Una mostra, un clima

io-non-amo-la-naturaFULVIA GIACOSA.

Io non amo la natura. Pop Art italiana dalle collezioni della GAM-Torino” è il titolo della mostra in San Francesco a Cuneo (visitabile fino al 22 ottobre prossimo) che la Fondazione CRC, peraltro finanziatrice del prestigioso restauro dell’edificio, ha voluto offrire ai cuneesi in occasione del suo venticinquesimo anniversario. In essa sono presenti 50 opere della GAM di Torino, molte delle quali provenienti dal Museo Sperimentale voluto da Eugenio Battisti nel 1963 e formato da opere donate dagli artisti, poi inglobate nella galleria torinese nel 1965.

Curata dal vicedirettore della GAM, Riccardo Passoni, l’esposizione punta a testimoniare un clima di ricerche internazionali che si respirava negli anni sessanta in Italia, non soltanto legate alla Pop Art ma anche a fenomeni come l’Arte Povera e il Concettualismo che chiuderanno il decennio e saranno riconosciuti come il contributo fondamentale dell’Italia all’internazionalità artistica. Molti degli autori sono noti al grande pubblico; a questi se ne affiancano altri forse meno conosciuti ma proprio per questo interessanti per cogliere appieno quel periodo storico.

Per aiutare il lettore ad entrare nello spirito della mostra, credo sia utile ricordare alcune circostanze.
Già a partire dalla metà degli anni cinquanta (ancora invasi dall’Informale) si assiste a ricerche alternative: in Italia si moltiplicano gruppi che fanno capo a gallerie d’avanguardia, soprattutto a Roma e Torino.

Mario Schifano, che viene dall’ambiente romano dove frequenta il gruppo detto “Scuola di piazza del Popolo”, realizza in tempi precoci l’opera da cui la mostra prende il titolo (1954), un trittico che porta manoscritta la frase nel pannello centrale e testimonia la fascinazione per una civiltà urbana ed una “natura artificiale” che ha ormai sostituito quella “vera”; e se la natura scarseggia, ecco che ci pensa Gilardi ad inventarsi, circa dieci anni dopo, i tappeti natura (qui “Zuccaia” del 1966), soffici gommapiume coloratissime ed accoglienti che ribadiscono il tema con un’ironia graffiante alla Oldenburg.

Per tutti gli anni sessanta, con alcune anticipazioni nei tardi anni cinquanta, sono il panorama metropolitano e la realtà oggettuale ad entrare prepotentemente nell’arte più attenta ai profondi cambiamenti della società occidentale: in Francia nasce il Nouveau Réalisme (1960), mentore il critico Pierre Restany, con cui espone il nostro Mimmo Rotella; dal 1960 in Italia una “nuova figurazione” comprende artisti romani legati a gallerie come L’Attico e La Tartaruga (tra quelli in mostra Adami, Angeli, Ceroli, Fioroni, Kounellis, oltre al citato Schifano), mentre il contributo di Torino si deve all’intensa attività della galleria Sperone che espone artisti del New Dada e della Pop americana, stimolando l’ambiente della città e ospitando molti artisti presenti nella attuale mostra cuneese: Anselmo, Fabro, Gilardi, Pascali, Pistoletto, Zorio, vale a dire molti dei futuri protagonisti dell’Arte Povera.

La cronaca di quell’epoca dimostra quanto precoce sia stata la svolta della giovane arte italiana, attenta alle “mitologie quotidiane”. Non va dimenticato che l’esplosione e internazionalizzazione della corrente Pop targata USA avviene non prima del 1962/’63 (anno di una grande mostra al Guggenheim di New York, “Six Painters and the Object”) poi consacrata dalla Biennale veneziana del ’64, a fronte di ricerche pioneristiche fin dagli anni cinquanta iniziati da parte di Baj (in mostra con “Mobile” del 1962) e Rotella (con “Dalla Sicilia”, 1961, uno dei decollages iniziati già nel 1958, manifesti strappati e incollati su tela, consunti come quelli che vediamo sui muri delle città): artisti ai quali proprio quella Biennale dedicava una sala personale. Ma soprattutto tale cronaca servirebbe a testimoniare l’originalità delle ricerche italiane, pur rientranti nel fenomeno internazionale che per semplicità chiamiamo Pop e che il pubblico tende ad identificare con l’arte d’oltreoceano.

Certamente comuni sono l’immaginario massmediale e la realtà prosaica di oggetti quotidiani trasposti in termini pittorici. Il confronto diretto tra arte e società contemporanea mette in chiaro tanto il feticismo delle merci quanto la loro rapida obsolescenza. Certo i giovani artisti di quegli anni subiscono il fascino dell’America, sono disposti a farsi ammaliare da oggetti luccicanti (Moretti, “Macchina”, 1963) e dai “segni” urbani (Kounellis, “Z-3”, 1961; Schifano, “Indicazione grande”, 1962), dai miti televisivi (Fioroni, “La ragazza della televisione”,1964) e della musica ( Pino Pascali, “Omaggio a Billie Holiday (labbra rosse)”, 1966).

Tuttavia l’atteggiamento prevalente è quello di oltrepassare la pura constatazione e interpretare fatti epocali (Ceroli, “La grande Cina”, 1968); anche per questo temi comuni danno esiti meno compatti e già preludono a percorsi a venire.

D’altronde gli artisti raccolti nella presente esposizione cuneese appartengono alla generazione che ha vissuto il momento culminante della modernità ma anche il suo viale del tramonto, stadio finale di un decennio che essi non possono ignorare.

INFO. Ingresso gratuito. Orari: martedì, mercoledì, venerdì 15,30-18,30; giovedì 15,30-23; sabato visite guidate gratuite 16-18,30 (tel. 0171.634175); domenica, orario continuato dalle 11 alle 18,30.

Sito: museo@comune.cuneo.it.

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