La capacità di non amare

la capacità di no  amare di silviao valpreda

SILVIO VALPREDA

Uno stormo di droni da combattimento solcò il pezzetto di cielo visibile tra le sommità dei palazzi del quarto lotto volando in formazione.
Felian alzò verso di essi uno sguardo privo d’interesse. Solo un riflesso condizionato in risposta al ronzio proveniente dall’alto. Era ormai finito il tempo dell’innamoramento quando avrebbe cercato di capire se quei velivoli fossero della Fidelity Bread oppure della concorrenza.
Spinse la porta e la serratura emise un rumore secco e metallico. Nell’androne c’era puzza. Un odore di disinfettante che copriva altri odori organici di sporcizia vecchia.
Felian era stanco, ma non era felice di tornare a casa. Ebbe addirittura una sensazione di fastidio nei confronti dell’ascensore già fermo ad attenderlo per portarlo al suo appartamento.
Dentro la cabina un video riproduceva le immagini della finale di un programma di cucina. Felian sapeva che tra i concorrenti c’era un robot femminile umanoide. Un modello della Fidelity Bread, come il suo, però una versione più recente. Era stato pubblicizzato come il primo robot da compagnia capace di sviluppare propri interessi. Un partner con una sua vita, una vita che poteva anche essere interessante e coinvolgente.
La Fidelity Bread era un’azienda all’avanguardia che, da qualche anno, applicava anche agli androidi relazionali l’esperienza accumulata sviluppando intelligenza artificiale per scopi di difesa nella guerra contro il nemico.
Lo stesso odore che aleggiava nell’androne era anche all’interno dell’ascensore. Le immagini di cibo sullo schermo insieme a quell’odore diedero una sensazione di nausea a Felian. Ma non si trattava solo di quello. Lui sapeva perfettamente che la causa era altro. Il suo disagio, che era quasi un malessere fisico, era provocato dall’idea di ritornare a casa.
Appena entrato, Alix lo accolse con un ammiccamento dolce. Felian la guardò torvo, senza rispondere al saluto.
Lei gli fece una carezza chiedendogli se fosse stanco.
Felian non rispose nemmeno questa volta e lei si allontanò con discrezione rifugiandosi nell’altra stanza.
L’appartamento non era dei più piccoli, ma era affollato di oggetti che lasciavano poco spazio per muoversi.
Felian si chiuse in bagno. Bloccò il chiavistello della porta, pur sapendo che Alix era programmata per non entrare mai in quella stanza. Un’opzione che era stato possibile inserire all’atto dell’acquisto. E che era stata confermata sui documenti coniugali.
Il matrimonio era stato un momento emozionante, Felian cercò di ritrovare in se stesso quella sensazione di innamoramento per Alix che ricordava di aver provato allora.
Alix era bella.
Felian pensò di andare di là e fare sesso con Alix. Non si sarebbe rifiutata. Non era previsto.
Ma non ne aveva voglia.
O meglio, avrebbe voluto che fosse lei a desiderarlo. Ma non in quel suo modo.
Alix aveva un sensore capace di analizzare il livello del suo testosterone e diventare più sensuale di conseguenza. Mostrarsi desiderosa di soddisfarlo.
La pubblicità della Fidelity Bread non spiegava queste cose in modo così tecnico, ma faceva capire bene cosa ci si potesse aspettare da un androide relazionale come Alix.
Felian guardò il proprio volto riflesso dal grande specchio del bagno. Accese la luce per osservare meglio l’aspetto di se stesso.
Alix era bella, ma non perfetta. Chi l’aveva progettata aveva valutato che una bellezza assoluta avrebbe potuto risultare troppo fredda. L’obiettivo della Fidelity Bread era che i propri clienti si innamorassero dei loro robot.
C’era stato un momento nel quale Felian era molto innamorato di Alix.
Ma lei?
Si sarebbe mai potuta innamorare di lui?
Qualcuno alla Fidelity Bread si era posto il problema?
Alix si continuava a comportare come se fosse innamorata. Come se lo fosse da sempre e come se lo potesse essere per sempre.
In realtà non lo era, era programmata per esserlo.
Felian si scrutò ancora nello specchio. Si domandò se fosse possibile innamorarsi di uno come lui; se i tecnici della Fidelity Bread avrebbero potuto prendere a modello il suo fisico e la sua personalità per realizzare un robot maschile da compagnia.
Non volle darsi risposta. Scacciò quel pensiero come qualcosa di disgustoso, come la puzza nell’atrio del palazzo.
Ma non poté impedire che una parte remota del suo cervello rimanesse attaccata a quella domanda e formulasse l’unica asserzione che temeva possibile.
Felian aprì la porta del bagno e uscì in corridoio.
Alix si attivò, sentendo il suo rumore, ma non si mosse. La sua intelligenza artificiale aveva capito che la sua presenza stava infastidendo il suo marito e l’unica soluzione che il sistema operativo collegato con il centro di calcolo della Fidelity Bread aveva trovato era di usare la massima discrezione nell’avvicinarsi e fare attenzione a non essere invadente.
Felian andò in soggiorno, prese una confezione di precotto multi gusto di quelli specifici per la cena e lo introdusse nella macchina di preparazione che lo avrebbe reidratato e riscaldato.
Si sentì dispiaciuto a sedersi a tavola da solo, quasi in colpa verso Alix.
