Viaggiare con la musica in Europa

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GABRIELLA MONGARDI.

Il primo concerto dei “Giovani dell’Academia” di questa stagione 2016-2017, ‘costruito’ dalla violinista Oliva Centurioni, ha presentato un programma di respiro europeo, seguendo il viaggio di Antonio Caldara “musico di violoncello veneto” presso le corti europee del primo Settecento – a Roma, Vienna e Dresda.

Com’era abituale all’epoca, i musicisti si spostavano sia per apprendere (è il caso di Caldara a Roma), sia per insegnare a loro volta: il compositore veneziano sintetizzò nel proprio stile la tradizione veneziana madrigalistica e concertante di Monteverdi, il melodismo appassionato di Alessandro Scarlatti e della scuola napoletana, lo strumentismo dei bolognesi e di Corelli (conosciuti a Roma), e a sua volta, nei suoi soggiorni oltralpe, influenzò Bach e Telemann, oltre a contribuire a far maturare i presupposti del classicismo viennese.

Il concerto era articolato in tre sezioni, una per ciascuna tappa: ogni sezione proponeva in apertura un brano di musica sacra di Caldara, seguito da brani di musicisti che Caldara aveva conosciuto presso quelle corti: Legrenzi, Scarlatti e Castrucci a Roma; Fux e Porsile a Vienna; Zelenka a Dresda.

Nella prima Sinfonia eseguita, Caldara dispiega una scrittura intensamente dialogica, vibrante di delicata tenerezza, nitida e raffinata; ondivaga e interrogativa la Sinfonia viennese; severamente contrappuntistica la Sinfonia composta a Dresda, degna di una “Passione” di Bach.
Altrettanto bachiane sia la meditativa “Fugazza” di Legrenzi, maestro di Caldara a Roma, sia l’Ouverture di Fux, massiccia e marziale.
Tutt’altra atmosfera si respira nella sinfonia di Porsile, noto e apprezzato esponente della Scuola musicale napoletana: traboccante di energia vitale, ora tumultuosa e scanzonata, ora allusiva e ammiccante. Anche Alessandro Scarlatti, prima di trasferirsi a Roma, ha trovato nella fioritura culturale e artistica della Napoli del primo Settecento le condizioni ideali per un compositore: la sua Sinfonia ha un’indubbia dimensione teatrale, il tessuto musicale è ricco di chiaroscuri, di tensioni, quando non intimamente contraddittorio.
Altrettanto teatrale il concerto grosso di Carlo Castrucci, allievo di Corelli: il dialogo tra il tutti e il concertino ha una scansione geometrica, esaltata dalla dislocazione di due violini e una viola nello spazio della vecchia sacrestia, con un misterioso effetto d’eco.
Decisamente insolito il brano conclusivo, l’Hipocondria di Zelenka a sette concertanti, in cui di nuovo si apprezza particolarmente la dimensione ‘geometrica’ della musica.

Ma soprattutto del concerto si è apprezzato il piacere di veder suonare, con stile, eleganza e grande maestria un gruppo di valenti musicisti, che nel giro di pochi giorni hanno saputo costituire una vera orchestra, affiatata, precisa, professionale.