Siena, città dei santi

siena

GIANCARLO BARONI

Piazza del Campo gareggia in bellezza con quelle di San Pietro e del Campidoglio, con piazza San Marco a Venezia e dei Miracoli a Pisa. Se ci chiedessimo quale fra queste preferiamo, faremmo fatica a scegliere. La sua forma ci ricorda quella di una conchiglia, dai suoi mattoni sembra nascere Venere.

Tappa fondamentale della via Francigena, Siena possiede uno dei primi ospedali per pellegrini, quello di Santa Maria della Scala, dove i viandanti trovavano accoglienza e ristoro prima di rimettersi in cammino. Il nome si riferisce a quella che la madre del Beato Sorore, mitico ideatore dello Spedale, vide in sogno prima che il figlio nascesse, oppure alla scalinata della Cattedrale che sorge di fronte all’ospizio.

Il rapporto fra Siena e Roma è contemporaneamente di emulazione e competizione. Uno dei simboli senesi è la lupa che allatta due gemelli. Secondo una leggenda la città fu fondata da Senio e Aschio, figli di Remo, che per timore di essere ammazzati come il loro padre dallo zio Romolo, fuggirono portando con sé la statua della lupa capitolina. Nel Medioevo (principalmente tra fine Duecento e prima metà del Trecento), la città risplende e si ammanta di arte e bellezza: perfino i registri contabili dell’ufficio comunale delle finanze sono rivestiti con tavolette lignee pitturate chiamate biccherne. Caterina da Siena, patrona degli italiani, contribuisce a convincere Gregorio XI ad interrompere il lungo esilio avignonese e a riportare, nel 1377,  la sede del pontefice a Roma.

Gli animali, fantastici e reali, occupano un ruolo di primo piano nell’immaginario e nella vita locali. Su ogni stemma delle diciassette contrade ne vediamo effigiato uno: lupa, aquila, bruco, chiocciola, civetta, drago, giraffa, istrice, leocorno, oca, pantera, rinoceronte, tartaruga, elefante, montone, delfino, conchiglia marina. I cavalli da corsa sono i protagonisti del Palio che si svolge in Piazza del Campo il 2 luglio e il 16 agosto.

Il culto mariano ha radici antiche. Prima della vittoriosa battaglia contro i fiorentini a Montaperti (1260) i senesi donano la città alla Vergine. Il 9 giugno 1311, una lunga e festosa processione accompagna fino dentro la cattedrale la “Maestà” di Duccio di Buoninsegna che viene collocata sull’altare maggiore. Circondata da un folto gruppo di angeli e santi, la Madonna in trono col Bambino risalta sulla faccia anteriore di questa enorme pala dipinta. Sulla pedana dove Maria appoggia piedi e vesti, in latino e con lettere dorate sta scritto: “Madre Santa di Dio, sii ragione di pace per Siena. Sii vita per Duccio, poiché ti dipinse così”. Pochi anni dopo Simone Martini (che raggiunge la corte papale di Avignone dove muore nel 1344) impreziosisce la Sala del Mappamondo con la sua “Maestà” parlante: “Diletti miei ponete nelle menti / che li devoti vostri preghi onesti / come vorrete voi farò contenti / ma se i potenti a’debilifien molesti / gravando loro o con vergogne o danni / le vostre oration non son per questi / ne per qualunque la mia terra inganni”.

I senesi aspiravano a innalzare la più imponente e monumentale cattedrale della cristianità; siccome non si accontentavano del Duomo esistente, dedicato all’Assunta, cominciarono a  costruirne uno “nuovo” di cui il precedente avrebbe costituito una parte: il transetto. Ci pensò la terribile peste del 1348 a ridimensionare ambizioni e progetti; a causa dell’epidemia morì anche Ambrogio Lorenzetti che qualche anno prima, sulle pareti della Sala dei Nove, aveva affrescato e celebrato gli effetti benèfici del Buongoverno in città e in campagna. Alla giustizia, indispensabile per il bene comune, l’affresco dedica questi versi: “Guardate quanti ben’ vengan da lei /  e come è dolce vita e riposata / quella della città du’ è servata”.

13 agosto 2017

maesta
La Maestà di Duccio di Buoninsegna

(9 giugno 1311)

Mentre viene portata
splendida e luminosa
enorme e colorata verso la Cattedrale
si forma una lunga processione;

prelati e frati dietro la Maestà
donne e bambini in coda. Si mischiano
ai rintocchi delle campane
canti lodi preghiere.

piazza

Nella mia piazza a forma di conchiglia

Ripassano riposano comprano le mie cose
curo, sono beni preziosi,
pellegrini infermi e facoltosi;

affari devozione
e buongoverno vanno di pari passo
presto denaro al papa

stimo gli imperatori. Vivono
nella mia piazza a forma di conchiglia
Venere e la Vergine Assunta.

Le fotografie sono di Giancarlo Baroni.
La poesia “Nella mia piazza a forma di conchiglia” è tratta dalla sezione “La città dei santi” della raccolta “Le anime di Marco Polo”, Book editore.

Uscito su Pioggia Obliqua, Scritture d’arte.