Ogni giorno muore un poeta

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LUCA ARIANO

L’hai chiamata in quelle torride
sere la pioggia
ed ora è arrivata a scrosciare
sulle strade allagando cantine.
Ti hanno ritrovato quei capelli di lago
sorsi di sorrisi da versare
sulla tazza di petto:
sono tutte belle le donne,
e lo dici – appoggiato
ad una colonna pavese –
deglutendo boccate di fumo
o cavando dal fango ruote impantanate
in un’avida camporella.
Si squaglia il mascara sull’autostrada
e il tuo pezzo di cartone
è ormai buono solo come carta da bagno,
volto da emigrante del ventunesimo secolo.
Trent’anni dopo non puoi non pensare
a quel cuore scoppiato, spappolato fegato
nella cassa schiacciata,
negli istanti fracassati del corsaro
all’Idroscalo di Ostia:
le parole non erano ancora profezie
solo per i ciechi
ogni giorno muore un poeta.

Novecento I e II

Quei primi scioperi
– la piazza non era gremita
come nelle storie.
Quel manipolo di sbarbati
alla mattina, al pomeriggio
e anche alla sera e poi…
poi il tempo di distrarsi
e il tuo volto non si riconosce più.
Avessi aperto un negozio di scarpe
o un locale trendy – sempre pieno;
il bambino, cocco della mamma,
in palmo di mano ora non sa
a chi gridare, ora che l’eco della casa
rimbomba tira grembiuli altrove.
Lui si allontana in moto,
pare quasi una cartolina anni cinquanta,
col vento di salso che sale dall’autostrada
e tu prepari il tuo viaggio,
il tuo gommoso ritorno in treno.

Atto II

Non c’era quando la strada
s’asfaltava della schiuma oleosa
della pioggia e tu lì in quel tiepido
sole di marzo, per ogni soffio di nube.
Sceso di corsa dalla carrozza
per un biglietto quasi vergato a mano
e la febbre galoppante delle stagioni.
In questa notte al Pratello Bologna
pare una canzone di Guccini
ma state solo scimmiottando
e certo quei negozi pakistani
non sono osterie, specchio
opaco d’un altro decennio
con ancora l’odore delle bombe sotto gli occhi.
Un vecchio osserva le cosce d’una ragazza
e ritorna ai frettolosi amplessi
tra macerie e sirene quando un bacio
poteva esser l’ultimo prima della cenere.

***

Chiudi in fretta gli scuri
di quel tuo abbaino
prima che la luna
– in una notte senza nebbia,
veda la febbre che ti prende
come un crampo allo stomaco.
L’Elio telefona ogni santa mattina
all’ora di pranzo
– appena buttata la pasta
e spento il sugo asciugato,
e ti tiene un’ora a raccontarti
di quel nuovo dolorino, dell’esito
negativo della tac… tic nervosi,
della ricetta da farsi fare;
un pomeriggio il telefono muto
fino alle 15: hanno trovato l’Elio
addormentato come un bambino sognante.
Lei usa il cellulare come una terza mano,
sesto dito di polpastrelli consumati
e un sorriso o una parola li getta
nella confusione come un preservativo usato.
In segreto progetta di partire tornando famosa
per essere salutata al caffè in piazza
e stimarsi sulla bocca di tutti:
copione mai scritto di miserie di provincia.

***
I cavalieri d’Annibale
presso il Ticino sconfissero
i fanti di Scipione in fuga sul Trebbia.
I cercatori d’oro – dai tempi di Plinio –
setacciano il fiume e ora non rimane
che pescare metalli pesanti
mentre la Tavola Periodica sgorga dal rubinetto.
Teodosio non ci credeva poi molto in quel Dio,
preferiva Apollo e Marte,
ma il potere delle religioni vale più di mille eserciti.
L’Emilio ripassa la sua storia
e quando Claretta sul divano si struscia,
manda giù il suo boccone amaro e gli anni all’Università.
Il professor Piero non capì mai
l’azione di Via Rasella ma il figlio Franco
forse ci sperava davvero nella Rivoluzione.
Nell’antica provincia romana c’è odore
di raffineria, di petroliere nel porto
che tanti sghei hanno portato:
quei giovani sorrisi non diverranno mai padri.