All’inizio, la cena era una festa. Lei lo aspettava gioiosa e lui, appena rientrato la abbracciava e la baciava. Alix, ovviamente, non mangiava, ma si sedeva di fronte a lui e lo guardava estasiata chiedendogli particolari di come fosse andata la giornata al lavoro. Lo interrompeva, di quando in quando per dargli un bacio improvviso, o una carezza e Felian si sentiva felice.
Quando la macchina di preparazione annunciò che il precotto era stato elaborato, Felian chiamò comunque Alix.
Lei venne e si sedette di fronte a lui, con lo stesso sguardo dei primi tempi.
Lui, però, la sbirciò solo di sottecchi e non rispose alle sue domande.
Perciò lei restò in silenzio.
“Tu lo sai perché mi ami?”.
“Non lo so. So solo che quando ti vedo sento un’emozione fortissima e quando non ci sei penso a te”.
“Ma se tu non fossi la mia sposa, fossi la sposa di qualcun altro …”.
“Non posso nemmeno pensarci. Io amo te e solo te”.
“Se tu fossi stata la sposa di un altro cosa avresti fatto?”.
“Probabilmente avrei smesso di funzionare, mi sarei spenta e basta”.
Felian ne sapeva abbastanza di intelligenza artificiale da capire che le risposte di Alix erano corrispondenti a ciò che la sua programmazione le aveva dato come vero e falso. In qualche modo Alix era sincera.
“Tu invece … non … mi … ami più?”.
Alix cercava una soluzione al fallimento della sua missione. Lei era fatta per amare il suo sposo e farsi amare da lui. Nella sua logica il compito era svolto a metà.
Felian non rispose. Terminò il suo pasto in silenzio.
Alix cercò di allentare la tensione con piccole frasi stupide ma dolci.
Felian la lasciò fare ignorandola.
Dopo cena, Felian si trasferì sul divano davanti a uno degli schermi televisivi per guardare un nuovo reality di cucina che iniziava proprio quella sera e del quale aveva visto la pubblicità tornando dal lavoro.
Alix gli si sedette accanto facendo sentire il tepore del suo corpo attraverso un leggero contatto delle spalle e della gamba.
Felian provò tenerezza nei suoi confronti, ma resistette all’impulso di attirarla a sé e baciarla.
Si dedicò alla visione del programma televisivo. Era un’edizione speciale di uno show molto popolare. Si trattava di un tributo a un celebre chef, Abel Scandic, che era morto da poco in circostanze drammatiche.
Felian simulò interesse per le ricette complicate che venivano preparate in televisione.
Le mani di un cuoco stavano maneggiando dei pomodori freschi e succosi. Felian non aveva mai visto dal vero dei pomodori interi al naturale. Si era abituato a consumare esclusivamente precotti che contenevano sovente pomodori tra gli ingredienti, ma sminuzzati e pastorizzati.
Felian si concentrò però sulle mani del cuoco. Si domandò se fosse un umano o un androide. Da quel particolare, da quei movimenti dietro la telecamera era praticamente impossibile distinguerlo.
Sbirciò le mani di Alix. Forse lei se ne rese conto. Forse qualcuno dei suoi sensori individuò lo sguardo dissimulato di Felian o qualche altro suo impulso nemmeno espresso. Lei fece scivolare la mano verso la gamba di Felian e gli accarezzò con leggera malizia la coscia verso l’alto.
Lui fece fatica a resistere al desiderio.
La scostò bruscamente.
Alix lo guardò con aria avvilita.
Felian si alzò dal divano e si rifugiò in bagno.
Lo specchio. La sua immagine riflessa. Alcuni oggetti sparsi su un ripiano.
La sensazione di nausea ritornò forte come sull’ascensore.
Felian prese il suo comunicatore personale e gli chiese di disdire il contratto con la Fidelity Bread per il suo androide relazionale.
Il sistema gli chiese il suo codice personale di sicurezza per la conferma.
Felian si autenticò.
Il sistema gli chiese il nome del suo androide relazionale.
“Alix”.
Il sistema gli rispose che il contratto si sarebbe chiuso l’indomani entro le dodici e che un servizio di corriere sarebbe passato a ritirare l’androide.
Dopo un po’, Alix si avvicinò alla porta e tamburellò leggermente con i polpastrelli sul pannello per far capire a Felian che era lì.
“Vai via, voglio stare solo”.
“Ho saputo che domani vado via … che non mi vuoi più”.
Felian non disse nulla.
“Ti posso almeno salutare?”.
“A cosa serve?”.
“Ma io ti amo”.
“Non è vero”.
“Mi spiace non essere riuscita a dimostrartelo”.
“Tu non sei capace di non amarmi e perciò non mi hai mai amato”.
Da dietro la porta non arrivò alcuna replica.

Il racconto è inedito. L’atmosfera e la citazione della vicenda di Abel Scandic sono derivate dall’ultimo romanzo pubblicato di Silvio Valpreda, La minaccia del cambiamento (Eris Edizioni, 2018).

Silvio Valpreda, nato nel 1964, ha vissuto in Italia, Messico e Germania, esegue investigazioni poetiche sull’uso sociale ed economico del concetto di verità.
Gli strumenti che utilizza sono l’arte visiva, la scrittura, la pratica curatoriale e il design (con il marchio di fashion concettuale NOTKUNST).
Ha pubblicato La minaccia del cambiamento (Eris Edizioni, 2018), Finzione infinita (Eris Edizioni, 2015), Circo Inferno (Gaffi, 2012), Tacere (Il molo, 2007) e Il rancore della vita normale (nella raccolta Appuntamento con il male, ed. Novecento, 2014). Nel 2017 il suo racconto Imparare a leggere è stato finalista al concorso Scrivere Altrove ed è stato pubblicato in antologia (ed. Primalpe).

Immagine fotografica di Silvio Valpreda