Mille e una versione delle Notti Arabe

Ghigliano4

SILVIA PIO

Aladino, Ali Baba, Sherazad e Sindbad il Marinaio fanno parte dell’immaginario collettivo occidentale e sono quasi diventati bagaglio del nostro folklore. Tutti sappiamo la loro origine: Le mille e una notte, opera che in inglese è anche conosciuta come Le notti arabe (in arabo: ألف ليلة وليلة‎, Alf layla wa layla; in persiano هزار و یک شب‎, Hezār-o yek šab), una raccolta di storie mediorientali e indiane di data e autori incerti.
La cornice delle storie è anch’essa conosciutissima: nell’Asia centrale o nelle “isole o penisole dell’India e della Cina” il re Shahryar scopre che durante le sue assenze la moglie lo tradisce; allora la uccide e con lei gli uomini che ha frequentato. Ormai odia tutto il genere femminile e decide di prendere una sposa al giorno e ucciderla il mattino seguente, finché non si trovano più candidate. Sherazad, la figlia maggiore del suo visir, studia un piano per salvare se stessa e le altre possibili mogli, e insiste che il padre la dia in sposa al re. Ogni sera gli racconta una storia senza terminarla, promettendo che lo farà la notte seguente. Questo va avanti per mille e una notte. Le storie sono tanto intriganti che il re, desideroso di ascoltarne la fine, rimanda l’esecuzione di Sherazad di giorno in giorno finché non si convince della fedeltà della moglie.

Il primo riferimento conosciuto alle Notti è un frammento del IX secolo, citato nel 947 da al-Masʿūdī, storico e viaggiatore conosciuto come “l’Erodoto degli Arabi”. Ma l’opera è stata raccolta attraverso numerosi secoli da vari autori, traduttori e studiosi sia nell’Asia orientale, centrale e meridionale che in nord Africa. Le storie hanno radici nella letteratura medievale e nel folklore arabi, persiani, mesopotamici, indiani, ebraici ed egiziani. Molte appartenevano in origine alla tradizione popolare mentre altre, in modo particolare quella della cornice, derivano dall’opera persiana Pahlavi Hazār Afsān (Le mille storie) risalente ai secoli VI-VII, che a sua volta si basava in parte su elementi dell’India.
L’espressione “mille storie” e “mille e una…” stavano ad indicare semplicemente un grande numero e furono intese letteralmente solo più tardi, quando vennero aggiunte storie alla raccolta per arrivare a quel numero. Il titolo inglese Arabian Nights deriva dalla prima edizione in quella lingua del 1706, traduzione dell’opera di Galland (si veda in seguito), che si chiamava The Arabian Nights’ Entertainment, L’intrattenimento delle notti arabe.

I numerosi strati dell’opera, incluso uno che ha avuto origine a Baghdad e un altro, più corposo e tardo, scritto in Egitto, vennero distinti nel 1887 da August Müller. Alla metà del XX secolo erano state identificate sei forme successive: due traduzioni arabe dell’VIII secolo dell’opera persiana Hazār afsāna, chiamate Alf khurafah e Alf laylah; una versione del IX secolo basata Alf laylah ma contenente altre storie; l’opera del X secolo di al-Jahshiyārī; una raccolta del XII secolo che includeva storie egiziane; e la versione compiuta finale del XVI secolo e consistente in material più antichi con l’aggiunta di storie islamiche del movimento che si opponeva alle Crociate e racconti portati in Medio Oriente dai Mongoli. La maggioranza delle storie famose in Occidente, in primo luogo quelle di Aladino, Ali Baba e Sindbad sono aggiunte molto più recenti al corpus originale.

