Europa unita, utopia possibile

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GABRIELLA MONGARDI

E pluribus unum: l’Europa e l’eroismo della ragione”.
Il titolo della lectio magistralis con cui lo scrittore europeo Javier Cercas ha inaugurato giovedì 10 maggio a Torino il XXXI Salone Internazionale del Libro dice già tutto: la prima parte, il motto latino E pluribus unum (sulla cui origine i lettori di Margutte sanno tutto…), è il motto degli Stati Uniti d’America, ed istituisce un evidente parallelismo: come dalla pluralità delle tredici colonie originarie si è formata l’unità dello Stato federale americano, così dalla pluralità delle nazioni che compongono l’Unione Europea dovrebbero nascere, finalmente, gli Stati Uniti d’Europa, una federazione di Stati con una politica fiscale comune, una politica interna comune, una politica estera comune, una politica culturale comune: questa è l’unica utopia ragionevole, questo è l’ “eroismo della ragione” citato nella seconda parte del titolo.

Di “eroismo della ragione” – ha spiegato Cercas – parlò il filosofo tedesco Edmund Husserl nel 1935, in una serie di conferenze sulla crisi dell’umanità europea che tenne a Vienna e a Praga. Nel 1935 l’Europa stava faticosamente superando i “postumi” della Prima Guerra Mondiale (in realtà, una guerra civile europea), ma già si coglievano le avvisaglie di un’altra, imminente catastrofe: il filosofo indicò ai suoi contemporanei due sole possibili alternative: «lo sprofondare nell’ostilità dello spirito e nella barbarie, distanziandosi dal proprio senso razionale della vita, o il rinascimento grazie allo spirito della filosofia mediante l’eroismo della ragione».

Come sappiamo, allora prevalse la barbarie, ma oggi Cercas vuole essere ottimista: sa che «quell’eroismo della ragione costituisce l’impulso originario all’unione dell’Europa ed è alla base della narrazione veritiera che […] la legittima: la storia di alcuni vecchi paesi provvisti di lingue, culture, tradizioni e storie differenti che, dopo secoli in cui si sono combattuti senza pietà in guerre eterne, decidono di unirsi per costruire un paese nuovo e coeso dai valori della concordia, del benessere e della libertà [...]: l’Europa unita è l’unica utopia politica ragionevole che noi europei abbiamo coniato».

Nel suo chiaro e appassionato discorso, lo scrittore non mette la testa nella sabbia, non si nasconde che l’Unione Europea oggi è sentita dai più come «un ente sovranazionale, freddo, astratto e distante la cui capitale si trova in un posto freddo, astratto e distante chiamato Bruxelles, che non si sa con certezza a cosa serva tranne che a dare lavoro a mucchi di grigi burocrati e a far sì che i politici populisti dell’intero continente gli diano la colpa di tutto ciò che di male accade nei loro rispettivi paesi». Non si nasconde la tendenza dei singoli Stati a richiudersi nel proprio guscio non appena scoppia una crisi, che sia quella economica del 2008 o quella attuale dei migranti e dei rifugiati; sa benissimo che il nazionalismo non è un’ideologia politica ma una fede, come tale impermeabile ai dati di realtà, ma il suo dovere morale di intellettuale è quello di attenersi alla realtà, ai dati di fatto.

Sono sotto gli occhi di tutti i tre vantaggi incommensurabili di quel progetto incompiuto che è la UE:
1) gli europei occidentali nati dopo il 1945 sono i primi a non aver conosciuto la guerra sulla loro pelle, grazie alla costruzione, a tappe e per gradi, dell’attuale Unione Europea;
2) l’Europa unita è la maggiore economia del mondo, mentre i singoli Stati sono troppo piccoli per essere competitivi;
3) in un mondo globalizzato, in cui sono le grandi multinazionali a imporre le loro norme agli Stati, solo uno stato potente come lo sarebbe l’Europa unita politicamente può difendere la democrazia e le tutele dello “Stato sociale” dai diktat del capitalismo sfrenato.
Per questo Cercas si dichiara europeista estremista – come chi scrive – e sottolinea con forza che l’unica via percorribile per mettere al sicuro il benessere e la libertà di cui godiamo oggi è quella di realizzare l’unità politica europea, conciliandola con la diversità culturale, che è la grande ricchezza dell’Europa, anche se storicamente e politicamente è stata ed è germe di divisione.

L’unica soluzione è la consapevolezza che l’identità europea è un’identità complessa, ossimorica, perché basta sulla diversità. Conclude Cercas: «L’Europa dev’essere politicamente una e culturalmente plurale. Solo così potrà dare il meglio di sé e non rassegnarsi all’irrilevanza».
Solo una cosa è sfuggita a Cercas, ossia la data in cui pronunciava il suo discorso: il giorno dopo la Festa dell’Europa, che si dovrebbe celebrare ufficialmente in tutti gli Stati dell’Unione il 9 maggio, anniversario della fine dell’ultima (per ora…) guerra civile europea e della storica dichiarazione con cui, nel 1950, l’allora ministro degli Esteri francese Robert Schuman espose per la prima volta la sua idea di una nuova forma di cooperazione politica per l’Europa, che avrebbe reso impensabile una guerra tra le nazioni europee. Sarebbe bello se almeno per un giorno tutti i cittadini europei fossero chiamati a riflettere sulla loro “grande patria”, che non cancella le piccole patrie, ma dà loro visibilità e forza di fronte al mondo.

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Oggi alle ore 14 a Milano, in piazza S. Eustorgio, ritrovo dei partecipanti alla “March for Europe 2018“, organizzata dal Comitato Ventotene per difendere le principali conquiste dell’Unione Europea messe in pericolo dal crescente nazionalismo.