i ricordi.

Questi versi quindi cercano di lasciare una traccia di testimonianza, un segno che possa provocare un sussulto in chi legge. Le parole di Mella pungono e perforano, denunciano senza però scivolare nella lamentazione, nel pessimismo fine a se stesso, nell’autocompiacimento. La poesia nell’opera di Andrea Mella non fornisce risposte ma allarga impietosamente il raggio delle domande e quindi diviene luogo vitale di ricerca, tensione filosofica, occasione di conoscenza, spinta irrefrenabile al lavoro su di sé. Come leggiamo nella nota di lettura L’erto irrinunciabile di Filippo Parodi: «al lettore che in piedi, dal suo ponte, osserva le acque e ne è sì spaventato, ma attratto, incuriosito, il libro suggerisce la bellezza coraggiosa di un non-finale: qualcosa che a prescindere da tutto persiste a sciabordare, risuona, infaticabile resiste all’effimero».

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Andrea Mella, nato a Pordenone nel 1977 dopo la laurea in giurisprudenza, collabora con la cattedra di diritto penale dell’Università di Ferrara e consegue il titolo di avvocato. Dalle aspirazioni cosmopolite, ama viaggiare a caccia di contraddizioni, quando quelle di casa gli sembrano insufficienti o insopportabili. Ridisegna i luoghi che attraversa con immagini e parole, solo perché i suoni e i sapori non si lasciano fermare sulla carta. Vive, lavora e pensa con passione, fatica e un certo acume. Combinando diversamente questi fattori, come talvolta gli capita, il prodotto non cambia. La pubblicazione nel 2014 di Marittimo blues (Ediciclo), un reportage narrativo, segna il suo esordio letterario. Sue poesie sono apparse su alcune antologie. Il misantropo dei Sargassi (Edizioni del Foglio Clandestino, 2018) è la sua prima opera poetica. Vive a Vittorio Veneto, in provincia di Treviso.