Il canto del Darric

La nuova raccolta di Mario Urbanet

SILVIA PIO (a cura)

copertina

ricordi sparsi                       à Pleubian

Dopo un severo esame
di molti soggetti non ammessi
la vecchia signora adotta
un ciottolo
esso peserà discretamente
su un mucchio di lettere
ricordi
che la vita ha levigato

la lingua di sabbia lunga e bionda
raccoglie le impronte
dei marciatori insaziabili
il mare geloso di questo intimo legame
ne cancella le tracce a vinciperdi

come un ballerino mondano
un cormorano si esibisce per stupire
vola in viraggio in picchiata si contorce
e folgorante attacca

il mare piange un pesce troppo ingenuo
l’istrione sazio asciuga le ali
come si saluta au Français (1)

delle case
di pescatori disarmati
si baciano umilmente
schivando i venti.

(1) Salutare “au Français” è riferito al saluto plateale dei commedianti della “Comédie Française”, il teatro prestigioso di Parigi.

***

mietiture bretoni                           au Château de La Roche Jagu

Il grano barbuto in cui si fanno strada
fiordalisi e papaveri
danza al canto del vento di mare
e così il grano saraceno vicino nell’attesa del filo della falce
un salice inghiotte le lacrime
la passiflora si meraviglia
dei fischi di sei merli motteggiatori
ladri di ciliegie vermiglie
meraviglie dal gusto asprigno
per degli umili palazzi abitati

l’acqua viva
di un sottile gorgoglio
mormora delle filastrocche
e gioca alla cavallina su piccoli ciottoli

l’ombra di un olmo
inonda la mia sete esigente
io inghiotto dei ricordi di sabbia calda
pallida copia di un’Africa
di falsi tropici

su questi declivi
fioriti di agapanti
in gruppi di dieci
le digitali offrono la loro carne turchina
al mio occhio tattile
delle cutrettole schiamazzanti
bucano il silenzio sudaticcio di una pace
che dorme con un occhio solo.

Mario-Urbanet
Dall’ultima di copertina del libro:

Mario Urbanet è cresciuto tra due lingue, il friulano delle famiglia paterna venuta dall’Italia nel 1929 ed il francese di sua madre. L’occupazione tedesca, i cantieri edili, la guerra d’Algeria, poi un forte impegno di attivista e cittadino gli hanno insegnato l’essenziale della vita. La scuola laica ed i libri gli hanno indicato i valori.
Costretto, pur dotato solo di una modesta licenza elementare, a lasciare la scuola a 14 anni, il suo maestro gli aprì la sua biblioteca, continuando così ad inculcargli la passione per la lingua. Questa passione è per lui sempre motivo di vita.
Si sforza di dividerla tra poesia e racconti, in particolare accanto ai giovani.
Egli scrive per lasciare traccia e partecipare al grande ribollire delle idee umane, egli tenta di scoprire come funziona questo strano mondo in cui viviamo, dando fede più ai comportamento dei suoi simili che alle loro credenze o opinioni.
La poesia è per lui una necessità che gli permette di integrare l’esistente all’esistenza: vi adatta le parole, come si dispongono le pietre di un muro, per suggerire un senso, al di là della loro bellezza. Ci sono temi che lo assillano, assolutamente, come cercare nel quotidiano il senso, quello che perdura e può aprire la piccola finestra del vento per la quale passerà la speranza. Il vocabolo perché? Sempre sospeso nell’infinito, irresoluto, motiva il bambino come il vegliardo. La sola parola che valga, finché uno spirito potrà concepirla.

«Questa opera è dedicata al mio amico Maurice Bézert che ci ha lasciati in questa fine d’estate. Comprende liriche scritte in seguito a delle scoperte di angoli di Bretagna in sua compagnia, come pure una serie di testimonianze consacrate alla nostra lunga strada comune. Xavier Pierre, poeta e creatore delle Edizioni “Plumes d’Armor” mi ha proposto di dare alle stampe questa opera. Trattandosi di una piccola casa editrice indipendente ho accettato la scelta del prefinanziamento per prenotazione». Bon-souscription-le-chant-du-darric

http://www.mario.urbanet.sitew.com

L’autore ha regalato a Margutte questa poesia:

A Babbo Natale

un aereo, una farfalla ed una gazza
si dividono la pagina blu di un cielo da colorare
lasciano libero un vasto spazio
a disposizione dei fuggitivi
in cerca di un nascondiglio sicuro

qui una pecora disegna un aviatore
Bellerofonte fa impennare Pegasi
sull’anello di Saturno
per la parata del Circo del Sole
mentre l’Orsa Maggiore tira il suo pesante carro
senza mai raggiungere l’inaccessibile stella

le stelle cadenti tracciano un destino incerto
la via lattea si lamenta di non essere sufficiente
a nutrire tutti quelli che hanno fame
la luna cerca di riunire Pierrot e Colombine
in un girotondo d’amore

fermi sull’Olimpo mortali sofferenti
ti indirizzano l’ultima speranza
delle loro disparate e inconciliabili credenze
derisori paraventi di illusioni mentre si sfalda
la feccia del mondo nell’immondizia dei vizi

(Traduzione di Gemma Francone e Franco Blandino)

Mario Urbanet: la poesia è un giardino planetario