Antichi passaggi a Piazza

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Mondovì Piazza – Vicolo interno al palazzo della Società Operaia di Mutuo Soccorso (foto Lorenzo Botto)

SILVIA PIO (a cura)
L’idea di riscoprire e far conoscere al pubblico i vicoli perduti di Mondovì Piazza frullava da anni in testa a Tonino Rizzi, sacrestano della Cattedrale e presidente dei Battuti neri della Misericordia, nonché conoscitore di molte storie e molte pietre del borgo costruito sul Monte di Vico. Una vecchia mappa di epoca napoleonica, conservata negli archivi comunali, riporta numerosi vicoli che non sono più visibili: una rete di passaggi che collegava le strade principali del quartiere, vie di fuga, scorciatoie, passaggi impensabili, che nel corso del tempo sono stati murati per impedire usi non graditi, inglobati nelle case per ricavare qualche vano di servizio, o semplicemente nascosti dalla vegetazione. Tonino ha trovato un compagno di avventure in Romolo Garavagno, già presidente dell’Associazione Amici di Piazza e ora promotore dell’onlus G. Cordero Lanza di Montezemolo, che abita anch’egli a Piazza da molto tempo. A documentare il ritrovamento dei vicoli nascosti ha collaborato un altro abitante del borgo, Lorenzo Botto. I risultati della ricerca sono stati esposti nell’antico Palazzo di Città nel giugno 2015 nell’ambito della mostra Forme, Colori, Estri.
Ecco come commenta l’iniziativa il sindaco di Mondovì Stefano Viglione nel pieghevole della mostra: «Un originale viaggio nella memoria, dal forte impatto emotivo, che permette di riscoprire scorci insoliti di Piazza, ‘cuore’ storico della nostra amata Mondovì, attraverso le fotografie che raffigurano con un’insolita prospettiva i vicoli perduti».

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Mondovì Piazza – Parte centrale del collegamento tra la Caserma Durando e il Belvedere (foto Lorenzo Botto)

Intervista a Lorenzo Botto
Com’è nato il progetto “Antichi Passaggi”?
È nato un pomeriggio quando mi hanno suonato alla porta Romolo Garavagno e Tonino Rizzi chiedendomi se potevo accompagnarli a fare un giro per cercare alcuni scorci che erano documentati sulle vecchie mappe ma che erano spariti alla vista. Precedentemente c’erano stati degli incontri con Tonino in cui s’era parlato di fotografare questi vicoli che non c’erano più. Quel pomeriggio abbiamo gettato le basi: ho fatto alcune fotografie come appiglio mnemonico e in seguito ho passato i luoghi uno per uno e li ho documentati. Questa in mostra è solo una selezione di tutto il materiale fotografico, che è molto.

Spiegaci in dettaglio come avete lavorato.
Durante quel primo giro abbiamo visto quali erano gli indizi per capire dove si trovavano i vicoli nel passato, dove iniziavano e finivano. Nelle immagini spero di essere riuscito a rendere questi indizi e a farli interagire con quanto sta loro intorno, far capire perché erano funzionali in quella zona. Sono tornato più volte nei luoghi, sia da solo che con Tonino e Romolo. Ho ottenuto la collaborazione di alcune persone che mi hanno fatto entrare nelle loro proprietà per avere un punto di ripresa migliore, soprattutto dall’alto.
Il primo incontro è stato a novembre 2014, poi ci siamo fermati durante l’inverno ma la maggior parte degli scatti sono stati realizzati prima che la vegetazione si svegliasse. In seguito c’è stata la post-produzione sulla fotografia. Il lavoro complessivo è durato parecchi mesi, perché ho potuto dedicare al progetto solo il mio tempo libero. Devo dire che per realizzare un progetto come questo ci va amore per il passato, dedizione e impegno, e spero che quanto io ci ho messo traspaia dalle fotografie.
La scelta fotografica del bianco e nero è stata una richiesta iniziale dei mie collaboratori, che io ho appoggiato pienamente perché nel bianco e nero sta la mia comunicazione fotografica. Il colore tende a falsare e a imbrigliare la realtà. Partiamo comunque dal presupposto che la fotografia è un falso, ritrae solo una parte di realtà e fa vedere solo ciò che vuole far vedere. Il taglio dell’immagine delimita la realtà e ne crea la valenza e la forza. Il colore confonde questo inganno mentre la dichiarazione del bianco e nero (che è un falso… vero) è solo il disegno della luce, ed è lì la sua oggettività che rende le forme della realtà senza falsare troppo il messaggio che vuole trasferire.

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Mondovì Piazza – Vicolo di collegamento tra Piazza Maggiore e vicolo della Madonnina (foto Lorenzo Botto)

Chi è Lorenzo Botto?
Sono nato a Torino nel 1967 (l’anno in cui i Beatles hanno fatto uscire lo splendido LP Sgt. Pepper); i miei nonni erano di Frabosa, nelle valli monregalesi, dove mio padre ha voluto ritornare qualche anno dopo; quindi ho fatto le scuole superiori qui a Piazza.
Mi sono presto appassionato alle immagini e alla modalità di comunicazione non verbale, e ho incontrato la fotografia quand’era ancora analogica. Nella prima metà degli anni Novanta, mi sono formato allo IED, Istituto Europeo di Design di Torino: indirizzo fotografico, e questo ha dato una chiave di lettura diversa dell’immagine: ho imparato il lavoro prima dello scatto, quello che dà risultati dopo lo scatto.
Nel momento in cui ho tentato di far diventare la fotografia un lavoro sentivo che la stavo perdendo, e per non perderla ho fatto un altro lavoro. Sono entrato in crisi con l’avvento del digitale e mi sono dedicato per qualche tempo al cinema.
L’amore per “la città vecchia” mi ha portato a vivere, fin dal nuovo millennio, nel centro storico di Mondovì, e proprio qui, pochi anni fa, mi sono iscritto alla facoltà di Architettura dove ho ritrovato la fotografia, utilizzandola a supporto degli studi e degli attuali metodi di rappresentazione e restituzione del rilievo architettonico. La dicotomia dei supporti diversi, pellicola e digitale, si era tornata a ripresentare e aveva trovato, grazie alla matematica e alla geometria descrittiva, un punto di incontro. Ora con la fotografia vivo nuovi stimoli nei vecchi vicoli, e questa è la mia prima mostra.

Per contatti lorenzbt@libero.it

Le immagini presenti in questo articolo sono inedite, non essendo state inserite nella mostra del giugno 2015.

Articolo originariamente pubblicato il