La storia migliore?

SILVIA PAPI

Crediamo fermamente che ognuno abbia il diritto – e dovere – di conoscere ed essere se stesso, poi di poterlo esprimere. Spesso questa condizione non ci viene concessa e fin dall’infanzia veniamo posti in un processo normativo che ha l’obiettivo di farci adattare – in maniere peggiori o migliori a seconda dei casi e degli incontri più o meno fortunati – alla società nella quale dovremo vivere. Molto e importante viene tralasciato se non addirittura inibito.

I luoghi nei quali veniamo abituati a vivere concorrono nell’aiutare lo sviluppo di personalità timorose dell’aperto, inteso sia in senso naturale come in quello heideggeriano del non avere punti di riferimento a cui far ricorso per procurarsi risposte già pronte.

Questa è la nostra storia, di molti di noi quantomeno. Con essa dobbiamo fare i conti e non possiamo prenderne in prestito nessun’altra. Però possiamo smettere di esser certi che la nostra sia la migliore e guardare a quelle degli altri con curiosità disponibile e voglia di dialogare. In questo modo son sempre avvenute le contaminazioni più feconde che hanno portato modifiche e miglioramento. Ciò accade a livello personale e può accadere collettivamente, rispetto a ciò che siamo e creiamo.

 

Detto ciò dedichiamo queste immagini a tutti coloro che, cresciuti in appartamenti, chiusi in condomini, circondati da altri condomini, affacciati su strade di asfalto, hanno perso il contatto dei piedi e delle mani con la terra, degli occhi con orizzonti vasti, mutevoli e dai colori cangianti, del naso con la molteplicità di odori e profumi che tutto contraddistinguono.

A tutti noi cittadini, ex cittadini, aspiranti cittadini l’augurio di avere la capacità e il coraggio di attingere alla diversità e trarne insegnamento per la costruzione futura.

(L’articolo è pubblicato senza immagini per evitare problemi di copyright)