La sorgente dell’Ellero ed Altre Acque

Foto di Roberto May

Foto di Roberto May

ATTILIO IANNIELLO

La sorgente dell’Ellero
conosce le discese
che attraversano il mattino
il silenzio tra la terra e il corpo
dove scorre la luce
e rincasano i sensi

Basse le nubi
pulsano nel scivolare
nel cielo scolpito
in rocce
dove si spogliano i venti
e nuda s’inchina
l’aurora alla luna

Ospitano gli sguardi
tinte nuove e segrete delle acque
foglie di nulla
o d’enfatizzata luce.

***

Bisbigliando come foglie
sulla corrente che sa cancellare le rive
accogliamo la rottura delle acque
la luce velata del tempo
che veste di bellezza
la profonda nudità

Franano le riarse acque
sulle fiorite radici
d’una penombra promessa
come argine alla carezza del sole
sulla pulsante
meridiana di vita

Il vento dipana i giorni
lungo i massi assorti
nel canto del torrente
il vento inclina i giorni
a ritrovarsi in banchi di brume
il vento concede ai giorni
un favorevole lembo di pioggia
come rugiada su ritrovata rosa

***

Memorie d’acque
dove si dona il torrente alla cascata
dove s’inclina la notte alla veglia

Il margine della luna ora sfiora
la riva a cui rivolta è la parola
la fresca ragione d’una movenza
ariosa come tendaggi
esposti alla corrente

La donna che attraversa il ricordo
misura la lontananza dell’alba
e tace dell’inverno e la sua fine
ascoltando il rumore della neve
sull’acqua che scorre

***

Si dileguano in branchi le nubi
e si spegne la pioggia
che irrigò il silenzio
e le parole di dimore in disuso

Ancora seguiamo la rotta
del ramo che insegue la piena
e incide nel fango degli argini
segni di un indistinto fluire

Il torrente governa i ricordi
le mappe cangianti
d’un tempo
che abbiamo vissuto
varcando i confini lunari

Ora come campi mietuti attendiamo
aratro e semi
là dove s’aprono feritoie nella notte
e sul torrente di nuovo si specchiano
fioriture di stelle cadenti

***

S’inchinano ancora
sotto la volta di luce
gli stormi di rondini
sul fiume
e s’aprono alla giocosa lontananza
fino a distese d’estate
oltre il ponte

Le sponde del torrente
disincantano il tempo
e le predilezioni
con cui ci misurammo
rimangono graffiti di rabbiose notti

Acque
acque insonni
carezzano la rena
e l’alba ride
nelle rondini
che riprendono il volo.

Mai acqua fu così buona
mentre ci spingemmo
a tratti assorti
nei limiti del visibile.

(Estratto dalla raccolta pubblicata in proprio nel 2015)

Copertina di Gianni Bava

Copertina di Gianni Bava

Dalla prefazione di Gabriella Mongardi:

Leggendo la poesia che apre la plaquette di Attilio Ianniello viene in mente la lirica “Il torrente” di Umberto Saba: Tu così avventuroso nel mio mito / così povero sei fra le tue sponde…: anche per Attilio il punto di partenza è la trasfigurazione mitica di un torrente, non però frutto di una contrapposizione passato-presente alla ricerca di un’impossibile dolcezza materna, come in Saba. Qui il discorso è quasi tutto al presente, il presente atemporale delle verità esistenziali, e il torrente e il paesaggio alpino in questi versi diventano specchio delle vibrazioni più segrete dell’io e insieme parole di una lingua ‘altra’, mattoni per costruire un discorso nuovo, in cui la vita si radichi in pienezza di senso, adesso, senza indulgere ad illusorie consolazioni o ricerche di un tempo perduto. Strumento di questa metamorfosi è la creatività verbale di una poesia audace e ferma, severa e seducente, che ricorre all’ambiguità sintattica per dilatare le possibilità semantiche del testo e osa metafore e similitudini originalissime, affidando ad anafore e parallelismi il compito di scandire le modulazioni ritmiche.