Voci di Parma: Daniele Beghè

copertina

LUCA ARIANO (a cura)

A partire da questo mese inizia una mia collaborazione più diretta con Margutte. Terrò una rubrica sui poeti di Parma che sarà intitolata “Voci di Parma”. In questo sito sono già apparse poesie di Giancarlo Baroni e del sottoscritto. Parma vanta un’antica tradizione di importanti poeti del Novecento che ha visto esprimere voci che hanno raggiunto una notorietà nazionale ed internazionale come Bacchini, Bertolucci e Bevilacqua. In passato vi sono state riviste come “Palatina” ed “Il Raccoglitore” che hanno visto fiorire e pubblicare numerosi poeti, fervore che Pasolini denominò “Officina parmigiana”; tra questi possiamo ricordare Gian Carlo Conti, Giorgio Cusatelli, Gian Carlo Artoni e tanti altri. Parma anche oggi si può vantare di poeti che hanno avuto fama e gloria nazionale come Emilio Zucchi ed Antonio Riccardi (milanese di adozione da anni, ma originario della provincia di Parma). Questa piccola rubrica ha il compito di tracciare una mappatura dei poeti contemporanei pubblicando le loro poesie e intervistandoli con alcune domande che possano far conoscere il loro percorso poetico e i loro progetti futuri.
Inizio con Daniele Beghè.

UN LAICO SAGRATO

In questo quadrilatero di geografia
impura s’inscena il ballo degli attriti,
il trito minuetto dei riconoscimenti
e dei disconoscimenti, la separazione
fra chi dava pinghelle ai sinalcoli
nei cortili e chi è arrivato in un dopo
troppo vasto sul campo di battaglia.
Mi son presto spaurito di scrivere
libero e beato, ho segnato un solco
di materiale non troppo solido,
per scappare solo qualche metro,
per poter di colpo guardare indietro.

ALLERGIA ALLA CALCE

Qui nel condominio fra la ferrovia
e la tangenziale, al terzo piano,
un po’ ingobbito, abita un anziano,
che ogni mattina scende le scale
e trova, oltre il confine basculante,
nel garage, il suo regno autunnale.
Seduto su un secchio, tra cazzuole
e assi da cantiere, contempla un cristo
arrugginito in tubi innocenti
e aspira con la pelle la polvere
sottile che da sempre lo tormenta.

IL BELUGA

Sotto il cavalcavia della tangenziale
c’è un locale che, visto dalla vetrina,
sembra un acquario di pesci esotici
Spicca il beluga, un cetaceo lampadato
che la sa lunga: di solito viaggia
a pelo d’acqua a fianco di una manta
siberiana e sbuffa in faccia ai pesci
palla flutti di caviale di seconda
e flute di malvasia di candia.
Al bar del delfinario gli amici
gridano: “Ehi Beluga”. E lui si stima.

IL SINDICO DEL QUARTIERE

Ogni mattina almeno da una vita,
attratto dal profumo dell’ultima
infornata, m’avvio all’insegna di Angelo.
Sulla soglia il sindaco, un imbianchino
in pensione, m’aspetta e ammicca:
- L’é bela la marochén’na -. Guarda
la nuova commessa, con l’incarnato
creolo e gli occhi allungati e scuri.
- Vé Sindaco che viene dall’Ecuador- .
Lui mi sorride e s’allontana stranito,
con un cenno della mano fa: – l’é compagna -.

MULINELLI
( Acipenser sturio )

Una lanca bianca di ghiaietto e sabbia
s’è spinta in mezzo al grande fiume
dall’altra sponda, quella lombarda,
a turbare il flusso lineare
della corrente di fronte al porto
fluviale di Torricella. Le mutevoli
circostanze dell’inverno piegano
in potentissime circonferenze
la forza delle acque. Letali onde
concentriche attirano al fondo
i pesci piccoli, che incautamente
le traversano. All’apice del cono
rovesciato
gli storioni famelici banchettano.

6H APRES PM BREST

Un porto sicuro è vecchia storia,
di seconda mano. Basta un corpo morto,
un porto anche risorto, un attracco
da diporto per blandire il fiato corto.

Respira forte la marea nel canale
della Manica, lì come si stringe il passo
si moltiplica la forza, si complica la rotta,
il calcolo dello sbarco, la scelta della bitta.

Si denuda la rena e in un gioco crudo si ricopre.

La linea d’acqua varia, la curva di livello
segue l’andamento ciclico dell’astro
e lo sciabordio delle stagioni: ora
libera il porto, che fra un’ora sarà sepolto.

