I Gatti di Baudelaire

Claudia Pastorino e la musica

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I Gatti di Baudelaire
Mi chiedo com’è che innamorati e dotti
amino ugualmente i Gatti dolci e dormienti
orgoglio della casa, freddolosi, scaltri, sedentari
maghi, demoni, santi, amici del piacere.

Evoluzione dell’uomo e del pianeta
non piegati dall’erebo triste, dall’ombra mesta
ma reni feconde, pupille golose, nobili e ignobili
compagni discreti, amanti ed esteti.

Mi chiedo e rispondo ed è tutta una danza dintorno
se catturi il mio sguardo nel tuo vedo dentro di me
che stupore nel trovarti negli occhi smeraldi e topazi
e godere del tuo contemplarmi, quasi fossi migliore
e sentirmi migliore, come un altro da me.

Voce discreta dal timbro lieve
coi piedi felpati a passeggio nel mio cervello
oh voce incupita! d’incanto ora è forte, mi ha stupita!
la casa rallegra, dirada i miei mali.

Ispirazione di matti e rimatori
conoscitori dell’Arte di essere amati!
ammaliatori indugiano sulle mie dita
vi sfiorino lievi il manto prezioso!

Mi chiedo e rispondo ed è tutto un giocare dintorno
se catturi il mio sguardo nel tuo vedo dentro di me
oh pupille lucenti! oh vividi opali cangianti!
e godere del tuo contemplarmi, quasi fossi migliore
e sentirmi migliore, come un altro da me
come fuori di me!

Mi chiedo com’è che innamorati e dotti
amino ugualmente i Gatti dolci e dormienti
orgoglio della casa, freddolosi, scaltri, sedentari
maghi, demoni, santi, amici del piacere!

***

Credevo

Credevo di potermi fidare dell’uomo vestito di nero
che mi avevano detto era il depositario del vero
e mi avrebbe fatto guadagnare il mio pezzo di cielo
credevo, credevo.

Dicevo solamente le cose più giuste senza mai osare
esser libera di ribellarmi alla falsa morale
che ha infibulato il mio corpo anche senza il pugnale
dicevo, credevo.

Dai silenzi di questa mia stanza ho imparato a gridare
a essere libera e sola, ma senza mai riuscire a volare
per raggiungere nuove sorgenti ho imparato a nuotare
controcorrente da sola, ma quel marchio non lo puoi cancellare.

Speravo la bellezza di quella bambina potesse tornare
a parlare coi fiori, gli uccelli, con gli animali
non più sensi di colpa, espiazioni sempre da scontare
speravo, dicevo, credevo.

Dai silenzi di questa mia stanza ho imparato a gridare
a essere libera e sola, ma senza mai riuscire a volare
per raggiungere nuove sorgenti ho imparato a nuotare
controcorrente da sola, ma quel marchio non lo puoi cancellare
non lo puoi cancellare.

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Trentanni

Allenata alla palestra del minimo
mi rifugio nel mio mondo nirvanico
un po’ più su
tu mi parli ma io guardo il mio gatto
che attraversa la stanza distratto
e non ti sento più.

Il tuo amico lui ha capito tutto
e fra un “Cristo” e un pezzo di prosciutto
parla di me
lo diverte il mio vegetarismo
è senz’altro, dice, l’ultimo snobismo
degli chansonnier.

Dico davvero, mi son divertita
continua pure a raccontarmi la partita.
Quando siamo finiti in un letto
hai lasciato per terra il tuo stile perfetto
insieme al vestito
anche se avevi piegato il mondo
sembravi un pazzo a girare in tondo
alla ricerca del clito.

Eran più comode le leccatine
del tuo carniere di ragazzine
a cui fai i regali
come ogni uomo viziato e potente
volevi una donna cornuta e paziente
che non fa domande.
Io l’unica cosa che ho imparato fin qua
è che la sola vera trasgressione è la fedeltà.

E in questi panni ti faccio un po’ pena
coi miei trent’anni e la testa piena
di illusioni
che “non ha senso star lì a soffrire
‘tanto a nessuno interessa sentire
queste canzoni”.

