Margutte 700

Margutte 700

LORENZO BARBERIS.

(Un piccolo post celebrativo dei 700 post di Margutte).

Un paio di anni fa, nel fondare con gli altri amici questa nonrivista online “Margutte”, mi era toccato di risolvere la più annosa delle questioni: perché “Margutte”? Ora, dopo due anni e a 700 likes sulla nostra pagina FB, sono qui a pubblicare un piccolo post celebrativo sull’argomento.

Sarò sincero: non pensavo ci sarebbe mai stata l’esigenza di scriverlo. Il nostro progetto non nasce con lo scopo di fare grandi numeri, e il fatto stesso di rivolgerci al mezzo gigante di Pulci ne è un chiaro indizio. E la nostra presenza sul web, in mezzo a comunicatori decisamente più “aggressivi”, è in fondo artigianale. E infatti non stiamo parlando, chiaramente, un boom incredibile della rivista. 

Però, oggettivamente, “Margutte” continua a crescere (i likes, di cui non siamo ossessionati, sono un indicatore). E quindi è il segno di una realtà di cui c’è bisogno, di un certo tipo di spazio di poesia, di letteratura (e altro) che forse prima non c’era, e ora sì. 

I 300 li avevamo celebrati su FB con gli Spartani, per i 400 avevo scomodato Truffaut, e la Fiat per 500 e 600, com’è forse giusto per una rivista dalla redazione “piemontese”. Ma per i 700 likes c’era la possibilità di una celebrazione più ampia. Ho iniziato a prepararla dopo i diabolici 666, immaginando che in capo a un mese avrei potuto utilizzarla. E infatti eccoci qui.

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Ho parlato ampiamente, qui su “Margutte”, del Margutte del Pulci che abbiamo scelto come nome, l’immagine stessa della poesia burlesca rinascimentale. Una poesia libera, giocosa, fuori dagli schemi, che godette di poca fortuna negli anni della Controriforma, se non in modo latomico e semiclandestino.

Ma con il ’700 le cose iniziano a cambiare.E dietro la riscoperta di “Margutte” vi è un numero uno della cultura europea. Proprio lui: Francois Marie Arouet L(e) Jeune, cognome anagrammato in Voltaire.

Nato a Parigi nel 1694, Voltaire iniziò fin da giovanissimo una battaglia senza campo contro l’oscurantismo e l’ancien regime, a partire dal 1717 (anno di nascita della massoneria inglese: significativa coincidenza) con versi satirici contro il reggente Filippo d’Orleans, fino al 1728, con l’esilio in Inghilterra.

Qui adotterà definitivamente lo pseudonimo con cui diverrà celebre, anagramma del cognome (Arouet L.J., le Jeune, il Giovane).

Nel 1736 torna in Francia, dedica al papa Benedetto XIV “Le fanatisme, ou Mahomet le prophète”, opera chissà perché dimenticata da chi gli attribuisce il falsissimo aforisma “Non condivido le tue idee, ma darei la tua vita per difenderle”. Voltaire, insofferente dei fanatismi religiosi, diceva piuttosto “Ecrasez l’infame”: schiacciate l’infame oscurantista con ogni mezzo.

Le cose sono cambiate: protetto della Pompadour, come gli altri illuministi dell’Enciclopedie, corrispondente del monarca illuminato Federico II, Voltaire inizia a sferrare stoccate sempre più fastidiose allo strapotere clericale.

L’opera definitiva, che lo consacra simbolo e campione dell’Illuminismo, è ovviamente il “Candide” del 1759, anch’esso in fondo rovesciato romanzo cavalleresco, in qualche modo agli antipodi del Margutte pulciano: se il mezzo gigante è astutissimo, Candido è appunto candido e ingenuo fino allo stremo, con simmetriche disavventure.

Ma prima del “Candide” vi è un’opera, avviata da Voltaire nel 1730 e pubblicata postuma solo molto tempo dopo, nel 1899: la “Pucelle d’Orleans”, dove egli riscrive da par suo la figura-simbolo stessa della Francia cristianissima: Giovanna d’Arco, dedicandole un poema eroicomico in cui la sbeffeggia senza pietà. E nell’introduzione all’opera, appunto, Voltaire cita il Margutte di Pulci come modello originario del poema eroicomico, e in definitiva, sia pur ironicamente, del poema eroico tout court.

“Ecco dunque la Giovanna in tutta la sua integrità. Noi temeremmo di fare un giudizio temerario, nominando l’autore cui viene attribuito questo poema epico: basta che i lettori possano profittare in qualche modo degl’insegnamenti morali che si nascondono sotto le allegorie ond’esso va pieno. Che importa che se ne conosca l’autore? molte sono le opere che gli uomini dotti e sapienti leggono con sommo diletto pur ignorandone li autori; come, per esempio, il Pervigilium Veneris, la satira che va sotto il nome di Petronio ed altre non poche.

Una cosa ci consola davvero, ed è che nella nostra Pulcella, dei passi un po’ arditi e liberi ne troverete assai meno che in qual si voglia dei più solenni scrittori italiani i quali trattarono argomenti consimili.