galland

La prima traduzione europea delle Notti, che fu anche la prima edizione pubblicata, venne realizzata da Antoine Galland (1646-1715) col titolo Les Mille et Une Nuits, contes arabes traduits en français, 12 voll. (voll. 1–10, 1704–‘12; voll. 11 and 12, 1717). La traduzione francese derivava da una versione siriana in arabo dell’opera medievale, arricchita con storie da altre fonti, soprattutto quella orale, basate su un manoscritto in tre o quattro volumi dei secoli XIV e XV. Tre di questi volumi sono conservati nella Libreria nazionale francese a Parigi.
La traduzione di Galland alterò lo stile, il tono e il contenuto del testo arabo. Era stata pensata per allettare e a questo scopo mancava di alcuni elementi oscuri o sofisticati, sottolineando gli aspetti esotici e magici e diventando la base delle versioni per l’infanzia. Le mille e una notte di Galland rimase la versione principale fino alla metà del XIX secolo e alcune delle sue parti vennero addirittura ritradotte in arabo.
Il testo arabo venne pubblicato per la prima volta integralmente a cura della Compagnia britannica delle Indie orientali nelle versioni chiamate Calcutta (la prima nel 1814 e la seconda nel 1839-’42). La fonte della maggioranza delle traduzioni più tarde, tuttavia, fu la cosiddetta versione vulgata, una versione egiziana pubblicata presso Bulaq, Cairo, nel 1835 e ristampata più volte.

Intanto uscivano in francese ed inglese versioni, continuazioni o edizioni basate sulla traduzione di Galland, che aggiungevano storie da fonti orali e manoscritte, raccolte, insieme ad altre, nell’edizione Breslau in 5 voll. (1825–43) di Maximilian Habicht. Seguirono traduzioni del testo Bulaq che variavano in completezza ed accuratezza. Tra le più conosciute traduzioni inglesi c’è quella di Sir Richard Burton (1), esploratore ed arabista britannico, che si basò sulla traduzione completa in inglese, poco conosciuta, di John Payne intitolata The Book of the Thousand Nights and One Night. Il titolo dei 16 volumi dell’opera di Burton è The Thousand Nights and a Night (2) (10 voll. 1885; 6 voll. supplementari 1886–‘88). Le traduzioni di Payne e di Burton erano le uniche integrali e non censurate uscite in inglese negli anni 80 del XIX secolo (3). Burton realizzò uno studio speciale dell’immaginario sessuale delle fonti (corredando la sua opera di note e appendici sui costumi sessuali “orientali”); viste le leggi vittoriane in materia di oscenità, la sua e la traduzione di Payne vennero stampate in proprio e vendute solo a chi le richiedeva. I 16 volumi di Burton ebbero un successo enorme e furono ammirati da figure prominenti, però vennero anche criticati per il linguaggio arcaico e stravagante, e la concentrazione ossessiva sugli aspetti sessuali; infine sono sempre stati considerati una riscrittura e manipolazione molto personale del testo originale.

Burton

Numerose altre traduzioni apparvero in francese, inglese, tedesco, italiano, russo, spagnolo, principalmente basate su quella di Galland. Nel XX secolo vennero prodotte anche traduzioni in cinese, giapponese ed ebraico.
Alla fine del secolo scorso Muhsin Mahdi (1926 –2007), islamista ed arabista iracheno-americano, considerato un’autorità a proposito di storia, filologia e filosofia arabe, scrisse la prima edizione critica de Le mille e una notte, basata sui primi manoscritti esistenti, in origine pubblicata in tre volumi (1984-1994) e più volte ristampata. Molte versioni attuali sono basate su questa opera, inclusa la traduzione italiana a cura di Roberta Denaro e Mario Casari, recentemente pubblicata da Donzelli, dalla quale abbiamo preso le meravigliose illustrazioni di questo articolo, realizzate dall’illustratrice monregalese Cinzia Ghigliano.
Un’altra traduzione italiana accurata è quella dall’arabista Francesco Gabrieli (pubblicata da Einaudi nel 1948) che si avvalse dell’apporto di Umberto Rizzitano, Costantino Pansera e Virginia Vacca. Ancora in commercio si trovano i quattro volumi editi da Alberto Marotta a Napoli nel 1956, con la traduzione di Giovanni Haussmann (volumi I e II) e di Mario Visetti (volumi III e IV) (4).
Una traduzione ricca di annotazioni è quella in francese di René Rizqallah Khawam, a partire da manoscritti originali del XIII secolo, pubblicata nel 1986 e a sua volta tradotta in italiano da Gioia Angiolillo Zannino e Basilio Luoni (5).

