Ravenna e la “dolce ansietà d’Oriente”

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GIANCARLO BARONI

Anticamente Ravenna occupava un posto centrale non solo nella nostra penisola ma nell’intero Occidente. Dal 402 (quando la corte imperiale da Milano, troppo esposta alle invasioni barbariche, si trasferì a Ravenna) fino al 476 (quando Odoacre depose l’ultimo imperatore), fu capitale dell’impero Romano d’Occidente.
Dal 425 al 450, Galla Placidia, sorella dell’imperatore, governò in nome del figlio. Risalgono al V secolo il suo prezioso Mausoleo dove risplende il cielo stellato blu e oro del mosaico della cupola; il Battistero detto degli Ortodossi per distinguerlo da quello Ariano; la basilica di San Giovanni Evangelista voluta da Galla Placidia come ringraziamento per essersi salvata da un naufragio durante un viaggio fra Costantinopoli e Ravenna.
Dal 493 al 526 Ravenna fu capitale del regno di Teodorico. Educato alla corte bizantina, cristiano di fede ariana (i seguaci di Ario non riconoscevano pienamente la natura divina di Cristo), il re degli ostrogoti venne inviato in Italia dall’imperatore d’Oriente per sconfiggere Odoacre. Il possente mausoleo di Teodorico si differenzia decisamente da quello di Galla Placidia e dagli altri antichi monumenti ravennati per forma, colore e per il materiale adoperato: il grigio tenue della pietra d’Istria al posto del consueto marrone-arancio dei mattoni. Iniziata dal re ma in seguito decisamente ridecorata dai bizantini, la basilica di Sant’Apollinare Nuovo è famosa per i suoi mosaici: sulle pareti della navata centrale la Processione delle Vergini, il Corteo dei Santi Martiri, il porto di Classe e il Palazzo di Teodorico.
Dopo la lunga, devastante e feroce guerra greco-gotica, Ravenna tornò in possesso dei bizantini. Nel 547 circa, il vescovo Massimiano (la sua preziosa cattedra ricoperta d’avorio è conservata nel Museo Arcivescovile) consacrò la basilica di San Vitale: nella parete a sinistra dell’abside splende il mosaico dell’imperatore Giustiniano, sfarzosamente ritratto con il suo corteo di sacerdoti, funzionari e soldati; a destra brilla il mosaico della regina Teodora, vestita di corona, gioielli e stoffe raffinatissime, in compagnia del suo seguito di dame. Massimiano, negli stessi anni, consacrò la basilica di Sant’Apollinare in Classe, a pochi chilometri da Ravenna. I mosaici del catino absidale sono di straordinaria bellezza: un cielo azzurro con novantanove stelle d’oro, un prato verdeggiante e fiorito con alberelli, cespugli, uccelli, piccole rocce, al centro la figura di Sant’Apollinare che prega, le mani rivolte verso il cielo e, al suo fianco, dodici pecorelle bianche disposte simmetricamente.

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Ospite dei Da Polenta, Dante trascorre a Ravenna gli ultimi anni della vita fino alla morte nel 1321. Nonostante i tentativi dei fiorentini di recuperare le sue spoglie, è sepolto in un tempietto vicino alla chiesa di San Francesco. Nella seconda metà del Quattrocento la città fu dominata dalla Serenissima; in piazza del Popolo, dagli influssi veneziani, svettano due colonne che sostengono le statue dei santi protettori ravennati: sant’Apollinare (primo vescovo della città) e san Vitale (soldato romano convertito al cristianesimo e per questo gettato in un pozzo).
Gli esterni monocromi dei monumenti ravennati, semplici, austeri, lineari, privi di ornamenti (i campanili cilindrici vennero aggiunti nei secoli X e XI), sono ideali per avvolgere sobriamente le decorazioni musive multicolori e sontuose degli interni. Complementari fra loro e non antitetici sono la luce, che dai mosaici scaturisce ed emana, e l’oscurità dei tanti sarcofagi e sepolcri e arche e tombe e mausolei che Ravenna gelosamente custodisce. Luce e tenebra qua convivono e si confrontano in un rapporto instabile, mutevole e sempre insidiato dal fenomeno della subsidenza: secolo dopo secolo lentamente il terreno si abbassa, il suolo sprofonda.
Sono comunque i mosaici a rappresentare lo smagliante filo conduttore, l’anima raggiante di Ravenna, questa specie di Bisanzio d’Occidente dove, scrive Montale in “Dora Markus”,

…un’antica vita
si screzia in una dolce
ansietà d’Oriente.

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Il purgatorio ravennate

(della subsidenza)

Una colomba gli agnelli
pavoni immortali pesciolini simbolici e reali
apostoli in processione 4 evangelisti

cortei di santi e martiri
inondati di luce. Affondano i mosaici
- secolo dopo secolo – nel buio della terra.

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Le fotografie sono di Giancarlo Baroni.
Uscito su Pioggia Obliqua, Scritture d’arte.