Il Libro di Gianni Bava

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LORENZO BARBERIS

Gianni Bava è nato a Mondovì il 25 novembre 1955.

Il suo percorso artistico si lega fin dall’inizio ai libri e alle riviste: a partire dalle riviste della controcultura monregalese come “Una tazza di the” e “Poesia nella strada” negli anni ’70 e ’80; esperienza proseguita nei ’90 con “Weltanschauung”, rivista cui presta le sue dirompenti invenzioni grafiche.

In queste sedi, l’autore è limitato dal monocromatismo tipografico; nella sua attività pittorica, le tecniche spaziano dall’acquerello alla china, dal pastello al collage, dalla fotocopia all’uso di acrilico e tempere acriliche su carte e masonite. Ma anche qui, il riferimento alla pagina scritta è costante: presso la Biblioteca Civica di Mondovì si possono ammirare alcune sue interessanti interpretazioni di “The Waste Land” di Eliot, nella vetrina della libreria monregalese Biblos un totem di libri dai molteplici riferimenti letterari.

Gli anni 2010 hanno visto diverse esposizioni monregalesi di Bava: “La fata verde” (2011), dove ha riletto l’Urlo di Ginsberg; “Aenigma” (2012), dove ha presentato i suoi “Non-Libri”, e il recente “Reti di altre nostalgie” (2013), che è stata l’occasione di presentare per la prima volta al pubblico questa non-rivista “Margutte”.

Questo nuovo “libro pittorico” di Gianni, se così possiamo definirlo, si pone in continuità con i Non-Libri: pur essendovi una sporadica presenza di testi, con citazioni da Dick, Kafka e Meyrink, prevale la forza visionaria del colore e delle forme pure, libere, che si altercano in una esplosione di energia visuale. Pagine di un libro segreto in cui spesso, ma non sempre, il procedimento sembra richiamare la klecksografia di Kerner, di cui ho scritto qui; pseudo-macchie di Rorschach ma a tratti interpretate da Lovecraft e Poe, che schiudono un mondo bizzarro, incomprensibile e (perciò) bellissimo.

Viene in mente un Necronomicon disegnato da Keith Haring al posto di Al Azred, un grimorio con la descrizione di creature fantastiche e informi – ma più benigne, in media, di quelle di Providence – e le norme per le loro evocazioni. Solo che il libro è Nero solo a tratti, l’impressione a volte che predomini il Rosso, ma gli altri colori non mancano di far la loro apparizione. Un manoscritto di Voynich, se non fosse per i testi in caratteri latini, ma totalmente astratto: un Book Of The Damned visuale, catalogazione di possibilità della forma, invece che di eventi bizzarri e curiosi.

Il Libro di Bava andrebbe letto, o meglio, visto, sfogliato nell’originale. Tuttavia, col consenso dell’autore, Margutte ve lo offre qui in lettura “virtuale” in una sua galleria, qui sotto.