Padova non soltanto del Santo

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GIANCARLO BARONI

Le bellezze di Padova non si limitano a quelle più famose: la Basilica del Santo e la Cappella degli Scrovegni, che da sole comunque basterebbero. È una città d’arte di prima grandezza, una meta ineludibile. Ci accoglie dentro caffè eleganti (come il Pedrocchi inaugurato nel 1831), in piazze ampie, sotto portici che richiamano alla mente quelli bolognesi. Proprio da Bologna arrivarono gli studenti e i docenti che nel 1222 fondarono l’Università patavina; i loro stemmi decorano cortili, aule, loggiati. Padova è un luogo magnetico capace di attrarre santi, eroi, artisti, intellettuali, scienziati, pellegrini, turisti; parecchie statue di  personaggi illustri decorano l’enorme spiazzo ellittico del Prato della Valle. Da Troia giunge l’eroe Antenore, leggendario fondatore della città; da Lisbona il santo patrono Antonio; da Costantinopoli, si racconta, le spoglie dell’evangelista Luca. Giotto, a inizi Trecento, affrescò la Cappella degli Scrovegni; Francesco Petrarca soggiornò a Padova più volte e ad Arquà, sui Colli Euganei, morì nel 1374; Galileo Galilei insegnò per quasi vent’anni  all’Università.

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Il Battistero è una Bibbia illustrata. Giusto de’ Menabuoi  vi dipinse, verso il 1375, scene del Vecchio e del Nuovo Testamento, storie di Maria, di Cristo e del Battista, episodi dell’Apocalisse, schiere di angeli, santi, profeti, apostoli ed evangelisti. Gli affreschi possiedono una tale ricchezza compositiva e narrativa da catturare sguardi e attenzione di chi li ammira. Fra le persone che assistono ai miracoli di Gesù, il pittore ritrae Francesco Petrarca. Più o meno nel 1380, Altichiero da Zevio affrescò le pareti dell’Oratorio di San Giorgio che dista pochi passi dalla Basilica di Sant’Antonio. Anche lui omaggia Petrarca, ritraendolo fra la folla che partecipa ai funerali di Santa Lucia. Nell’Oratorio, cappella funeraria di Raimondino Lupi di Soragna condottiero al servizio dei da Carrara, sono descritti episodi  delle vite di tre santi, Giorgio, Caterina d’Alessandria e Lucia, soprattutto sono illustrati  supplizi e torture dei loro martirii: veleno, ruota e decollazione per San Giorgio, ruota e decapitazione per Caterina, fiamme, olio bollente e gola tagliata per Lucia. In una cappella della Basilica del Santo, il veronese Altichiero e il bolognese Jacopo Avanzi  eseguono un ciclo di affreschi dedicati all’apostolo Giacomo Maggiore; fra le vicende narrate quelle della sua decapitazione e dell’arrivo del corpo in Galizia sopra una barca guidata da un angelo. Nella Cappella Ovetari della Chiesa degli Eremitani anche un giovanissimo Mantegna, a metà Quattrocento, illustrò fatti e storie di San Giacomo: solo alcuni frammenti sopravvissero però ai bombardamenti del 1944. Affacciata sul Prato della Valle, la Basilica di Santa Giustina custodisce, insieme alle spoglie della  copatrona che fu condannata a morte perché cristiana, parte dei resti che si crede appartengano all’evangelista Luca. Al culmine del suo talento, Giotto affrescò nella Cappella degli Scrovegni vicende e scene della vita della Vergine e di Cristo, allegorie dei vizi e delle virtù, un potente Giudizio Universale. Nel suo capolavoro dà spessore, pienezza e plasticità ai corpi e alle figure, individualità concretezza ed espressività ai volti, volume e profondità agli spazi, mutando il linguaggio dell’arte, scrisse Dante, “dal greco al latino”. Il committente, il banchiere padovano Enrico Scrovegni, è  raffigurato mentre offre il modellino della Cappella alla Vergine.

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La città si identifica con Sant’Antonio, a lui è dedicata la Basilica meta di continui pellegrinaggi, uno dei santuari più visitati al mondo. Il predicatore francescano, originario di Lisbona, venne sepolto a Padova nel 1231; subito dopo cominciò la costruzione della chiesa.  Cupole che ricordano quelle di San Marco e campanili simili a minareti; in una cappella sono custoditi il mento e la lingua del Santo e in un’altra l’Arca con le sue spoglie. Tra i miracoli più significativi quello del cuore dell’avaro: Antonio lo fa trovare dentro il forziere dove il defunto avidamente conservava le sue monete. Un gruppo di pittori, fra i quali Tiziano, racconta dettagliatamente i miracoli in un ciclo di affreschi nella Scuola del Santo. Anche Donatello, a metà ‘400, ne raffigurò alcuni sulle formelle bronzee dell’Altare della Basilica; contemporaneamente realizzò il monumento equestre, in bronzo,  di Erasmo da Narni detto il Gattamelata, condottiero della Repubblica veneziana. La Serenissima dal 1405 al 1797 governò Padova.

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A Padova

(città di beati e prodigi, sant’Antonio fa ritrovare miracolosamente il cuore di un avaro in uno scrigno)

Non ancella di Venezia ma sua pari.
Come lei hai cupole orientali
e in più dei minareti. Là c’è san Marco

qui Mattia e Luca lei ha due coppie
tu un cavallo solo, un gigante
sembra quello di Troia. Vengono

da levante i padri fondatori, il tuo Santo
invece da Lisbona. Conversano
studenti e professori riparati dai portici, somigliano

a quelli di Bologna. Ti piace
dare delle cose il loro meglio. Giotto
dona virtù e gloria al tuo denaro

ti porta in paradiso. Antonio
non sopporta gli avari
i cuori seppelliti in cassaforte.

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Le fotografie sono di Giancarlo Baroni.
Uscito su Pioggia Obliqua, Scritture d’arte.