Umberto Veronesi, il volto umano della scienza

(Wikimedia Commons)

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DAVIDE LAI.

Scrivere di un Grande della medicina com’è stato il prof. Umberto Veronesi non è facile.

Veronesi non era solo uno scienziato, ma era un “Uomo” al servizio della scienza e la dimensione umana, nella tecnocrazia che domina i tempi di oggi, si rivela un tesoro di inestimabile valore, poiché, se l’uomo che si fa scienziato imprime una spinta al progresso tecnico, è lo scienziato che si fa uomo che contribuisce al progresso spirituale e umano.

Fattosi “cittadino” con le proprie forze, da ragazzino dei sobborghi di Milano quale era, si laurea in Medicina e Chirurgia all’Università Statale di Milano nel 1952, ed è proprio l’amore per la medicina e per il sapere che lo porterà ad entrare nell’Istituto Nazionale dei Tumori, anni dopo, come volontario: ne diventerà Direttore Generale nel 1975.

Nel 1969 espone a Ginevra la sua ricerca sulla quadrantectomia, intervento che limita l’asportazione al quadrante mammellare sotto cui c’è il nodulo tumorale: era la fine del dogma della mastectomia: Veronesi, giovane ed italiano, viene considerato “pazzo” da buona parte della comunità scientifica. In realtà, il Professore era proprio tutto, tranne che pazzo: le sue ricerche sul carcinoma della mammella sono oggi un pezzo di storia della medicina, che al tempo uscivano completamente fuori dall’ortodossia medica.

Il 17 ottobre 2002 il New England Journal of Medicine pubblica una ricerca, la quale conferma che la sopravvivenza delle donne sottoposte a quadrantectomia corrisponde a quella di coloro cui è stata asportata la mammella intera; in quell’occasione, Veronesi, invece che prendersi la rivincita contro coloro che nel 1969 l’avevano sbeffeggiato, scandisce brevi parole dense di orgoglio: ”È la vittoria della nostra filosofia di attacco al cancro, che è la ‘ricerca del minimo intervento efficace’, sulla filosofia che cerca invece ‘il massimo trattamento tollerabile dal paziente”’.

Oltre alla quadrantectomia, le ricerche di Veronesi furono interamente in funzione del paziente, secondo la più genuina osservanza del principio ippocrateo: la tecnica chirurgica del “linfonodo sentinella”, che si basa sull’osservazione dei linfonodi, colpiti – secondo Veronesi – in modo regolare, evitò a molte donne lo scavo ascellare, la tecnica di rimozione dei linfonodi al tempo molto comune.

Percorrere il nostro cammino di vita seguendo le orme morali e professionali di Umberto Veronesi è pressoché impossibile: figura d’altri tempi, quando si parlava di scienza riusciva a spogliarsi di ogni suo credo politico per rimanere, “solamente”, uno Scienziato.

La Fondazione che porta il suo nome, che nel proprio sito internet ha dedicato una bellissima pagina al Professore, si fonda proprio sul suo messaggio: “Migliorare la qualità della vita delle persone, promuovere la pace, sostenere una ricerca etica”.

Perché la scienza, come Veronesi ci ha insegnato in questo suo lungo vivere, diventa zoppa se priva del fine etico, come scrive Brecht in “Vita di Galileo”: “Non credo che la scienza possa proporsi altro scopo che quello di alleviare la fatica dell’esistenza umana. Se gli uomini di scienza non reagiscono all’intimidazione dei potenti egoisti e si limitano ad accumulare sapere per sapere, la scienza può rimanere fiaccata per sempre, ed ogni nuova macchina non sarà che fonte di nuovi triboli per l’uomo. E quando, coll’andar del tempo, avrete scoperto tutto lo scopribile, il vostro progresso non sarà che un progressivo allontanamento dall’umanità”.

Questo non è certo accaduto a Veronesi, che alle sue doti di scienziato univa concretezza, fascino, tatto, capacità di mediazione – doti senza le quali non avrebbe costruito quella che è oggi la sua eredità più preziosa: l’Istituto Europeo di Oncologia.

Il Professore ci lascia novantenne, ma pieno di vita, anche perché, a lui, la morte intesa come pena e dolore non è mai piaciuta, l’ha sempre considerata un “ elemento fondamentale della nostra vita”, arrivando addirittura a parlare del “dovere di morire” da parte di tutti, nella serena accettazione del ciclo biologico e con la certezza di lasciare il nostro posto a chi verrà dopo di noi.

Affrontare la vita con Scienza ma soprattutto con Coscienza: questa – forse – la più grande “Cura” che Umberto Veronesi lascia all’umanità. Grazie, Professore!