LORENZO BARBERIS
Con questo articolo inauguro una nuova serie di articoli di arte qui su Margutte, dedicati a La Galeria del cavalier Giovan Battista Marino, il principale autore del Barocco.
Si tratta della sua più interessante raccolta poetica, pubblicata nel 1620, la più compiuta raffigurazione dell’Ut Pictura Poesis, l’eterna sfida tra immagine artistica e parola poetica (non solo lirica, ma in senso lato). Marino infatti dedica rapidi e gustosi madrigali a soggetti pittorici di vario tipo, sfidando la raffigurazione originaria. L’espediente dell’opera d’arte gli serve a ripercorrere pressoché qualsiasi argomento: nell’inaugurare la serie non possiamo non cominciare da San Pio V, al secolo Michele Antonio Ghislieri, domenicano, generale dell’inquisizione romana e vescovo di Mondovì.
Papa Pio V.
Sotto il PIETOSO mio zelo paterno
fiorir Giustizia e Carità si scorse,
sepolta l’Heresia giacque in Averno,
con la Virtù la Verità risorse.
Un lustro (o Roma) sol del mio governo
pace, abondanza, e libertà ti porse.
Quando capì dal secolo di Piero
tanta felicità sì breve impero?
Marino gioca sul contrasto tra la Pietas che il papa assume per suo nome e la sua spietatezza contro l’eresia. Pasquino gli dedicò una terzina dissacrante di significato simile: “come se fosse Inverno / brucia Pio V cristiani come legna / per avvezzarsi al caldo dell’inferno”. Pio V infatti, attuatore della controriforma nei cinque intensi anni del suo regno (1566-1571) applicò con generosità il rogo come strumento di repressione dell’eresia (e fermò infatti la diffusione in Italia del protestantesimo).
Quella tra Virtù e Verità è una allitterazione che sarebbe piaciuta a V for Vendetta di Alan Moore, il vendicatore del futuro che parla per allitterazioni, e mette di nuovo in evidenza la V di Pio V (come pure il sottolineare il “lustro”, V anni, di governo, subito dopo).
La chiusa è certo encomiastica, ma non così cortigiana (Pio V è passato da tempo, non è un papa regnante che Marino deve adulare). In effetti il papato di Pio V, non così conosciuto, fu determinante nell’attuare la controriforma e sopire il nepotismo. Con lui il papa acquisisce la veste bianca, simbolo di purezza, invece della rossa porpora cardinalizia di cui lui è ancora effigiato ammantato.
E l’arte? Numerosissime sono le sue raffigurazioni.
L’iconografia standard lo mostra intento a venerare il crocifisso con uno sguardo che ai moderni non può non apparire sottilmente untuoso. Tra l’altro, dietro al crocifisso gli angeli sorreggono il Triregno, la corona del potere temporale, spirituale e celestiale che sta sopra il capo di Cristo, ma solo poi per finire su quello del Pontefice che ha restaurato il potere papale. Venerando il crocifisso, Pio V sembra venerare sé stesso.
La rilettura moderna ha infatti ripreso questa figurazione, ma ha sostituito sullo sfondo gli orrori dell’inquisizione, con il suppliziante alla ruota (wikipedia la dà come immagine dell’epoca, cosa che appare molto difficile).
Altre figurazioni, cinque-secentesche ma anche ottocentesche, ce lo mostrano nell’atto di cogliere miracolosamente la vittoria di Lepanto, il grande trionfo sulla marina islamica da lui fortemente voluto e ispirato. Un angelo gli porta il lieto annuncio, che lo coglie nel suo studio quasi avesse i poteri telepatici jedi di Darth Vader e compagnia stellare. Curioso notare che l’angelo è una presenza fisica nel dipinto più antico, diviene pudicamente più etereo nell’Ottocento, quasi a dire: “non è che se lo è sognato lui, certo, ma nemmeno dobbiamo pensare all’angelo che entra da una finestra come un dio pagano o un supereroe della Marvel. Sono miracoli, roba fina, quasi simbolica” (inoltre, nel primo dipinto Pio V sembra compiaciuto e sogghignante, nel secondo, più moderno, compunto e ieratico, come dire: “spiace di tutte quelle morti, naturalmente, ma è necessario”.)
Se la telepatia a distanza fa molto Jedi, l’elemento ancora più curioso è quello della spada fiammeggiante della Crociata, che Pio V tiene in mano in questa stampa (non ho trovato purtroppo una versione a colori, che sarebbe stata più spettacolare) e che richiama da vicino la Light Saber, la Spada Laser degli Jedi del futuro.
Ecco: di Lepanto, in Marino, non c’è traccia. Ed è un peccato, perché la turbinosa battaglia (la più grande della marina a remi, a un passo dalla sua sparizione in favore della marina a vela) è oggetto di raffigurazioni spettacolari, come questa di Palazzo Colonna ma innumerevoli altre (anche monregalesi, da riscoprire).
E spesso Pio V ne è protagonista, come in questo affresco meta-artistico dove la visione diviene un arazzo retto da vari angeli (il singolo della visione si è moltiplicato) mentre sulla sinistra i popoli islamici, timorosi, si inginocchiano al pontefice in atteggiamento trionfante, a destra.
Una delle figurazioni più belle (Pio V non c’è, ma c’è, in spirito) è questa di Paolo Veronese, dove la Madonna in persona tiene un conciliabolo di guerra dei Santi, armati con le armi del martirio, mentre un angioletto, sulla destra, sembra prendere l’iniziativa e iniziare a bombardare le navi islamiche per conto suo, dardeggiandole con frecce infuocate.
Ecco: tutto questo in Marino non c’è. Un peccato, perché sarebbe stato spettacolare vedere Lepanto nelle sue parole (magari c’è in qualche parte della sua sterminata produzione, e nel caso aggiorneremo). Si perde poi, per i moderni, il contrasto che la figura di Pio V assume agli occhi dei moderni: feroce persecutore di ogni libertà religiosa sul fronte interno (Marino non è uno stupido, e mente sapendo compiaciutamente di mentire quando dice “libertà ti porse”), ma anche implacabile baluardo – sul piano esterno – contro la potenza ottomana che avrebbe forse cancellato le stesse libertà religiose e di opinione con ancor maggior vigore. Nemico e campione (malgré soi) della nostra Europa illuminista: un paradosso barocco che il Marino non poteva mettere in scena, d’accordo.
Però almeno una qualche acudeza capricciosa sul doppio fronte protestante / islamico poteva spenderla. Quindi, per questa volta, Pictura 1 / Poesis 0. Almeno fino al prossimo match marinista.