Il jazz, “Nove gradi di libertà” e una sfida

nove-gradi-di-liberta

DANIELE TRUCCO.
Questa non è altro che una piccola riflessione nata dalla lettura di un capitolo del romanzo Nove gradi di libertà di David Mitchell. Nascerebbe spontanea in qualunque musicista, dopo aver notato l’utilizzo abbondante di citazioni colte nell’ambito musicale jazzistico e non vuole esser altro che un riepilogo di ciò che è contenuto in una piccola parte del libro, utile per gli appassionati di Mitchell e stimolante per chi non conosce ancora questo autore e questa musica.

Il libro, vincitore del premio John Llewellyn Rhys per il miglior lavoro in lingua inglese scritto da un autore sotto i 35 anni, è costruito (trucco vecchio ma sempre d’effetto) attraverso la giustapposizione di varie storie ambientate in luoghi differenti del mondo collegate tra loro da richiami o personaggi comuni. Proprio per questo motivo è facilmente smembrabile in nove episodi quasi del tutto indipendenti e in una chiusa che fa da cornice finale.

Più che sul valore letterario, non sempre impeccabile, sullo stile, in alcuni episodi molto originale, e sulla trama, troppo varia e ampia per essere condensata ora, mi interessa soffermarmi sul secondo capitolo del romanzo intitolato ‘Tokyo’. Il protagonista e narratore è un ragazzo che fa il commesso in un negozio di vinili rari, una sorta di paradiso per gli appassionati di jazz; durante lo snodarsi della vicenda entrano clienti che ordinano, comprano, ascoltano brani o dischi che lui rispettivamente incarta o fa ascoltare loro.
Mitchell, da appassionato, non si risparmia e tira fuori dal cappello autori e titoli, costruendo così un percorso abbastanza tortuoso e romanticamente disordinato nella storia del suo jazz.
Questo è l’elenco che ho estrapolato dal testo, riportando così come vengono citati o gli autori con i loro album o brani, o solo gli autori:
Miles Davis – You Never Entered My Mind (Album)
Kenny Burrell – Stormy Sunday (Album)
Duke Jordan – Flight to Denmark (Album) 1973
Le percussioni di Jimmy Cobb in Blue in the Green
Billie Holiday – Lady in Satin (brano)
Chick Corea
Billie Holiday – Some Other Spring
Mal Waldron – Left Alone (brano) con il sax di Jackie McLean
Duke Pearson – After the Rain (brano)
Charlie Parker – Relaxin’ at Camarillo – How Deep is the Ocean? – All The Things You Are – Out of Nowhere – A Night in Tunisia
Charles Mingus
Lee Morgan
Hank Mobley – A Caddy for Daddy (Album)
Fats Navarro
Bill Evans e Jim Hall – Undercurrent (Album)
Keith Jarrett
Ella Fitzgerald
Benny Goodman
Lester Young
Le percussioni di Tony Williams in In a Silent Way
Mal Waldron – Left Alone (brano) con il sax di Jackie McLean
Round Midnight
Duke Ellington – Take the ‘A’ Train
Duke Ellington / John Coltrane – In a Sentimental Mood (brano)
Blue skies, just you wait and see!
Johnny Hartman – I Let a Song Go Out of My Heart (brano)
Chet Baker – My Funny Valentine – You don’t know what Love is – I get along without you very well

Su un po’ tutte le riviste di musica è prassi odierna stilare classifiche dei migliori 50 o 100 musicisti dell’anno o dei migliori ‘padelloni’ di sempre. Quella di Mitchell è una classifica strana, a compartimenti non stagni e non settoriale in quanto a scelta di strumento prevalente.

Può essere utile per mettere un piede nel mondo del jazz? Colui che ne abbia ignorato l’esistenza fino a oggi, riuscirebbe a partire di qui per farsi un’idea di un mondo inconoscibile anche per i più ferrati in materia? Detto in altro modo: si può apprezzare Pascoli senza sapere chi sia stato Leopardi ma passando prima da Sbarbaro o dal ‘minore’ Zeichen?

