Poesie Inutili

libro d’esordio di Giuliano Petrigliano

Illustrazione di copertina di Raffaele Bellizio

Poeta improvvisato
Sono un poeta improvvisato
in senso letterale,
nel senso che ho iniziato a scrivere all’improvviso
e non ho ancora capito
che razza di poeta io sia
Non ho la voce urlante di Ginsberg e Ungaretti
e nemmeno la balbuzie di Leopardi
Potrei farmi crescere le basette di Manzoni
ma allora somiglierei di più
a John Lennon del periodo hippie
Sono miope ma non cieco come Omero
Mastico poco le lingue straniere
per cui non saprei tradurre dal cinese
come Ezra Pound
Gli alcoolici non mi dispiacciono
ma non sono ai livelli di Baudelaire
e non frequento i bordelli messicani
come Bukowski
Ho amato più di una donna
ma nessuna di loro si chiamava Laura
Ho provato a viaggiare on the road
come Kerouac
ma con quello che costa la benzina
ci ho rinunciato
Ad oggi ho poco più di una ventina d’anni
ma credo di essere già troppo vecchio
per suicidarmi come gli eroi romantici
e anche Majakovskij alla mia età
era già morto da un pezzo
Non mi hanno ammazzato il padre
come hanno fatto con Pascoli
e non vado in giro per i cimiteri
come Edgar Lee Masters
Non posso illuminarmi d’immenso
perché non ho pagato la bolletta
dell’ispirazione poetica
e Madame Bovary non sono io
Non ho ancora redatto il mio testamento
come Villon
e non ho l’istinto piromane
di Cecco Angiolieri
Non sono mai stato in Toscana
durante una pestilenza
per cui non ho avuto l’occasione
di scrivere il Decameron
Non sono un angelo bello e innocente
morto in una storia sbagliata
come Pasolini
e a differenza di Foscolo
non ho mai avuto troppa stima per Napoleone
Non ho la pazienza di ascoltare la natura
come Pablo Neruda
e non ho la pazienza di scrivere poesie fluviali
come Whitman
Non ho uno psichiatra
a cui indirizzare le mie lettere
perché non ho la dolce e sana follia
di Alda Merini
e dubito che qualcuno mi intimerà
di non ritirare il nobel
come fecero con il papà del Dottor Zivago
Sono un poeta improvvisato
nel senso che ho iniziato a scrivere all’improvviso
e altrettanto all’improvviso
mi auguro di smettere
Non ho ancora capito
che tipo di poeta io sia
ma so soltanto di volermi costruire il mio rifugio
con ossi di seppia e foglie d’erba
e lasciare
che Sanguineti
condivida con me
le sue parole preziose
che Virgilio mi guidi nella selva oscura
che ho sotto casa
e siccome il mio naso è più grazioso
di quello di Dante
spero che Beatrice
si faccia cantare da lui
e deflorare da me.

***

Le puttane non esistono
Le puttane non esistono
esistono donne più coraggiose di molti uomini
e quelle le chiamiamo puttane
per vendicarci
le puttane esistono solo
nelle fantasie dei puttanieri
e nei rendiconti dei papponi
le puttane ce le siamo inventate
nel tentativo
di rispettare maggiormente le nostre mogli
e per evitare di chieder loro
di stupirci in chissà quale maniera
le puttane non esistono
esistono tante Bocche di Rosa
e tante Marguerite Gautier
ed esistono milioni di donne infelici
i cui mariti
sono le vere puttane
le puttane non esistono
esistono donne che amano più di altre donne
e quelle le chiamiamo puttane
ed esistono uomini che amano più di altri uomini
ma a quelli stringiamo la mano
le puttane non esistono
se non quando le santifichiamo
dopo che sono morte
con la gola tagliata da un mite impiegato postale
e noi davanti al telegiornale
tra una forchettata e l’altra
ci rattristiamo
per diciotto secondi circa
le puttane non esistono
esistono donne migliori di altre donne
e le donne mediocri chiamano quelle
puttane
e non si rendono conto che così
non fanno che rinfoltire
la loro folla di spasimanti
le puttane non esistono
esistono donne che amano l’amore
donne che amano loro malgrado
donne che non hanno mai amato
e donne che si sono ripromesse di non amare mai più
insomma
tante donne
diverse tra loro
che solo la nostra incapacità
di comprenderle tutte
ci fa catalogare come puttane