Mahdi

Le mille e una versioni e traduzioni dell’opera, le dispute sull’autenticità e sull’origine delle fonti, lasciano intatto il fascino di queste storie che da più di mille e un anno intrattengono ascoltatori e lettori, soprattutto quelli occidentali che da trecento anni seguono i racconti di Sherazad, attraverso opere che (e qui cito uno dei primi traduttori inglesi, John Payne (6)) hanno trapiantato nei giardini europei il fiore magico dell’immaginazione orientale.

(I disegni sono di Cinzia Ghigliano)

donzelli

1)      Di Burton parla anche Borges in Storia dell’eternità, dove analizza le traduzioni de Le mille e una notte.

2)      L’opera di Burton rimase l’unica traduzione completa dell’edizione Calcutta II fino alla traduzione di Malcolm C. e Ursula Lyons del 2008.

3)      I dieci volumi di Burton vennero pubblicati quasi immediatamente dopo la pubblicazione dell’opera di Payne (con un titolo solo leggermente diverso). Questo diede luogo ad accuse di plagio.

4)      Dalla traduzione russa condotta dagli arabisti M. A. Sallier e I. Kratchkovsky sull’edizione di Calcutta del 1839-1841 e pubblicata dal 1932 al 1939 nelle edizioni dell’Accademia sovietica delle scienze di Leningrado. Nella nota bibliografica della traduzione edita da Marotta le traduzioni italiane precedenti a essa sono numerosissime, ma sarebbero tutte più o meno incomplete o condotte praticamente sulla traduzione settecentesca di Antoine Galland. Questa affermazione non risponde al vero, dal momento che proprio la versione curata da F. Gabrieli è stata condotta su manoscritti arabi.

5)      Si ricordano inoltre le anonime traduzioni apparse nelle seguenti edizioni: Ferraris, 1852; Perelli, 1862; De Angelis, 1864; Lubrano, 1864 (terza edizione); Pagnoni, 1872; Carrara, 1881; Chiurazzi, 1884; Tommasi e Checchi, 1888; Bietti, 1893; Salani, 1893 (a cura di Armand Dominicis); Soc. Ed. Milanese, 1908 (traduzione integrale dal Galland); Nerbini, 1909; Istituto Editoriale Italiano, 1914; Nugoli, 1921-25; Sandron, 1922; Salani, 1924-28 (riveduta sul testo arabo da Francesco D’Arbela); Istituto di Arti Grafiche, 1924 (a cura di Arturo Jahn Rusconi); Bolla 1928; UTET, 1928 (a cura di Angelo Maria Pizzagalli); Genio, 1933 (riduzione di Lilli Ferrari Accama); Hoepli, 1944 (riduzione di Teresita e Flora Oddone); Einaudi, 1948.

6)      John Payne, The Book of the Thousand and One Night: its History and Character, 1884, http://www.wilbourhall.org/pdfs/thousandandonenights/payne/bookthousandnig00payngoog.pdf, la citazione è riferita all’opera di Galland, di cui Payne fa una critica dettagliata.

Alcune delle fonti:
http://www.encyclopedia.com/arts/culture-magazines/arabian-nights-frame-tale
https://www.britannica.com/topic/The-Thousand-and-One-Nights
https://en.wikipedia.org/wiki/One_Thousand_and_One_Nights
https://it.wikipedia.org/wiki/Le_mille_e_una_notte
http://www.wilbourhall.org/pdfs/thousandandonenights/payne/bookthousandnig00payngoog.pdf