Contro tutte le lebbre

SILVIA PIO (a cura)

Oggi si tiene la 64a Giornata Mondiale dei Malati di Lebbra (GML). Si svolge ininterrottamente dal 1954 nell’ultima domenica di gennaio per volontà di Raoul Follereau, per mobilitare le coscienze e gli aiuti per sconfiggere la lebbra nel mondo. In Italia è promossa dall’AIFO – Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau.

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La lebbra

È una malattia che molti pensano sia stata eradicata ma che colpisce ancora oggi una persona ogni due minuti nel mondo. Malattia antica e complessa, causata da un micobatterio, colpisce la pelle e i nervi periferici in vari modi e gradi, anche molto invalidanti.

Si pensa che abbia avuto origine in India o in Africa ed è citata nell’Antico Testamento, anche se probabilmente non è la stessa malattia che noi conosciamo.

Nei Veda indiani (inizio del XV secolo a.C.), sono riportate istruzioni per la prevenzione della lebbra. Intorno al 400 a.C. la lebbra fece la sua comparsa in Cina. Negli scritti di Ippocrate (IV secolo a.C.) non c’è menzione di quadri clinici riconducibili alla lebbra; la malattia probabilmente è stata portata in Europa dai soldati di Alessandro il Grande di ritorno dall’India (326 a.C.). Il reperto più remoto di resti umani con segni indubbi di lebbra risale al VI secolo (due mummie copte dell’Alto Egitto). La prima descrizione completa di una malattia che corrisponda alla nostra nozione di lebbra viene dall’India e risale al VII secolo dell’era cristiana.

Nel XIII secolo si ebbe la maggiore diffusione della lebbra in Europa, dove diventò endemica. Nel Medioevo i lebbrosi erano considerati impuri dalla Chiesa cattolica e dalla società, pertanto erano costretti a vivere al di fuori delle città, nei lebbrosari. Il loro aspetto era tale da renderli oggetto di vere e proprie persecuzioni, reclusioni nelle loro abitazioni ma anche esecuzioni sul rogo. Emblematica la persecuzione francese del 1321 autorizzata direttamente dal Re Filippo V con l’editto di Poitiers.

L’endemia di lebbra in Europa si ridusse dal XV secolo. Nel XVI secolo, venne esportata nell’America Latina, prima dai conquistatori spagnoli e portoghesi, poi dagli schiavi africani. Fino al XIX secolo si è creduto che la lebbra fosse una malattia ereditaria e dai più era considerata una punizione divina. In seguito venne descritta e studiata da medici e scienziati.

Nel 1873 il medico norvegese Gerhard Hansen (Bergen 1841-1912) ne dimostrò l’eziologia batterica, evidenziando la presenza di bacilli in un nodulo cutaneo di un lebbroso. Il Mycobacterium leprae o bacillo di Hansen (BH) fu il primo batterio descritto come patogeno per l’uomo, una decina d’anni prima delle scoperte del medico tedesco Robert Koch (Clausthal, Hannover, 1843 – Baden-Baden 1910) relative al del bacillo della tubercolosi (1882).

Infatti ci si riferisce oggi alla malattia come “morbo di Hansen” o “Hanseniasi” per evitare il marchio di infamia che la parola “lebbra” ancora reca con sé nell’opinione comune.

Nel 1919 il medico giapponese Mitsuda descrisse l’intradermoreazione alla lepromina. Nel 1959 Piero Sensi, ricercatore della Lepetit, scoprì le rifamicine e da queste nel 1969 sviluppò la rifampicina, antibiotico attivo contro le micobatteriosi.

L’esatto meccanismo di trasmissione non è ancora del tutto chiaro. Il bacillo è stato trovato in molte varietà di insetti ma non è mai stata dimostrata la trasmissione vettoriale. Il bacillo viene certamente trasmesso attraverso un contatto stretto e prolungato con pazienti bacilliferi non trattati, che eliminano bacilli dalle mucose delle vie respiratorie superiori. Già dopo la prima dose di rifampicina la carica infettante viene ridotta del 99,99%, sicché i pazienti trattati non sono contagiosi.

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La dimensione attuale del problema

La lebbra è ancora oggi un problema sanitario importante in vari paesi dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina, dove persistono condizioni socio economiche precarie che ne favoriscono la trasmissione. La malattia rimane endemica in Africa, nel Sud-Est asiatico e nella maggior parte dei paesi del Mediterraneo orientale. Nelle Americhe, la lebbra autoctona si trova in tutti i Paesi ad eccezione del Canada, Cile e varie isole dei Caraibi. Nel Pacifico Occidentale, la malattia persiste nella maggior parte dei paesi, ad eccezione della Nuova Zelanda e di alcune piccole nazioni insulari.

