“Antologia femminile”, Torino 1840

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GABRIELLA MONGARDI

Per puro caso, in occasione della Festa della Donna 2018, sono arrivate sul tavolo della redazione di  Margutte due “antologie femminili”: una appena uscita presso l’editore Giuliano Ladolfi, l’altra stampata nel 1840 a Torino da Gianini e Fiore, con l’intento pedagogico-didascalico esplicitamente dichiarato di «incitare la donna ad una maggiore istruzione». I curatori (anonimi) di quest’ultima concludono la prefazione rivolgendosi alle “Donne gentili” destinatarie dell’antologia, che è «chiara prova del valor femminile e in pari tempo invito a quella istruzione, la quale vi farà più care le cure domestiche, più dolci i miti uffici di sorella, gli affannosi e sublimi di sposa, e di madre; maggiore l’applauso, e la reverenza dei buoni, e fermerà sempre più nel vostro sesso il vanto di essere uno dei più sicuri mezzi di iscorgere (scortare, n.d.r) l’umanità a que’ migliori destini che forse Iddio nel suo segreto le sta preparando.»

È inevitabile emozionarsi, sfogliando in parallelo i due libri, è inevitabile vederli come tappe e testimonianze del lungo cammino che ha per meta “la parità tra donne e uomini” (art.23 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea) – una meta mai definitivamente raggiunta, come tutte le conquiste sociali delle democrazie…

Per quanto riguarda l’antologia di poesia femminile del 2018, Il corpo, l’eros, a cura di Franca Alaimo e Antonio Melillo, il lettore di Margutte trova QUI l’approfondita introduzione della Alaimo; a me basta rilevare che il tema a cui è dedicata sarebbe stato inconcepibile nel 1840, tanto più nella penna di una donna, e che le 68 poetesse lì antologizzate sono presentate ciascuna con una breve nota biografica, che manca invece nell’antologia ottocentesca – il che rende difficile identificare oggi le autrici di due secoli fa. Al lettore il compito di trarre le conclusioni di questo sommario confronto.

L’Antologia femminile del 1840 in realtà tutta femminile non è: delle tre parti in cui è divisa, infatti, le prime due comprendono sì Autrici Italiane e Straniere, ma la terza è riservata ad Autori Italiani, più o meno illustri (Roberto D’Azeglio, Giorgio Briano, Niccolò Tommaseo, Pier Alessandro Paravia), che scrivono a loro volta biografie femminili, di donne celeberrime quali Elisabetta d’Inghilterra o Caterina seconda di Russia, o meno celebri come le poetesse venete Anna di Schio di Serego Allighieri, contessa, o Aglaia Anassilide, figlia di un giardiniere.

Mentre le Autrici Straniere presenti sono solo due – M.me De Staël con una riflessione sull’entusiasmo e la felicità e la nizzarda Agathe Sophie Sassernò con un appassionato poemetto a Dante e una Ronde, entrambi in francese – le  autrici italiane sono diciassette: quattro prosatrici in apertura di volume, e tredici poetesse. Tutte sono donne appartenenti ai ceti medio-alti (scrittrici, poetesse, signore di salotto) che, nei decenni tra la Restaurazione e l’Unità nazionale, ebbero un ruolo pubblico di primo piano, contribuendo attivamente a tessere la fitta rete di relazioni culturali e sociali di cui fu tramata la società risorgimentale.

Nella sezione di “Prose” Anna Maria Pepoli, che scrive Della dignità delle donne e del loro potere nella civile società, era la sorella maggiore del Conte Carlo Pepoli amico di Leopardi; Antonietta Tommasini, autrice di un libro di Considerazioni sulla educazione domestica, di cui qui sono riprodotti i capp. 8, 18, 16 e 23, era addirittura “amica di penna” di Leopardi; a Isabella Teotochi Albrizzi dobbiamo tre vibranti ritratti di Lord Byron, Ugo Foscolo e Vittorio Alfieri, che conobbe personalmente nel suo salotto letterario aperto ai più grandi scrittori dell’epoca; della contessa Ottavia Masino di Mombello Borghese è riprodotto il racconto di una Visita al Campo Santo, occasione per una profonda meditazione sulla morte e sull’inconsistenza e la precarietà della vita.

La sezione di “Poesie” si apre invece con due autrici appartenute all’Accademia dell’Arcadia, Faustina Maratti e Teresa Bandettini Landucci; continua con Isabella Rossi e sua madre Elvira Giampieri, Diodata Saluzzo-Roero, Giuseppina Poggiolini, Maria Giuseppa Guacci-Nobile, Chiara Moroni Silorata, Cecilia De-Luna Folliero, Adele Curti, Faustina Buonarotti, Teresa Albarelli Vordoni, Angelica Palli. Le liriche possono essere dedicate a personaggi storici (Lucrezia, Bruto…) o agli affetti famigliari (i figli, la madre…), o affrontare tematiche esistenziali o politiche o morali, ma sempre rivelano una consumata perizia metrica, sia che la forma scelta sia il sonetto o la canzone o l’ode o le terzine… Alcune delle poetesse, come la Bandettini e la Palli, grazie al loro senso ritmico erano infatti famose come “improvvisatrici”, performer – diremmo oggi – che creavano versi in pubblico, su un argomento proposto dagli ascoltatori; e molte erano in contatto con i letterati più celebri: la Guacci ebbe una tenera amicizia con Antonio Ranieri, l’amico napoletano di Leopardi, e scrisse una complessa canzone in morte del poeta recanatese, pubblicata qui.

Nel 1840, quando esce questa antologia, Leopardi era morto da tre anni, Manzoni dava alle stampe l’edizione definitiva dei Promessi Sposi e Tommaseo la prima del suo romanzo Fede e bellezza; l’Italia era ancora uno spezzatino di staterelli, eppure l’editore riunisce in queste pagine voci provenienti da tutta la penisola: dal Veneto alla Lombardia, dal Piemonte all’Emilia alla Toscana, da Roma a Napoli – voci che nella vita di tutti i giorni parlavano ovviamente le varie lingue regionali, ma nella scrittura ricorrevano all’unica lingua unitaria e “letteraria”, l’italiano. La lingua degli studi e della cultura, per gli uomini e per le donne.

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(Un sentito grazie al collaboratore Franco Russo che ha “scovato” il libro)