A monte dei versi di Giuliano Petrigliano «c’è un occhio interiore acuto e inventivo che prova a leggere e interpretare la complessità del mondo», scrive Nicola Salvini nella sua nota introduttiva a “Poesie inutili”, silloge d’esordio del poeta e cantautore lucano – classe 1991 – che nonostante la giovane età e il paradosso, apertamente provocatorio, del titolo, «non si perde, va al sodo e colpisce con efficacia, muovendosi sul terreno dell’ironia [...] e talvolta del sarcasmo amaro». Poesia sociale, capace di rendere al lettore contraddizioni e sfumature dello scorcio di contemporaneità in cui ci troviamo a vivere; una lettura dolce-amara dell’Italia di oggi che non disdegna i territori dell’anima e i registri più intimi e personali.

La poesia di Giuliano Petrigliano colpisce il lettore «con la chiarezza delle descrizioni, la freschezza delle narrazioni, la maturità delle considerazioni […] e ci restituisce molto del mondo in cui viviamo». Una scrittura pulita e nitida, priva di quei “pesi” che fiaccano buona parte della lirica contemporanea, avvitata su se stessa nell’inseguimento vano dell’indicibile. Le “corde” che Petrigliano tocca nelle sue poesie sono le stesse con le quali ha sempre composto ed accompagnato le canzoni: versi capaci di abbracciare in un medesimo sguardo intimismo e socialità, sterminate e complesse realtà corali e geografie interiori altrettanto vaste; una generale riflessione sul mondo e sulla bellezza dietro la quale si intuisce «una sedimentazione di letture importanti», testimoniata fin dalla scelta del titolo, teso a porre l’accento, in tempi di “guerra della moneta” e “bombe finanziarie”, sull’importanza di una cultura “non monetizzabile”.

L’eBook, con la nota introduttiva di Nicola Salvini e la copertina di Raffaele Bellizio, è disponibile in tutte le librerie on-line nei formati ePub, Mobi e Pdf. Per approfondimenti: www.matiskloedizioni.com/poesieinutili

Articolo di Margutte su Matisklo

giulianopetrigliano

Giuliano Petrigliano nasce a Policoro (MT) il 29 ottobre 1991. Sin dall’adolescenza si appassiona alla musica: scopre i cantautori italiani, come De André, Gaber e De Gregori, senza trascurare la lezione dei folksinger d’oltreoceano come Bob Dylan e gli chansonnier francesi; sul loro esempio impara a suonare da autodidatta la chitarra e l’armonica a bocca. Di lì a poco inizia a scrivere canzoni e poesie. Nel 2013 partecipa, nell’ambito di un concorso per cantautori emergenti, ad uno stage di formazione presso il C.E.T. (Centro Europeo di Toscolano), la scuola di musica di Mogol, situata nella campagna umbra, durante il quale ha la possibilità di seguire corsi di canto, composizione e scrittura creativa tenuti da professionisti del settore discografico, come Valter Sacripanti – batterista e produttore artistico che vanta collaborazioni con Ivan Graziani, Massimo Varini e Simone Cristicchi – e Francesco Gazzè – fratello di Max e autore di gran parte dei suoi brani – oltre che di Mogol stesso.

L’anno successivo si trasferisce a Roma. Prende una stanza in affitto, studia tecnica vocale con Silvia Gollini – già corista di Alex Britti – e suona dappertutto, dai pub di periferia fino agli angoli delle strade. È principalmente durante il soggiorno nella capitale che compone buona parte della silloge “Poesie inutili”, sua silloge d’esordio.