Intervista
Quando hai iniziato ad accostarti alla poesia? Prima a leggere poesie o a scriverle?

Mi sono accostato alla poesia negli anni del liceo, anche se l’approccio è stato un po’ strano nel senso che mi divertivo a parodiare i grandi della prima metà del Novecento, per rendermi sopportabile la poesia che la scuola imponeva. Questo mi ha portato verso il calembour e i giochi di parole che sono stati la mia prima fonte d’ispirazione. Sono sempre stato un grande lettore, magari disordinato e senza metodo, ma in questa mia confusione la poesia è sempre stata presente, insieme alla narrativa e alla saggistica. Poco alla volta mi sono reso conto che la poesia è uno strumento eccezionale di accelerazione del pensiero. Poi nel 2007, a 44 anni, un noioso incidente stradale mi ha costretto all’immobilità per quattro mesi, ho cominciato così a scrivere per passare il tempo, in seguito ho compreso che il mare di parole che avevo introitato per più di quarant’anni, cominciava a tornare fuori in flusso che a volte stentavo a controllare.

Quali sono i poeti che ti hanno influenzato, amato e che reputi tuoi maestri?

Come dicevo ho letto per molti anni in modo disordinato, per cui non posso dire di avere individuato uno o più maestri. Ho spiegato di avere una predilezione per il gioco di parole che viene dalla lettura di Toti Scialoja e di Gianni Rodari, e più in generale per una sorta di leggerezza che ho ritrovato nell’inglese Wendy Cope, nell’americano Billy Collins, fino alla gioia di scrivere di Wislawa Szymborska. Sento una certa consonanza, anche solo per argomenti, con Pasolini e Zanzotto, dal quale ho mutuato il titolo del mio primo libro “Galateo dell’abbandono”. Per ultimo mi sento vicino al parmigiano Bertolucci e alla scuola lombarda di Sereni e soprattutto a Raboni, che ho citato in esergo ad entrambi i miei libri. Soprattutto in quest’ultimo vedo l’immersione della lirica nell’epica routinaria del quotidiano e una poesia che sta sul limite tra la poesia civile e la riflessione privata, che hanno per me la medesima priorità.

Il Premio Luciano Serra per te, dopo il Tapirulan è stata una piacevole conferma: come è nata questa ultima raccolta e progetti futuri?

Quest’ultima breve raccolta è nata dall’idea di dare una cornice ed una forma unitaria a poesie che avevo scritto in modo estemporaneo in passato, ma che avevano una radice comune nell’osservazione, anche minuta, del quartiere dove vivo da oltre quarant’anni, alla prima periferia di Parma. Una periferia agraria che è diventata un assembramento di capannoni, parcheggi, tangenziali, centri commerciali, uguale a tutte quelle delle altre città della pianura padana. Un posto in cui tutti i paralleli del mondo, nel giro di pochi anni si sono raggrumati. In realtà in questo momento continuo a scrivere in modo un po’ estemporaneo, a volte mi sembra di scrivere un canzoniere quotidiano, ispirato alle mie osservazioni giornaliere. Ogni tanto poi lavoro un po’ al riordino delle cose che faccio, un po’ come si fa quando si decide di mettere in ordine nei cassetti.

beghe

Daniele Beghè è nato a Parma, dove vive da 55 anni. Ha frequentato il liceo scientifico e poi si è laureato in Economia e Commercio. Dopo alcuni anni di lavoro alle dipendenze di un’azienda privata, dal 1994 è attivo nell’ambito della formazione professionale in campo economico e giuridico. Pur essendo da sempre appassionato lettore di poesia, ha cominciato a scrivere soltanto nel 2007. Le sue poesie sono presenti in diverse antologie. Nel 2016 ha pubblicato la sua opera prima “Galateo dell’abbandono” come premio in seguito alla vittoria del concorso per sillogi inedite indetto dall’Associazione culturale Tapirulan di Cremona.

Ha vinto il “Premio Speciale del Presidente della Giuria” al concorso INTERFERENZE del festival BOLOGNA IN LETTERE. Nel 2018 ha pubblicato il libro di poesie “Quindici quadri di quartiere ed altri versi” (edizioni Consulta libri e progetti di Reggio Emilia). La pubblicazione è il premio riportato per la vittoria del concorso per inediti dedicato all’intellettuale e poeta reggiano Luciano Serra. Alcune poesie da “Galateo dell’abbandono”sono state tradotte dalla poetessa francese Marilyne Bertoncini e recentemente pubblicate in Francia sulla rivista “Recours au poéme”.

(La foto di copertina è di Francesca Bocchia)