E dire che invidio tutta la gente
che soffre soltanto se il dollaro scende
“oh greggia beata!”
io che non ho mai avuto niente
ci rido sopra e mi dico “sarà
per la prossima vita!”

Credi davvero mi voglia sparare
dopo tutto il tempo che ho impiegato
a diventare giovane?

***

Canzone del tempo perso

Canti per passare il tempo, per sfortuna non sai cosa fare.
Parlare? Con chi?
E lì davanti a te solo un bicchiere quasi vuoto
non c’è niente da mangiare dentro al frigo.
Eh già! Così solfeggi scale e quando stoni ricominci
e il tuo vicino urla e alza la televisione per non sentirti più.

Ti chiami Clara Bergamino, canti dentro i pianobar e i karaoke
e sopravvivi con la musica.
Suonavi pure in discoteca, al ristorante e nei night club
ma tutto questo c’entra poco con la musica.
Tua madre dice “la pensione è un problema a cui pensare”
lo so bene che ha ragione, cosa ci vuoi fare
se tu vuoi scrivere canzoni e nient’altro tu vuoi fare
hai rinunciato allo stipendio ma sei libera.

Canti per passare il tempo, per sfortuna non sai cosa fare.
Parlare? Col cane.
E lì davanti a te solo un bicchiere quasi vuoto
non c’è niente da mangiare dentro al frigo.
Eh già! Così solfeggi scale e quando stoni ricominci
e il tuo vicino urla e alza la televisione per non sentirti più.

Ti chiami Clara Bergamino, canti dentro i pianobar e i karaoke
e sopravvivi con la musica.
Cantavi pure ai matrimoni e a tutte quelle feste là
e non vi dico che dolore per la musica!
Tua madre dice “la pensione è un problema a cui pensare”
lo so bene che ha ragione, cosa ci vuoi fare
se tu vuoi scrivere canzoni e nient’altro tu vuoi fare
hai rinunciato allo stipendio ma sei libera.

Cantautori genovesi
molto tristi
molto genovesi
portate anche noi
a stâ chi a pestâ l’aegua in to mortâ [1]

[1] In lingua genovese “a stare qui a pestare l’acqua nel mortaio”
che in genovese significa appunto perdere tempo.

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Come e quando si è avvicinata alla musica come espressione artistica?
Intorno ai dodici anni, in corrispondenza con l’inizio dello studio della chitarra, sentii che la scrittura e la composizione di canzoni avrebbero potuto diventare per me il linguaggio attraverso cui esprimermi e comunicare. Già a partire da allora, e in tutti gli anni successivi, iniziai a scrivere, scrivere, scrivere: canzoncine, piccole musiche, pagine di riflessioni, pensieri, che non avevano però la forma di diari, ma nascevano già con la forma di canzoni. Una decina di anni dopo, tutto questo scrivere iniziò a fare capolino dai cassetti e divenne la mia professione di artigiana di canzoni.

Come nascono i suoi interessanti testi e qual è il suo rapporto con la scrittura?
La scrittura di canzoni è l’espressione artistica che da sempre accompagna la mia vita; è molto più di un lavoro, di una passione, di un diletto, di un’urgenza; è famiglia, è vita, è il posto della verità, in cui osare dire cose che altrimenti non si riuscirebbe a raccontare. La scrittura è tutto questo e anche molto altro; come mi è capitato di scrivere, è “sudore di lavoro e di fatica” e anche “consolazione e alleata del percorrere la vita”. Per chi scrive e canta le proprie canzoni, ogni canzone è la pagina di una autobiografia in cui raccontare la propria storia e il proprio punto di vista sul mondo: c’è spazio anche per l’amarezza che, grazie alla musica e al canto, risulta attutita.