Verum enim, cominciando dal Pulci, noi saremmo ben dolenti se l’autor nostro discreto avesse creduto di potere avvicinarsi a quelle piccole libertà che il dottore fiorentino si prende nel suo Morgante. Cotesto Luigi Pulci, ch’era un grave canonico, compose nella metà del secolo quindicesimo il suo poema per la signora Lucrezia Tornabuoni, madre di Lorenzo dei Medici, detto il Magnifico; e si legge che il Morgante si cantava alla tavola della surrammentata signora. E questo è il secondo poema epico che abbia avuto l’Italia. Ma i dotti hanno disputato a lungo se cotest’opera appartenga al genere serio o piacevole. Coloro che lo credono poema serio recano a sostegno della loro opinione l’esordio di ogni canto, non essendo vene uno che non cominci con qualche versetto biblico. Ecco qui, per esempio, l’esordio del canto primo:

In principio era il Verbo appresso Dio; Ed era Iddio il Verbo, e ’1 Verbo lui. Questo era il principio al parer mio, ecc.

Se il primo canto comincia col Vangelo, l’ultimo finisce con la Salve regina; la qual cosa può dar ragione a quelli che opinano aver l’autore scritto con intendimenti serissimi; perocché in quel tempo tutte le opere drammatiche che si rappresentavano in Italia erano tolte dalla Passione di Cristo e dai Fatti dei santi. Quegli altri poi che hanno considerato il Morgante come poema burlesco, non hanno tenuto conto che di certe arditezze un po’ troppo forti alle quali il poeta si lascia andare.

Morgante dimanda a Margutte s’è cristiano o maomettano, e se egli crede in Cristo o in Maometto.

Rispose allor Margutte: A dirtel tosto, Io non credo più al nero che all’azzurro; Ma nel cappone, o lesso o vuogli arrosto; Ma sopra tutto nel buon vino ho fede; E credo che sia salvo chi gli crede.

Or queste son tre virtù cardinali: la gola, e ‘l culo, e ‘l dado ch’io t’ho detto.

Qui potrete osservare che il Crescimbeni, mentre non dubita punto di mettere il Pulci fra i veri poeti epici, dice, a fin di scusarlo, com’egli fosse il più modesto e misurato scrittore de’ suoi tempi: il più modesto e moderato scrittore. Fatto è ch’egli aperse la strada al Bojardo e all’Ariosto. Si deve a lui se li Orlandi i Rinaldi li Olivieri i Dunoni salirono in Italia a tanta celebrità; e, per la purezza della lingua, cede di poco all’Ariosto.

Il discorso introduttivo di Voltaire (qui sotto un nuovo pseudonimo burlesco, quello di Don Apuleio Risorio, che fonde falso ruolo sacerdotale, richiamo all’Asino d’Oro e infine il riso che unifica e corrode ogni cosa) prosegue poi con altre considerazioni: ma in quella sbrigativa citazione il padre dell’Illuminismo ha sancito la ripresa della fortuna di Morgante; anzi, ancor più, come vediamo, di Margutte.

Voltaire, con la sua citazione a memoria (errata nella forma, corretta nella sostanza) gioca come al solito con l’oscurantismo come il gatto col topo: in fondo, dice, io faccio molto più modestamente quanto già hanno fatto i Grandi, ad esempio quel Pulci che è al fondamento, in effetti, di tutto il poema epico rinascimentale, magna pars della corte di Lorenzo de Medici, detto il Magnifico. Era pure un canonico, pensate un po’.

Voltaire morirà nel 1778, due anni dopo l’avvio della Rivoluzione Americana, l’avvio di quel secolo di “rivoluzioni massoniche” che si concluderà col papa detronizzato a Porta Pia, nel 1870. Un grande incendio che viene appiccato, in gran parte, per merito di Voltaire.

Dire quindi che la sua opera gli sopravvive è quindi un eufemismo; gli sopravvive, però, anche la sua rilettura di Margutte.

Per via dell’ineffabile e sarcastico francese quel passo di Morgante è il più antologizzato (via, siamo onesti: pressoché l’unico) sui libri delle superiori, e del resto è lì che io stesso l’ho trovato, per poi approfondire (in una nota a margine nella mia tesi sui briganti letterari, e poi qui su “Margutte”, appunto).

Non so nemmeno quanto si sia consapevoli di questo punto di partenza, certo ovvio, ma che non viene spesso citato nelle antologie o, in generale, nelle opere sul Morgante. E forse sarebbe bene evidenziare il collegamento: insomma, in qualche misura, se Candide tira di scherma contro i Gesuiti e il loro regno in Paraguay (e non invano: dieci anni dopo, nel 1773, l’ordine sarà disciolto per le sue nefandezze. Per l’ancien

Bene, questo è più o meno tutto, la bonus track per i 700 follower è terminata. Non mi resta che darvi appuntamento alla prossima pietra miliare, Margutte 800, per cui ho già pronto un articolo gustoso. Ovviamente, se e quando la si raggiungerà.