Le mie tette ed io

boobs

FADWA AL QASEM

Semplicemente non mi fanno sentire me stessa.

E per questo, sono sempre sola; loro sempre con me.

Se provo a dimenticarle, ad essere ignara della loro presenza, fallisco. Il movimento più banale porta a contorsione, scuotimento e tremolio.

E con lo sbadiglio di ogni nuova luna crescente, le sento ingrandirsi, mature, appena dolorose e sempre più delicate.

Il mio rapporto con loro è un misto di confusione, fragilità, pazzia; mi tormentano con la loro presenza, il loro peso e il modo in cui riescono sempre a stare in mezzo.

Il mio petto ed io.

Sin dal primo momento di presa di coscienza, lo sognai.

Come una ragazzina che osservava queste donne con magnificenti, ampie e ferme sommità.

Sognavo di avere quello che avevano loro; che una mattina mi sarei svegliata con due meravigliose, ferme montagne nella valle piana tra il collo e la mia vita.

Adoravo stare attaccata a mia madre.

La mattina visite ad amici, shopping, sartorie, accucciarsi nei camerini, escogitare modi ingegnosi per rubare occhiate colme di curiosità. Quanta noia ho sopportato per sottigliezze del genere; quello che vedevo non era molto, ma era bello ed era abbastanza per coltivare il mio sogno.

Donne attorno a me avevano l’abitudine di disegnare tende e serrature. Avvolgevano i loro corpi negli asciugamani, cautamente, timidamente, imbarazzate persino di loro stesse. Capii che quando sarei cresciuta e le collinette avrebbero iniziato a venir fuori, all’inizio sarebbero state solo piccoli gonfiori. Nessuno poteva vederle, e nessuno aveva notato il loro trasformarsi all’infuori di me. La loro piccola grandezza non mi dava alcun fastidio. Credevo fosse tutto qui, che era tutto quello che potevo mai avere, soltanto due sciocche collinette; ed ecco che potevo unirmi al regno delle donne.

Non so ancora quando quello specifico momento finì. Quando mi svegliai dal sonno con un corpo che emanava femminilità e lo spirito che emanava ancora fanciullezza?

Mi sono svegliata e mi sono ritrovata con i seni che erano esplosi senza il mio permesso.
Sono diventati la prima cosa che accoglieva il calore del sole al mattino, e l’ultima che accoglieva le gocce di rugiada cadenti ogni sera.

Hanno messo a dura prova le mie maglie, i miei abiti, il mio letto, il mio specchio.

La loro ombra, durante i numerosi giorni soleggiati,ha sempre rivelato il mio segreto perché si proiettava sulle pareti, sui pavimenti e sui passanti.

Invadevano gli spazi prima di me e arrivavano prima che io arrivassi. Niente si metteva dinanzi a loro; mi hanno trascinata insieme a loro. Sono sempre arrivate tra i cieli, sono saltate fuori come un invito, e un ovvio, assordante e ribelle segno della mia femminilità.

Hanno richiamato attenzione contro il mio volere.

Hanno intrattenuto conversazioni con persone contro il mio volere.

Hanno originato gelosia, odio, e talvolta anche disgusto.

Un bottone aperto diventò la causa di facce rosse e imbarazzate, di entrambi donne e uomini; mentre un bottone chiuso provocava uno stato di anticipazione, speranza, attesa.

Le mie tette hanno aperto porte, distrutto barriere, costruito ponti; hanno accorciato percorsi, ridotto sforzi e tempo … e ridotto me a qualche chilo di carne grassottella.

Per me non c’era più alcun bisogno di esistere.

Molti hanno scordato il mio nome, e molti il mio nome nemmeno lo sapevano. Una domanda continuava a risuonarmi nella mente: è lei quella dal petto grande?

Tutte le mie altre caratteristiche cessarono di esistere e vennero sommerse dal quel punto accogliente tra loro due; quel punto profondo e stretto tra le mie sporgenze che era sufficiente per tutti per trasformare un occhio cieco in qualsiasi difetto, irresponsabilità, colpa.

La mia vita intera era sopraffatta dalla loro presenza, talmente tanto che potevo a malapena respirare. Anche il mio cuore, di cui potevo percepire le reazioni attraverso la mia pelle sottile e trasparente, non era più mio. Anche per questo, non potevo raggiungere quel punto dove sedevo tra loro e me stessa eccetto che attraverso loro. Batte per loro, batte dietro di loro, quindi una luce brilla tra loro, le bacia e urla alla vita, contro il mio volere.

Ho provato. Ho provato a reindirizzare me stessa verso la giusta direzione. Ho provato a riappropriarmi di me stessa, e mettere me prima di loro, di fronte loro. Ho provato ad essere più grande di quanto lo siano loro. Ho esploso bombe con la mia mente, il mio intelletto, i miei pensieri, la mia lingua. Ho strafatto, mi sono ribellata, sono arrivata ad essere selvaggia. Ho preteso attenzione dalle mie vedute, i miei pensieri, e anche i miei occhi, le labbra, i capelli, la vita, le gambe, le mani. Ho urlato, alzato la voce … ma la loro voce era sempre più potente.

Desidero che qualcuno mi batta in questo gioco, o che qualcuno mi sgridi, o che provocassi la rabbia di qualcuno col mio atteggiamento. Ma il mio petto rappresentava sempre il libro di perdono di tutti i peccati.

Non si dice che la mano parlerà dei suoi segreti un giorno? Nel mio caso, sono i miei seni che rivelano i segreti degli altri: le loro voci pacate; le loro preghiere, le loro debolezze; le loro privazioni.

C’è stato un momento, un solo momento in cui ho pensato ad un intervento chirurgico per ridurle. Ma non l’ho fatto perché io, come tutti, amo i miei seni. Li adoro perché li ho desiderati, perché sono miei, perché sono il mio petto, sono parte di ciò che sono – non direi che sono parte della mia bellezza, ma sono parte del mio sentirmi bella. Mi piacciono. Non è solo grazie a loro che sconfiggiamo i sentimenti di sconfitta degli altri?

Non le nascondo dietro parole di preconcetti, frasi di vergogna, e iarde di pezzi di stoffa spessi.

Non mi scuserò per la loro presenza, per la loro prominenza.

Non mi scuserò per il tempo che ho passato a pregare di averle.

Non mi scuserò per il mio diritto di sognare della mia femminilità; specialmente dopo che il mio amante le ha baciate, e raggiunto dietro loro la profondità più insita la mia essenza di ragazzina.

paradise

(Tratto dal libro Paradise No More)

English

Traduzione di Mila Di Tullio

L’immagine è un dipinto dell’autrice

Alcune poesia di Fadwa Al Qasem in Margutte si trovano qui.

I Am What I Art - art manifesto
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