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A proposito di scrittura, lei ha pubblicato diversi libri su due tematiche in particolare, la cantoterapia e lo Jainismo; vuole spiegarci questo suo interesse?
La Cantoterapia è una disciplina nuova che affonda le sue radici in intuizioni molto antiche: pensiamo all’uso della voce come terapia nelle medicine popolari, nelle etnomedicine, nenie curative, rituali sciamanici, tutte le forme della Meloterapia e della Versoterapia, le medicine medievali araba e cinese, dove il terapeuta utilizzava il canto come strumento diagnostico e terapeutico, ecc.
Oggi la Cantoterapia è strutturata e, attraverso equipe interdisciplinari artistiche e scientifiche, impartisce gli insegnamenti relativi all’uso corretto della respirazione e della fonazione, integrando questo percorso con la parte relativa alla voce artistica per tutti coloro che vivono di voce (non solo cantanti ma anche insegnanti, attori, venditori, didatti sportivi, ecc.)
La Cantoterapia insegna ad approfondire la propriocezione, la consapevolezza corporea, la forza creativa e il potere della voce, la capacità di auto-rilassarsi, il rispetto dell’igiene vocale, l’ottimizzazione del rapporto costo-resa nella fonazione. Esiste anche un settore specifico della Cantoterapia che si occupa della riabilitazione del paziente con ictus, Alzheimer, Parkinson, patologie degenerative nell’anziano, ecc. A questo proposito sono molto interessanti i noti lavori di Oliver Sacks (Musicofilia, L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello). Credo profondamente nelle potenzialità della Cantoterapia, sia quelle già espresse che quelle che ancora dovremo sondare. Il mio amore e la mia riverenza nei confronti del canto, mi hanno portata e ancora mi porteranno a questa ricerca sulle sue immense potenzialità, che vanno oltre agli aspetti già importanti dell’intrattenimento, del piacere, della gioia, dell’emozione, della comunicazione.
Il Jainismo, insieme al Canto e agli Animali, è parte integrante del mio percorso di vita. Scoprii il Jainismo circa 25 anni fa, e da allora studio e pratico questa dottrina, la più antica religione della Nonviolenza universale: diversi storici delle religioni riconoscono il Jainismo come il massimo tentativo che sia mai stato attuato per annullare o ridurre al minimo la violenza. E’ una religione pressoché sconosciuta in Italia, e poco conosciuta in Europa (esistono centri Jain solo in Inghilterra e in Belgio). La sua dottrina, insegnata dai 24 Tirthankara, l’ultimo dei quali, Mahavira, visse in India nel 500 a.C., è molto rigorosa negli insegnamenti della Ahimsa, la Nonviolenza attiva e costante nei confronti di tutte le creature, non solo umane, ma anche animali e vegetali, e anche nei confronti degli elementi, aria, acqua, terra: anche causare inquinamento è considerato himsa, violenza, nel Jainismo. E’ una dottrina rigorosa, così antica eppure così moderna, in linea com’è con i più vigorosi movimenti ambientalisti, ecologisti, pacifisti, animalisti contemporanei.

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Vuole raccontarci anche del suo attivismo nella difesa dei diritti degli animali?
L’attivismo in difesa degli Animali è nato negli anni dell’adolescenza, quando presi coscienza (prima casualmente, e successivamente volendomi documentare, attraverso la lettura di Imperatrice Nuda di Hans Ruesch) degli orrori della vivisezione. Le tante battaglie per i Diritti degli Animali iniziate negli anni Ottanta sono state un percorso doloroso ma doveroso, lenito solo da qualche piccolo miglioramento che ho visto accadere sotto i miei occhi: per esempio, trentatré anni fa, quando divenni vegetariana, il Vegetarismo era considerato una “follia”, una “stranezza dettata dall’età”. Oggi c’è stato un riconoscimento del Vegetarismo e dei vegetariani. Malgrado ciò, gli Animali continuano a soffrire atrocemente per causa nostra, ogni giorno, nei laboratori di vivisezione, negli allevamenti intensivi, nei macelli, e in innumerevoli altre forme di crudeltà. Per questo ho dedicato il mio ultimo cd “Claudia”, da poco pubblicato, all’Animals Asia Foundation di cui Vi invito a visitare il sito: https://www.animalsasia.org/it/

copertina

http://www.claudiapastorino.it/