Silenzioso scambio, seconda parte

Copertina Silenzioso scambio

SILVIA PIO E ATTILIO IANNIELLO

“Silenzioso scambio” è una scrittura a quattro mani avvenuta tra le mura domestiche, come abbiamo già raccontato in un nostro precedente articolo, con il quale abbiamo pubblicato alcune poesie della prima parte dello scambio, quella dedicata al tema del tempo.  Ecco ora le restanti poesie de I versi del tempo.

Gli autori leggono le ultime due poesie.

La copertina è di Gianni Bava.

***

Gli avanzi del sogno
diventano architetture irraggiungibili
su un bordo di scritte
disposte a pettine
nel foglio d’un altro avvenire

Leggi:
«Verrà la morte, oh Ulisse,
a placare l’ansia del tempo
Verrà per il corpo
e l’anima.
Solo lo spirito capirà
forse
la meraviglia del nostro lungo viaggio
approdando nell’istante eterno»

Verrà
verrà forse
dove proveremo a batter l’ali
tra rive e cielo e flore a gemme
ritirando il grido
e chiamando i distanti a bassa voce
per non sciupare il fiato
ma oggi
vogliamo la bonifica integrale
su questi continui scompigliati riverberi
di ciò che furono e saranno i giorni nostri
A.I.

***

Del sogno non resta che una rovina
ma i giorni ancora hanno adorna la casa
Rispondi:
“Penelope ha un’ansia diversa
per lei la morte non viene
il viaggio neppure
ma insieme sono
spirito con anima e corpo
infiniti istanti
Attesa è il tempo di donna”
Chi ali non ha né voce
possiede eterno l’avvenire
riverberato dai distanti
fantasmi
S.P.

***

I movimenti aderiscono al vento
in questi bagliori
dove il paesaggio non ha confini…
eppure
prevale il reale
e nominare il paese che ci vide nascere
è dare al tempo il diritto
di disegnare
la geometria muta della vita

Leggi:
«Sarà forse
questa neve umiliata dal traffico
a chiederci memoria
d’un tempo di candida bellezza.
Saranno forse
questi tempi umiliati dall’arroganza del nulla
a chiederci garze e medicine
per le ferite sociali».
Lasciateci riprendere
i riti di rinnovazione
seguendo la linea indecisa delle acque
non abbiamo da perdere
che un regno di assenze
non abbiamo da perdere
che il silenzio delle distanze
A.I.

***

Il vento che abbaglia i pensieri
li muove in confini segnati da noi
paesaggio incapace che solo
negli occhi rimane insolente memoria

Senza suono trascorrono immagini
spettri reali del diafano tempo
e intanto la vita ci turbina intorno
sgomenti noi muti
inadatti al presente
che già abbiamo perso con gli anni
quel sogno di vita più alta

Tu dici che un rito c’è ancora
con acqua che lava
Io aspetto, distante, in silenzio
S.P.

***

Su rami scivolano i volti
erranti
nell’ansia del fiume
Chi scelse la via dell’amata
grida alla città
i nomi dei compagni
Quel fiato si prolunga
ora
te ne avvedi
nell’infiorata genesi
d’un cammino
mai veramente cartografato
te ne avvedi
su quelle croci
assetate di pasqua

Scrivi:
«Senza lasciare impronte il tempo si nasconde
o meglio
senza lasciare impronte mi nascondo al tempo»

La zattera
forse
è l’esperienza del principiante
che passa nel quotidiano grembo
e con sapienza migra
nella voce di brezza leggera
Così si indaga
ancora
A.I.

***

Eroica ti sembra
la scelta dell’amata
dimentico che i compagni
già da prima
se ne andarono
già da prima
la tua via avevi abbandonato
Ora la città risuona muta
sterili gli alberi
non hanno riflessi
sul fiume che i volti inghiotte
La valle fratturata
come campo alla fine della guerra
ci separa:
abbiamo scordato la mappa
logorato la zattera
reciso il ponte pensile
Nascosto il tempo
lascia segni svelati
difficili a cogliersi

Per te
le croci sul colle son foriere di futura redenzione
Per me
punteggiano in eterno rosario la pianura quotidiana
Per te
alte parole e precise nel silenzio
Per me
imperfette frasi rosicchiate al traffico
Per te feconda è la parola del grembo
Per me finita la stagione dei frutti
Ci resta un comune pensiero possibile
di versi uno scambio
su aeroplani di carta
S.P.

***

Come la sassifraga della roccia
guardiamo
i numinosi pascoli
che non osammo attraversare
le pietraie innocenti
in cui vedemmo il cielo
La memoria ora attende la parola
l’intercessione e la lingua
dei padri e delle madri
attende
il lembo del senso
che matura in questo incrocio
dove la nostra storia dimora

Ti scrivo:
«Va
avanti ancora
ci sarà pur un faro
un segnale
una nebbia
dove si riveli il vero»

Sottovento raccontano voci
che il tempo è solo vertigine d’esilio
giorno che s’intreccia tra passato e presente
Ma la nascita lascia doni sulla pelle
larghi graffiti
in cui si risveglia amore
Ciò che ci avvolge tramutato
è lo scialle venturo
dell’antica promessa

Antichi doganieri s’approssimano all’immane bagaglio:
«Voi che venite dai confini
dove il mare giudica i silenzi della riva
dove fertile la terra si frange
sulla soglia della roccia
e la folla si ferma
sul taglio del deserto
Voi
dite!
che avete da annunciare?»
A.I.

***

L’infinito sussurra sottovento
segnali attraverso la nebbia
intento ci pare l’orizzonte
e possibili ancora cieli nuovi

Ma improvviso dirupo ansimante
immobile salto del pesante pensiero
il tempo
che scorre in tumulto
lento incide solchi da riempire
e graffiti da navigare
L’antica memoria ha voce di profeti futuri
e storia annunciata dai padri e dalle madri
che comprendiamo alla fine solo del viaggio
All’estrema dogana poseremo il bagaglio
Sulla pelle rimane il retaggio
dell’opposta riva e di tutto l’amore
che ha dato senso alla strada

Seguiremo il rituale e diremo
in risposta: annunciamo
di accogliere la primordiale promessa
perché eterno il patto si compia
S.P.

***

Camminiamo sulla scogliera
dove aerei i gabbiani carezzano la roccia
tu, Lucia ed io
e ronza il mediterraneo
sui nostri anni stupiti
di tanta invisibile grazia
Il mare alza il vento
e si spezza in spruzzi
su questa offerta di vita
che il tempo
o forse un dio errante
concede ai nostri nomi.
Come chiamare il suono
che assottiglia la lontananza
e nei gentili riverberi e ricordi
ci posa
in rive di rinnovazione?

Camminiamo sulla scogliera
dove aeree rocce accolgono i gabbiani
tu, Lucia ed io
e la luce scivola come acqua che lava
sui nostri corpi impazienti
di mosaici amorosi
A.I. (Liguria estate 2009)

***

Camminiamo sulla scogliera
dove rocce carezzano dei gabbiani il grido
e noi
in silenzioso scambio
mentre il mare accoglie le nostre ombre
che guardiamo aggraziate nel riflesso d’argento

Offre questo tempo un nome alla nostra vita
sullo stretto sentiero
dove intenti percorriamo intensi pensieri
come in cordata
legati da imprendibili lacci
Ci avvolge il suono che avvicina l’approdo
e somiglia al sospiro salato della brezza
impaziente come risata incantata
che ci coglie a mezza via
scivola come luce che lava
e abbraccia te, me e Lucia
S.P.

Le poesie sugli elementi si trovano qui e qui.