Sulla poesia

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FRANCO RUSSO.

Raramente l’UNESCO si distingue per  essere un luogo di condivisione. Infatti, pur essendo nato, come emanazione dell’ONU, nel 1945 con lo scopo di valorizzare l’educazione, la scienza e la cultura, nei suoi settant’anni di vita ha visto soprattutto divisioni, liti, paesi che uscivano e poi rientravano, valorizzazione di dittature e dispetti vari e reciproci. Nel 1999 ha avuto una folgorazione: perché non istituire, il 21 marzo di ogni anno, primo giorno di primavera, la giornata della poesia? Di per sé la cosa poteva anche avere una sua coerenza con i compiti istituzionali se non fosse che la motivazione ufficiale è da brividi: “riconosce all’espressione poetica un ruolo privilegiato nella promozione del dialogo e della comprensione interculturali, della diversità linguistica e culturale, della comunicazione e della pace”. Non dice, ma è sottinteso, che la poesia, come il congiuntivo, può essere consumata tranquillamente perché non contiene olio di palma. E, allora, il 21 marzo celebreremo la giornata della poesia. E brinderemo al dialogo interculturale, alla forza della comunicazione e, naturalmente, alla pace. Eviteremo di dire, semplicemente, che la poesia celebra la bellezza, l’intelligenza, la musicalità, il silenzio, le emozioni, l’umanità. E già questo mi manda in bestia perché si tenta di spacciare per poesia quello che poesia non è. Ma, più ancora,  mi riempie di tristezza. Per la poesia, perché ne decreta la marginalità. Tutte le categorie, le professioni, gli esseri che hanno una giornata del, dei, della, delle, al di là di intenzioni qualche volta nobili, in realtà gridano la loro emarginazione. Così le mamme, i papà, le donne, i risparmiatori, gli alberi dichiarano al resto del mondo: maltrattami e calpestami per 364 giorni all’anno ma oggi no; regalami un fiore, un libro di poesie che non leggerò, un cioccolatino, una improbabile acqua di colonia, metti un soldino nel salvadanaio, pianta un albero. Ci è cascata anche la poesia. Così si festeggiano a vicenda poeti che non hanno mai letto i Poeti, ma scrivono poesie. E pubblicano, spesso a loro spese,  libri di poesie che leggerà solo la loro mamma.

Ma, per fortuna:
“ Muor Giove, e l’inno dei poeti resta” – Carducci
“La poesia è la ragione messa in musica” – De Sanctis
“La vera poesia può comunicare prima di essere capita” – Eliot
“La poesia è un modo di prendere la vita alla gola” – Frost
“Poesia è malattia” – Kafka
“Il ricordo è poesia, e la poesia non è se non ricordo” – Pascoli

E, quindi la Poesia, fortunatamente, sopravviverà al 21 marzo ed all’UNESCO.

Chiudo condividendo, in toto, Marcello Veneziani che ha scritto: in paradiso chi legge poesie, in purgatorio chi le scrive, all’inferno chi le pubblica. Che dire di più?