Questioni di demografia romana e moderna – 2

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PAOLO LAMBERTI

Dopo Augusto

A Nerva e soprattutto Traiano si deve un altro provvedimento di carattere finanziario che aveva anche un fine demografico, quello degli alimenta. Veniva fornito un prestito perpetuo (ovvero irredimibile) pari all’8/10% del valore di un fondo, purché esso superasse i 10.000 sesterzi; l’interesse annuo sul prestito era pari al 5%. Lo scopo fondamentale era quello di fornire liquidità ai proprietari terrieri, perché investissero in migliorie dell’agricoltura; tuttavia l’interesse versato allo Stato era da questo impiegato per sussidi destinati a ragazzi (prevalentemente) e ragazze in condizione economica precaria, per aiutarli a crearsi un lavoro ed una famiglia.

Non stupisce che un fedelissimo di Traiano come Plinio Jr. abbia condiviso privatamente tale provvedimento, in questo caso a fini esclusivamente demografici: sappiamo dalle lettere I, 8 e VII, 18 che aveva lasciato a Como un capitale di 500.000 sesterzi per trarne con l’interesse del 6% una rendita annuale di 30.000 sesterzi per il mantenimento di bambini poveri.

Il complesso meccanismo della donazione, che rivela un certo scetticismo verso le capacità dei politici nell’amministrare il lascito, è descritto in VII, 18:

«Numeres rei publicae summam: verendum est ne dilabatur. Des agros: ut publici neglegentur. (2) Equidem nihil commodius invenio, quam quod ipse feci. Nam pro quingentis milibus nummum, quae in alimenta ingenuorum ingenuarumque promiseram, agrum ex meis longe pluris actori publico mancipavi; eundem vectigali imposito recepi, tricena milia annua daturus. (3) Per hoc enim et rei publicae sors in tuto nec reditus incertus, et ager ipse propter id quod vectigal large supercurrit, semper dominum a quo exerceatur inveniet. (4) Nec ignoro me plus aliquanto quam donasse videor erogavisse, cum pulcherrimi agri pretium necessitas vectigalis infregerit. (5) Sed oportet privatis utilitatibus publicas, mortalibus aeternas anteferre, multoque diligentius muneri suo consulere quam facultatibus [Potresti versare la somma al comune? E' da temersi che venga dilapidata. Potresti dare delle terre? Saranno trascurate, perché possesso pubblico pubblico. (2) Certo non trovo niente di più opportuno di quello che feci io stesso. Infatti per assicurare cinquecentomila sesterzi, che io avevo promesso per il mantenimento di giovani e fanciulle di buona nascita, alienai all'agente del comune un mio fondo di assai maggior prezzo; e lo riacquistai con una imposta, di versare ogni anno trentamila sesterzi. (3) Così è salvo il capitale del comune, sicura la rendita, ed il fondo stesso rendendo assai più dell’imposta, troverà sempre un padrone che lo coltivi. (4) So bene di avere speso molto di più di quello che sembri aver donato, essendo ridotto il valore di un bellissimo terreno a causa dell’imposta che vi è caricata. (5) Ma bisogna anteporre l'utile pubblico al privato, un bene duraturo ad uno passeggero; e provveder meglio alle donazioni, che alle ricchezze.]».

Si vede quindi come il termine alimenta, comune a Traiano e Plinio, confermi lo scopo demografico dell’iniziativa, probabilmente rivolta con particolare attenzione all’Italia; che Plinio si rivolga a Como è sintomatico della crisi demografica, poiché la Cisalpina era stata un fertilissimo terreno di reclutamento per le legioni della Tarda Repubblica, e in particolare per quelle di Cesare. Rivolgersi poi agli ingenui, ovvero ai bambini nati liberi e quindi cittadini romani, conferma il nesso tra demografia, economia e reclutamento militare.

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Tra ieri ed oggi

Tralasciando ogni moralismo, è un dato di fatto che più le donne hanno autonomia, più tendono ad una maternità responsabile; lo dimostra il significativo calo di figli per donna tra gli immigrati in Italia, dopo solo pochi anni dall’arrivo. Di fatto, la storia biologica del genere Homo, nelle sue varie specie, vede le femmine generare mediamente 4/5 figli nell’arco della loro vita: un numero limitato da una tarda pubertà, una menopausa precoce, lunghi allattamenti, e un significativo tasso di mortalità sia nel parto che per la durezza delle condizioni di vita; unito ad un’alta mortalità infantile, questo dato spiega la lenta crescita demografica nel corso di milioni di anni.

Invece la nascita di agricoltura ed allevamento, attività tecnologiche ed artificiali al di là di ogni “buono, pulito e giusto”, ha portato ad un drastico aumento della natalità, incoraggiato dal vantaggio che più braccia offrono per l’attività agricola, soprattutto se essa si esercita al livello di sussistenza: in questo caso il guadagno offerto da più figli è maggiore rispetto ai costi di nutrirli (poco). Tale vantaggio è stato sacralizzato dall’ideologia maschile della “maternità”, ancora oggi tanto cara alle religioni, in particolare a quelle monoteiste; però più lo standard di vita sale, più aumentano i costi, economici e di status, dei figli.

Il costante declino del numero di figli, evidente nella demografia italiana dell’ultimo secolo, è strettamente parallelo all’innalzamento del livello di vita; fa eccezione il periodo fascista, sia come crescita economica, che come riduzione demografica: qui le brillanti guerre del regime hanno portato ad una devastazione dell’economia e paradossalmente a correggere la crescita demografia con il mezzo milione abbondante di morti in guerra, oltretutto in buona parte giovani maschi:  vietare l’aborto e poi perdere i ventenni tra le nevi di Russia e le sabbie libiche non è una politica demografica intelligente.