Contratto a termine, di Luca Ariano. Ed. Farepoesia (Pavia) 2018
Prefazione di Francesco Marotta.

Luca Ariano Narratore in versi (di Luca Mozzachiodi)

«Dove sono i miei eroi? Dove siete voi figli miei? Dove sono i miei?». Con questa triplice interrogazione comincia il monologo del Narratore alla ricerca della Potsdammer Platz in una allucinata Berlino del dopoguerra, mezzo capitalista e mezzo comunista ma che sembra abbandonata come un relitto dalla storia, nel film Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders e questa domanda corre sempre alla mente nel leggere le pagine di Contratto a termine, primo capitolo di una trilogia di romanzi in versi che comprende Ero altrove e La memoria dei senza nome. Ariano sceglie infatti di narrare, secondo le riflessioni di Walter Benjamin nel saggio su Leskov, e di contrappore alla lettura o alla recitazione individuale e solitaria, che nel suo caso vede apparentanti  il romanziere in senso stretto e il poeta lirico, e di tentare per via poetica la costruzione delle storie che costituivano come insieme di esempi e esperienze il patrimonio di una comunità. Gli eroi di Contratto a termine sono però eroi di poco conto, a metà tra la narrazione autobiografica, che è il riferimento di tutti e tre i libri, e la finzione di quelle, anonime per la cronaca borghese, masse di provinciali che muovono il procedere della storia in un modo che leggendo qualunque tensione messianica non potrebbe che apparire maldestro e sommesso.

Del resto le masse di questo poeta non sono le masse eroiche di tanta poesia della storia del movimento operaio del Novecento, ma un insieme di individui singoli visti nella duplice luce di persone in lotta per l’affermazione di una propria individualità e di un progetto di vita e di anonimi “cittadini consumatori”, secondo un’infausta ma terribilmente precisa espressione utilizzata per definire i soggetti sociali negli anni tra gli ultimi due decenni del secolo scorso e il primo di quello corrente. Oltre al protagonista fìulin (ragazzino), ritornano più volte i genitori, fidanzate e alcuni amici o conoscenti: Enrico, il professor Emilio, Andrea, Amalia, Teresa tra i meglio definiti e poi una folta schiera di personaggi di provincia a descrivere una ambiente in cui residui di tradizioni popolari lombarde e emiliane si mescolano ad un American way of life ormai imperante e ad un benessere consumistico sull’orlo della più grande crisi economica dal ’29.

Luca Ariano (Mortara – PV 1979) vive a Parma. Di poesia ha pubblicato: Bagliori crepuscolari nel buio (Cardano 1999), Bitume d’intorno (Edizioni del Bradipo 2005), Contratto a termine (Farepoesia 2010, Qudu 2018) e Tracce nel fango (Ultranovecento, 2011) oltre a testi presenti in antologia. Ha curato Vicino alle nubi sulla montagna crollata (Campanotto 2008) e Pro/Testo (Fara 2009). Nel 2012 per le Edizioni d’If è uscito il poemetto I Resistenti, scritto con Carmine De Falco, tra i vincitori del Premio Russo – Mazzacurati. Collabora a riviste e fa parte di Ultranovecento. Nel 2014 per Prospero Editore ha pubblicato l’e-book La Renault di Aldo Moro con una prefazione di Guido Mattia Gallerani. Nel 2015 per Dot.com.Press-Le Voci della Luna ha dato alle stampe Ero altrove, finalista al Premio Gozzano 2015. Nel 2016 presso la Collana Versante Ripido / LaRecherche.it è uscito l’e-book di Bitume d’intorno con una nota di Enea Roversi. Nel 2018 per Qudu è uscita una nuova edizione di Contratto a termine con la prefazione di Luca Mozzachiodi.  Sue poesie sono tradotte in francese, spagnolo e rumeno.

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