Mari

Mari

JORGE ETCHEVERRY

Te ne scappi per poi apparire in un punto di qualche angolo insospettabile, quando andavamo a comprare il diario che leggiamo ancora in versione stampata quando ci prendiamo un caffè. Non ho mai avuto il tuo numero. Poi, da poco, me l’hai dato ma ormai non ci sono telefoni pubblici e tutti, tranne me, girano con i cellulari. Se mi fermo a guardare una vetrina credo di vederti che guardi alle mie spalle. Mi volto. Non ci sei. O era un’altra persona, a volte non è neppure una donna.
Non nasconderti per vivere su questo colle né su nessun altro. Esci anche se solo di notte per pettinarti la chioma, per illuminare tutto coi tuoi occhi di smeraldo. Non ti mostrerai con scudi, elmi e arazzi. Le tue dame di compagnia illumineranno infinite notti col loro corpo che brucia.
Inafferrabile ti tessi una trama attorno come una treccia raperonzoliana, come una doppia catena cromosomica, le cui eliche abbracciano i tempi verbali passati e futuri di questa lingua intricata che a queste latitudini non mi sarà dato apprendere e neppure esercitarmi tra le opere e i giorni.
Altri nomi più nuovi, altri consigli ti daranno un altro volto e ti iscriveranno sulle steli.
Figlie tue che all’improvviso ti ignorano. Non così io che ti presagisco. In queste città di adesso credo addirittura di vederti.

(Traduzione di Giuliana Manfredi)

Poeti dal mondo, Jorge Etcheverry, Cile

Foto di Bruna Bonino