Zeta

zeta2PATRIZIA GHIGLIONE
Zeta vive qui ma questo non è il suo Paese. E’ andata e tornata più volte e ogni volta ha dovuto fare i conti con il Bene e con il Male. Al punto che ora non sa più che cosa sono. Non sa se sia Male nascere in una casetta senza stanze, con un solo fornellino da campeggio sul pavimento di terra battuta, se sia Bene partire per la Francia cercando un lavoro e una vita diversa. Non sa se Male sia sentirsi sola, se sia Bene riconoscere un marito nel primo uomo che ti guarda con occhi affamati e gentili. Non sa se sia Male rimanere incinta e se sia Bene chiedere scusa perché non si riesce a servire il tè agli ospiti. Non lo sa, se è Male partorire altre due volte, fare tre figli, se è Bene continuare a sperare che le cose cambino, che migliorino. Non sa se sia Male partorire un bimbo ammalato, se sia Bene cercare di curarlo.
Non sa se sia Male portare il figlio a morire in Marocco, se sia Bene subire le violenze che spettano alle madri fallite.
Non sa se scappare sia Bene, portandosi via i figli, per sfuggire al carceriere. O se sia Male tornare, cercare un lavoro in Italia e costruire un futuro per i suoi bambini.
Zeta è sola, i suoi ragazzi sono al Paese e nessuno le concederà di portarseli via. Ti guarda con un sorriso accattivante, quando racconta la sua storia, spera di convincerti, di farti amico.
Ti presenta il suo lato migliore, si permette qualche bugia buona, ti chiede di stare dalla sua parte.
Ne ha bisogno. Così come le serve un lavoro ma anche un aiuto. Quello di un uomo che si prenda cura di lei senza picchiarla, che la aiuti a riprendersi i figli che le rimangono, che le dia una sicurezza serena. Ma questo forse è Male, perciò non osa confessarlo.
Allora, forse, è Bene cedere alle attenzioni di chi approfitta volentieri di lei, forse sarebbe Male rifiutarlo.

Fotografia di Bruna Bonino