L’incredibile storia del profeta Mansur

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Trentaduesima puntata - Mansur illuminato, Mansur illuminista

FRANCESCO PICCO

1.       Non c’è che un Dio solo. Bisogna adorarlo in spirito e verità, poiché ogni culto esteriore Lo offende;

2.       Dio è uno e indivisibile. Nessuno osi dire che l’Uno sia tre;

3.       Gesù il Messia era un uomo santo e giusto, un grande Profeta mandato dall’unico Dio…

Questa era pressappoco la traduzione che Viktor stava facendo dentro di sé. Una traduzione simultanea e spesso approssimativa degli articoli di fede che l’araldo stava leggendo in arabo ai soldati di Mansur. La traduzione continuò per altri ventuno articoli, finché il vecchio imam circasso che faceva da araldo non lesse

4.          Bisogna amare l’unico Dio sopra ogni cosa e il prossimo molteplice come l’unico se stesso.

L’unico, il molteplice, l’uno, i tre… Mansur era sempre stato ossessionato dalla matematica, già quando era Giovanni Battista Boetti,  frate e medico. Ma ora l’ossessione era diventata struttura espositiva, rivelazione testuale, magia legislativa. Viktor rabbrividì nell’udire il grido di assenso, quasi un boato, che la folla dei soldati presenti emise. Il boato era esploso non appena il vecchio circasso ebbe terminato la sua declamazione in arabo. Non rabbrividì più Viktor, quando vide i 24 articoli di fede stampati. Li vide stampati in arabo e in turco e in persiano, ma anche in armeno e in ebraico. E non rabbrividì più nemmeno quando  li vide affissi a ogni angolo della città di Akeska. Lì intorno le truppe del Mansur avevano posto il loro accampamento. La città era interamente soggiogata dal Profeta e dalle sue milizie. E adesso anche dai suoi manifesti religiosi.

Viktor si ritirò in disparte,  in un angolo della città vecchia nascosto come una gemma preziosa. Uno scrigno di solitudine e libertà, uno piazza piccola e linda con una fontana al centro. Intorno alla fontana giocavano sempre alcuni bambini mezzi nudi sporchi come cani. Ignoravano Viktor, che andava a sedersi sul bordo della vasca di pietra per pensare in silenzio. La grida dei piccoli non lo infastidivano, anzi lo aiutavano a pensare – come gli stridi degli uccelli che affollavano i rami delle quattro palme piantate ai lati della vasca con l’acqua.

Pensava che ormai era finita. Mansur aveva oltrepassato ogni limite. E l’aveva fatto non perché fosse un fanatico religioso, al contrario: Viktor ormai aveva capito bene che cosa fosse il suo compagno profeta. Un illuminista, un sensista, uno scienziato. Tutti quei viaggi, quelle metamorfosi, quei cambi di nome e di veste, erano in fondo soltanto un inganno. Lui era rimasto sempre il dottor Giovanni Battista Boetti, formatosi alla scuola razionalista e metodologicamente ineccepibile delle facoltà torinesi di Medicina e Scienze. E questa consapevolezza gettò Viktor in una serena disperazione. Serena, poiché sapeva che il suo Profeta, il suo Padrone, il suo Amico era esattamente come lui, la pensavano ancora e sempre (e più che mai) nello stesso modo. Ma disperazione era: perché uno scienziato che gioca con la religione e la politica sta scherzando con il fuoco, e non ha le mani abbastanza callose per saper reggere in mano la fiamma.  Ora Mansur aveva superato il confine al di là del quale non c’era ritorno possibile. Non era il confine della Georgia: era il confine fra il capo religioso e il riformatore religioso, anzi il fondatore di religioni.

Mi son pa gnun fondator, mi i son mach un fonditor diceva il Mansur per schermirsi – ma invano. Forse lui davvero non si sentiva un fondatore, ma solo un fonditore di religioni – come diceva. Fatto sta che qualcosa di assolutamente nuovo era nato, e lui stesso sembrava esserne ben consapevole ogni volta che si accaniva a punire chi venisse sorpreso a rispettare il Ramadan, o la Quaresima, o il Kippur. Dio – scandiva il Profeta -non vuol essere contaminato dai suoi fedeli con l’osservanza di periodi di digiuno falsamente imposti. Ma a che scopo proclamare una simile dottrina negativa, se non per obbedire ai suggerimenti dei libri di fisiologia umana studiati sui banchi a Medicina e Scienze? Viktor aveva capito – tardi, ma sempre prima di ogni altro – che in realtà il Mansur era un igienista globale, un conquistatore di territorio a maggior lode e gloria della scienza illuminista: il suo aspetto esterno e l’involucro linguistico della sua dottrina, però, davano di lui e delle sue idee un’immagine del tutto diversa, se non opposta. E la chiudevano nella trappola in cui lui si era consapevolmente infilato: la scomoda, superba, pericolosa condizione di suprema guida religiosa.

(Continua)

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Illustrazione di Franco Blandino