Sarebbe interessante che qualcuno, ovviamente digiuno se non di musica almeno di questo tipo di musica, si mettesse a cercare e ad ascoltare in sequenza gli autori e i brani sopra citati e poi mi riferisse che cosa gli è rimasto, quali sono state le sensazioni generate da chi, dentro di noi, “non solo ha brividi, ma lagrime ancora e tripudi suoi”.
Di certo non ne nascerà una nuova didattica né tanto meno un metodo di lavoro convincente ma non mi dispiacerebbe verificare se “sotto le stelle del jazz” possano nascere, anche nel 2017, ragazzi scimmia così, praticamente dal nulla di un elenco.

trucco-9-gradi-di-liberta

***

About me
Il mio maestro di pianoforte si chiamava Nino Aimone. Un maestro raramente si incontra in una vita e non è assolutamente detto che debba essere più bravo del suo allievo: ciò che gli si richiede è il carisma della trasmissione di ciò che lui ritiene bello. Nino, con me, ha avuto questa capacità ed è per questo che oggi mi ritrovo a suonare in giro per l’Italia.
Tutto il resto – il diploma in pianoforte prima e in composizione qualche anno dopo – sono stati certamente strumenti utili per migliorare la mia tecnica e la mia cultura personale, ma nulla più. La cosa curiosa però è che nella vita ho ascoltato molta più musica di quella che sono riuscito a suonare, e credo che rimarrò in credito ancora per un bel po’.
Per quasi vent’anni ho girato il Piemonte in lungo e in largo insieme a un eccezionale compagno di viaggio: Piercarlo Brignone, titolare dell’allora Cuneo Music Service. Alternandomi con lui dietro a un mixer, ho dato letteralmente ‘la voce’ a centinaia di cantanti, gruppi musicali, attori, conferenzieri e cabarettisti provenienti da tutte le parti del mondo. È stato in questo modo che ho conosciuto, tra gli altri, il poeta Pippo Bessone, con il quale ho condiviso indimenticabili momenti di Langa e vivo a tratti esperienze teatrali entusiasmanti con il suo progetto L’ora canonica (www.loracanonica.it).
Tra l’altro, sempre con Pippo sono andato in giro accompagnandolo al piano in posti incredibili. Il più memorabile è stato un ristorante dalle parti di Alba: tra i commensali ricordo un delirante Renato Pozzetto che si divertì al termine della nostra esecuzione a simulare l’altoparlante di una stazione ferroviaria, radunando così gli amici per la partenza.
La musica mi ha portato un po’ dappertutto e sarebbe più compito di un romanzo piuttosto che di un curriculum raccontare tutto quello che mi è capitato.
Devo ancora aggiungere una cosa: la doppia vita che ciascuno di noi inevitabilmente conduce mi ha portato anche a dedicarmi ad altre questioni oltre alla musica. Ecco perché molti mi conoscono nella veste di professore di lettere o di condirettore, insieme all’amico musicologo Diego Ponzo, del Centro di Formazione Artistico Musicale (CFAM) di Verzuolo, una delle costole operative in cui è suddivisa la Cooperativa Librarsi, ente che presiedo ormai da molti anni.
La mia musica è pubblicata dal signor Michele Armelin di Padova (www.armelin.it).

A chi non piacessi come musicista può tentare ancora una via: mi si può leggere in pillole cercando i miei interventi sulle riviste Amadeus, Art e Dossier, Cuneo Provincia Granda, Musica Jazz, Slowfood, Provincia Oggi, Atrium, Maia, Letteratura & Arte, PuntoZero, Nexus, L’Irrequieto, Rivista Inchiostro e da oggi anche su Margutte.

Per saperne di più:
Canale Youtube: https://www.youtube.com/user/danieletrucco
CFAM: http://www.cooperativalibrarsi.com/Home_CFAM.php