Secondo dati pubblicati dall’OMS nel settembre 2016, le persone colpite nel 2015 sono state 210.758. I paesi con il maggior numero di persone diagnosticate sono l’India (127.326), seguita dal Brasile (26.395) e dall’Indonesia (17.202), la cui somma corrisponde all’81% del totale mondiale. Altri paesi con un numero di persone colpite superiore a 1.000 sono: Bangladesh, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Filippine, Madagascar, Myanmar, Mozambico, Nepal, Nigeria, Sri Lanka, Tanzania.
Il numero annuale, dopo un calo importante avvenuto nei primi sei anni di questo secolo, si mantiene più o meno stabile, con cambiamenti collegati per lo più a fattori operativi. L’evoluzione suggerisce che il calo improvviso non è dovuto ad una diminuzione reale della trasmissione della malattia, ma piuttosto ad una riduzione delle capacità dei programmi di controllo dei paesi endemici di identificare le persone affette.
Per stimare l’importanza, dal punto di vista sanitario, di una malattia come la lebbra, oltre al numero annuale delle persone diagnosticate, è utilizzato universalmente un altro indicatore: il numero di persone registrate per il trattamento. A questo proposito l’OMS indica che la malattia non è più un problema di salute pubblica quando il valore di tale indicatore è inferiore a un caso ogni diecimila abitanti (<1/10.000 ab.). Molti dei paesi endemici hanno raggiunto tale obiettivo, ma ciò ha causato un abbassamento delle azioni di controllo.

Questa situazione ha portato alla diminuzione dei servizi e del personale adeguatamente formato nel trattamento; ad elevati indici di disabilità tra le persone diagnosticate a causa della diagnosi tardiva; alla riduzione delle attività di controllo dei contatti, con un probabile aumento delle possibilità di contagio e trasmissione della malattia; alla raccolta dei dati insufficiente e non adeguata.

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Il controllo della malattia secondo AIFO

Chiaramente, da quando si dispongono farmaci efficaci, la strategia principale per il controllo della malattia si basa sulla diagnosi precoce e il trattamento, ma nella storia della lebbra un punto è chiaro: affinché si ottengano effetti duraturi è necessario un miglioramento socio-economico della popolazione.

Ancora oggi, a causa delle difficoltà di accesso e alla scarsa qualità dei servizi di trattamento, la diagnosi spesso avviene tardivamente e in molti casi la persona colpita dalla malattia si presenta con disabilità fisiche irreversibili. Secondo le stime dell’OMS, nel mondo vi sono più tre milioni di persone con disabilità gravi causate dalla lebbra, che richiedono cure quotidiane. Le disabilità, oltre a determinare un importante carico sanitario a lungo termine, tendono a perpetuare il preconcetto e lo stigma e molte persone, dopo il trattamento, permangono isolate, segregate, senza lavoro e senza possibilità di reinserimento sociale.

Questa situazione dimostra che gli obiettivi dei piani di controllo della lebbra nei paesi endemici non possono più essere focalizzati unicamente sulla diagnosi e il trattamento dei casi. Per combattere la malattia diventa necessario promuovere un approccio multisettoriale che includa: riabilitazione fisica delle persone con disabilità, educazione sanitaria e informazione per la popolazione in generale, riabilitazione socio economica in favore delle persone colpite dalla malattia e dei loro famigliari. In pratica, le attività di informazione/educazione e quelle di riabilitazione fisica e socio economica devono essere contemplate, promosse e gestite nell’ambito dei programmi sanitari. In questo modo, il controllo della lebbra per AIFO non ha più solo una dimensione sanitaria, ma diventa espressione di un lavoro che intende difendere e promuovere i diritti delle persone colpite dalla malattia, rivitalizzandone la dignità, all’interno delle comunità dove vivono. È ciò che viene chiamato dall’AIFO “sviluppo inclusivo su base comunitaria”.

Per informazioni sui Progetti AIFO si veda qui:http://www.aifo.it/progetti-nel-mondo

Raoul Follereau

Giornalista francese (Nevers 1903- Parigi 1977), nel 1936 viene inviato in Africa dove incontra per la prima volta i malati di lebbra. Scopre, attraverso di loro, il mondo della povertà e del pregiudizio sociale nei confronti della lebbra che condanna i malati alla solitudine e all’emarginazione. Da quel momento dedica la sua vita alla lotta contro la lebbra e contro tutte “le lebbre”. Compie 32 volte il giro del mondo, lavorando senza sosta per migliorare la qualità della vita delle persone colpite dalla malattia.
Raoul Follereau ha ispirato l’AIFO e molte altre associazioni Follereau, soprattutto in Europa e Africa. La sua figura è tutt’oggi fortemente attuale, come rileva anche Raffaele Masto nella postfazione dell’ultimo libro su Follereau edito in Italia nel 2010: «Ha trasformato la sua battaglia – vincente – a favore di una categoria di ammalati in un appello costante a rivoluzionare i criteri su cui poggia la nostra vita … mantenne sempre inscindibilmente legate l’azione, la spinta ideale e, non ultimo, la ricerca delle cause dell’ingiustizia e la denuncia delle stesse… ebbe sempre l’accortezza di non parlare solo della malattia in sé, ma delle ‘lebbre’, quindi dell’ingiustizia, della povertà, della distribuzione diseguale delle ricchezze, del sistema appunto.»
Per una biografia completa si ved qui: http://www.aifo.it/scopri-aifo/raoul-follereau/articolo/biografia

Fonte: www.aifo.it

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