La ragione della parziale efficacia delle politiche demografiche di Augusto e dei suoi successori sicuramente è multifattoriale, ed è stata ricondotta alle più svariate cause. Tra gli storici romani (ma anche più recenti) domina la spiegazione del declino morale: libertinaggio, perversioni, donne spudorate, omosessualità (come dicono ancora oggi i romani ai settentrionali, quando voi eravate barbari noi eravamo già froci); come tutte le spiegazioni moralistiche, spiegano più i pregiudizi di chi le avanza che la realtà del fenomeno.

Più ragionevole è sottolineare l’incidenza della violenza politica nelle frequenti fasi di guerre civili, che falcidiano le classi dirigenti: basti pensare che dal III secolo all’epoca di Cicerone i Metelli ricoprono decine di consolati (già Nevio scriveva alla fine del III sec. aev fato Metelli Romae consules fiunt); da Augusto in poi quasi spariscono.

Il ruolo delle donne della nobilitas nella Roma imperiale è inoltre il più libero nel mondo antico. Il dato giuridico che lasciava a loro o alla famiglia di origine il controllo della dote creava spazi tra padre e marito; la loro funzione di pegno di alleanza tra famiglie, la facilità del divorzio e quella delle adozioni le rendeva una pedina importante nella politica: si pensi alla morte per parto di Giulia, figlia di Cesare e moglie di Pompeo, un fatto che certamente ha contribuito ad allargare le differenze tra i due. Né va dimenticato che il crescere in famiglie colte e politicamente impegnate offriva alle donne un’influenza politica non trascurabile. Livia è stata probabilmente la figura più importante per Augusto, più ancora di Agrippa e Mecenate: un Ulisse vestito da donna, la definiva, non affettuosamente, Caligola, il bisnipote; Servilia, moglie di Marco Giunio Bruto e madre di Bruto, poi moglie di Decimo Giulio Silano, è stata la più lunga liaison di Cesare, che ne apprezzava l’intelligenza, e che favorì particolarmente. Infatti dopo la guerra civile distribuì le proprietà dei pompeiani morti a prezzo di mercato, ma per lei fece eccezione; Cicerone malignamente insinuò di uno sconto di un Tertia, alludendo alla sua terza figlia, poi moglie di Cassio il cesaricida, in cui Cesare avrebbe rivisto (e non solo rivisto) la madre da giovane.

In questo contesto lo scarso interesse delle matrone romane a rischiare la vita e la bellezza per generare caterve di figli è comprensibile; senza dimenticare che l’uso romano voleva che in guerra e nel governo di province i mariti non portassero con sé le mogli, quindi anche i maschi della nobilitas trascorrevano poco tempo a Roma, tempo riempito freneticamente da politica, oratoria, clientes; nonché da cortigiane e schiave sempre a portata di mano.

Ma è il confronto con la fragile demografia dell’Italia di oggi che permette, credo, una spiegazione più razionale. I genitori vogliono che i figli abbiano una vita migliore, o almeno uguale, alla propria: i molto poveri e i molto ricchi possono ignorare questa necessità, i primi perché non hanno nulla da perdere, i secondi perché possono permettersi tutto.

Un Romano di famiglia senatoriale o equestre doveva avere la possibilità di fornire ai figli il denaro sufficiente per poter entrare in questi ordines, che richiedevano rispettivamente una ricchezza minima di un milione e di 400.000 sesterzi; senza contare la rete di contatti ed alleanze per favorire carriere che comunque richiedevano denaro e capacità. Avere molti figli era dunque un impegno notevolissimo. Oggi, in una società di classi medie, il problema si ripropone a livello di massa: così si attende di avere la sicurezza economica prima di avere figli, e si deve calcolare il costo in rapporto agli studi e alle possibilità future di lavoro dei figli stessi.

Non sorprendono quindi né il calo demografico delle classi dirigenti romane né quello attuale in Italia ed Europa. Il vero problema, come già si vede a Roma, è la difficoltà di trovare un equilibrio: si passa dall’eccesso demografico alla scarsità, senza riuscire a fermarsi a quel livello di circa 2,2 figli per coppia che mantiene stabili i livelli demografici. La crisi delle famiglie della nobilitas romana è simile a quella delle famiglie italiane odierne, complicata oggi dall’allungamento della vita, che sbilancia ulteriormente il rapporto tra le generazioni.

[2 - FINE]

 

(QUI la prima parte)

Bibliografia

Luciano Canfora, Augusto, figlio di Dio, Roma – Bari 2015.
Filippo Carlà, Arnaldo Marcone, Economia e finanza a Roma, Bologna 2011.
Silvana Condemi, Francois Savatier, Mio caro Neandertal. Trecentomila anni di storia dei nostri fratelli, Torino 2018.
Augusto Fraschetti, Augusto, Roma – Bari 2013.
Adrian Goldsworthy, Augustus, from revolutionary to emperor, London 2014.
A.H.M. Jones, Augusto, Bari 1974.
David Reich, Who We Are and How We Got Here, New York 2018.
Paul Veyne, La società romana, Roma – Bari 1995.

https://www.romanoimpero.com/2017/08/statio-annonae-approvvigionamento-del.html
http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/Roman/Texts/secondary/SMIGRA*/Frumentariae_Leges.html
http://www.treccani.it/enciclopedia/annona_%28Enciclopedia-Italiana%29/