Xeno, il romanzo che non ti aspetti

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GABRIELLA  MONGARDI.

La contrapposizione, l’incomunicabilità tra la cultura umanistica e scientifica che lamentava Charles Snow, nel suo celebre Le due culture, è completamente superata in questo romanzo  (fanta)scientifico. E geografico. E apocalittico. E poetico.

La radice prima della sua originalità – che lo rende difficilmente classificabile – è proprio nella formazione scientifica dell’autore, un fisico teorico con la passione della scrittura, della montagna, di Leopardi.

Un fisico non può che scrivere da scienziato: perciò il romanzo ha la struttura cristallina di un saggio, con capitoli e sottocapitoli dotati di titoli, che prendono per mano il lettore e lo aiutano a orientarsi nello spazio della storia.

E di spazio ce n’è tanto, in questo romanzo “geografico” e “mondializzato”, i cui due protagonisti umani, veri cittadini del mondo, si spostano dall’Italia e dall’Irlanda agli USA e alle pendici dell’Everest, dove li porta il loro destino di ricercatori – ma alla fine ritornano in Italia, nel paesino di montagna  dove hanno scelto di mettere radici…

In realtà è la montagna, insieme con lo xeno, la vera protagonista dell’opera: sono due emblemi della Natura leopardianamente intesa, con il volto mezzo tra bello e terribile, matrigna e non madre.

La montagna è presente nella maggior parte dei capitoli, ora appena disegnata all’orizzonte come nei capitoli californiani, ora come presenza incombente e minacciosa, quando siamo nell’Himalaya, di fronte alla “disumanità” di Lhotse e Everest, ora nelle vesti più familiari delle Alpi Orientali e delle Dolomiti – ma sempre conserva qualcosa di inquietante ed enigmatico, che rende dolorosa la sua esaltante bellezza.

L’importanza narrativa dello xeno, uno dei gas rari, è annunciata fin dal titolo e dalla scheda segnaletica a lui dedicata: l’ipotesi che muove la trama è di una verosimiglianza tale da risultare non fantascientifica, ma sic et simpliciter scientifica o – come suggerisce la “nota dell’autore” – fittizia, ma non impossibile. Perciò è inutile che gli umani si affannino, o peggio ancora si colpevolizzino: non dipende da loro il destino dell’universo, l’apocalisse è scritta nelle leggi di natura, è solo questione di tempo. Il romanzo “mette in scena” questa paura profonda  dell’uomo e la esorcizza con la forza di una scrittura che sconfina nell’utopia, immaginando un’umanità capace di accettare serenamente l’inevitabile che tutti affratella…

Nei capitoli finali il romanzo raggiunge i vertici più alti, si fa struggente e toccante come una poesia, ma congeda il lettore riportandolo in atmosfere più respirabili (è il caso di dirlo!), nella pianura di una quotidianità forse di nuovo possibile…

Miracolo di una mente che non indietreggia di fronte alla conoscenza, non cerca scorciatoie irrazionali, e con tenera ironia trova nella parola e nel racconto – l’unica magia di cui l’uomo dispone – il risarcimento al comune destino.

SILVANO GREGOLI, Xeno, Mursia, Milano 2010