Matera, la cripta del peccato originale

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GIANCARLO BARONI

Dal 1993 Patrimonio mondiale dell’umanità e nel 2019 Capitale europea della cultura, Matera, la “Città dei Sassi”, si sta imponendo all’attenzione nazionale e internazionale per la sua originale, inconfondibile bellezza. Camminare nel Sasso Barisano e in quello Caveoso, definiti nel secondo Dopoguerra una vergogna nazionale e adesso ammirati per il loro fascino arcaico, si rivela un’esperienza emozionante e indimenticabile. Un dedalo di vicoli ora in discesa ora in salita, che si intersecano, si biforcano, svoltano all’improvviso; un labirinto di stradine strettamente affiancate e abbracciate da case-grotte e chiese rupestri scavate nella pietra. Nelle abitazioni il vuoto prevale sul pieno, si toglie anziché aggiungere, si penetra dentro, sotto, nel buio. Sulla parte alta della città, dove convergono i due Sassi, la Cattedrale duecentesca di stile romanico pugliese, dedicata alla protettrice Madonna della Bruna, orienta e guida i turisti come un faro. Giù, in basso, come una lunga ferita e una profonda spaccatura, si apre la Gravina: un burrone scosceso, un precipizio a strapiombo punteggiato di cavità, anfratti e grotte, un canyon su cui sta in bilico ed è sospesa Matera. Dall’altra parte, si estende il Parco delle Murgia materana noto anche come Parco delle Chiese rupestri, un altopiano aspro e petroso che si specchia nei Sassi e viceversa: ognuno riflette dell’altro gli scorci più spettacolari e suggestivi. In questi ambienti sono state girate scene di film fra cui, nel 1964, “Il Vangelo secondo Matteo” di Pier Paolo Pasolini e, quarant’anni dopo, “La Passione di Cristo” di Mel Gibson.

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In “Cristo si è fermato ad Eboli”, Luisa Levi, visitando il fratello Carlo confinato nel ’35 e ’36 in un paesino lucano, con toni accorati e indignati parla dei Sassi di Matera: “Questi coni rovesciati, questi imbuti…hanno la forma con cui, a scuola, immaginavamo l’inferno di Dante…La stradetta strettissima, che scendeva serpeggiando, passava sui tetti delle case, se così quelle si possono chiamare. Sono grotte scavate nella parete di argilla indurita del burrone…Le porte erano aperte per il caldo. Io guardavo passando, e vedevo l’interno delle grotte, che non prendono altra luce e aria se non dalla porta…Dentro quei buchi neri, dalle pareti di terra, vedevo i letti, le misere suppellettili, i cenci stesi. Sul pavimento stavano sdraiati i cani, le pecore, le capre, i maiali. Ogni famiglia ha, in genere, una sola di quelle grotte per tutta abitazione e ci dormono tutti insieme, uomini, donne, bambini e bestie. Così vivono ventimila persone”. Il romanzo di Carlo Levi, pubblicato nel 1945, scosse e turbò la coscienza nazionale e contribuì al difficile e lento risanamento dei Sassi, adesso finalmente rinati a una nuova e feconda vita; solo le case-museo ci ricordano le disumane e malsane condizioni di coloro che, in prevalenza contadini, braccianti, pastori e piccoli artigiani, ci abitavano.
Chi se lo poteva permettere risiedeva nel Piano, ai bordi e in posizione più elevata rispetto ai Sassi. Passeggiare oggi lungo vie e piazze del raccolto centro cittadino è un piacere: ci accompagnano le balconate panoramiche sui Sassi; le duecentesche chiese romaniche di San Giovanni Battista e di San Domenico, quella tardo barocca del Purgatorio; edifici signorili come il seicentesco Palazzo Lanfranchi, che ospita sia il Museo d’Arte Medioevale e Moderna sia l’imponente tela di Carlo Levi “Lucania ‘61” dedicata a Rocco Scotellaro. Se visitiamo il Museo archeologico “Domenico Ridola” impariamo che la storia di Matera ha radici remote che affondano nella Preistoria: la presenza di grotte naturali dove ripararsi e rifugiarsi e di una roccia tenera e facile da scavare favorì gli insediamenti umani e la “cultura” del vivere in grotta.

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Parecchie caverne divennero luoghi di preghiera: oltre centocinquanta le chiese rupestri disseminate e mimetizzate in questi luoghi. Aggredite dall’umidità e dal muschio, violate dall’incuria e dall’abbandono precedenti, sbiadite, sfregiate, corrose, smangiate, le immagini affrescate di santi e sante, vescovi, monaci, arcangeli, apostoli, evangelisti, di Madonne oranti oppure col Bambino, Cristi benedicenti oppure crocifissi, ci accolgono come spettri benevoli. Questi affreschi mettono a confronto e a contatto la tradizione artistica greca con quella latina. A pochi chilometri da Matera, sulle buie pareti di una grotta chiamata “La cripta del peccato originale”, dipinti del IX secolo illustrano la creazione di Adamo ed Eva e il primo peccato commesso dall’uomo; questa cripta potrebbe essere considerata un simbolo della storia e del destino di Matera: anche quando la condanna sembra inappellabile, esiste una possibilità di salvezza e di riscatto.

Risvegli

Macchie, umidità
le figure svaniscono

una mano un volto
le pieghe di una veste ci ricordano
il talento il silenzio dei loro autori.

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Le fotografie sono di Giancarlo Baroni.
Uscito su Pioggia Obliqua, Scritture d’arte.