A messa con Bach: un’esperienza rara e preziosa

Bach 3-5-15 foto

GABRIELLA MONGARDI.

Ha proprio ragione Chailly: «Il genio di Bach è troppo grande per la parola. Bach può essere solo ascoltato e vissuto». E per fortuna erano tantissimi ad ascoltare, a vivere, la Messa in si minore di Bach BWV 232, per soli, coro e orchestra, che ha rappresentato il vertice di Mondovì Musica 2014-15. Per l’occasione è tornata a esibirsi nella città che le dà il nome l’Academia Montis Regalis, diretta da Alessandro De Marchi, affiancata dal Coro Maghini diretto da Claudio Chiavazza, con i solisti Amelia Scicolone e Camille Poule (soprano), Annalisa Mazzoni (contralto), David Szigetvari (tenore) e Marcell Bakonyi (basso).

La Messa è uno straordinario esempio di ‘composizione’, alla lettera: infatti è il risultato dell’assemblaggio di parti musicali scritte in tempi diversi, nell’arco di venticnique anni. Non solo: essendo stata ultimata nel 1749, rappresenta anche il testamento spirituale a artistico del compositore, che sarebbe morto nel 1750.

Scrive il musicologo Alberto Basso: « La materia […] offre spunti e argomentazioni per sostenere tanto la tesi “cattolica” quanto la tesi “luterana” e consente anche di intendere l’opera in termini di ambivalenza. La sua natura cattolica emergerà quando si vorrà considerarla nei termini di un corpo unitario, elaborato lungo un ampio intervallo di tempo, svincolato dalla realtà storica e quasi isolato in un mondo astratto e ideale anche se agganciato alla tradizione della Missa concertata. Al contrario essa apparirà come una manifestazione del pensiero musicale luterano quando la si interpreterà a segmenti separati, ciascuno dei quali destinato non a coprire un unico servizio liturgico (come è il caso di una Missa tota), bensì a soddisfare esigenze specifiche delle grandi festività in cui era consentito praticare la polifonia applicata ai testi latini dell’Ordinarium».

L’Academia, forte della sua pluriennale esperienza sui testi di Bach, ne ha dato un’interpretazione intensa ed equilibrata: il Kyrie di apertura, in cui coro e orchestra fanno un tutt’uno, è l’equivalente dell’ouverture di un’opera, e in effetti una dimensione teatrale è sempre avvertibile in questa Messa, in particolare nei dialoghi tra strumenti e voci, ma come una tentazione ben controllata, che screzia appena di un fremito una partitura severa, ma non fredda.

Il canto di lode e ringraziamento del Gloria  è un inno sfavillante di ebbrezza, dove la musica amplifica gli “affetti” espressi dalle parole; nel Credo la fede è dichiarata dapprima sommessamente, poi con crescente franchezza e sicurezza evidenziate dal duetto, in cui soprano e contralto ripetono a eco le stesse parole, ribadendole in modo incrollabile; il Sanctus è imponente come una cattedrale, l’Agnus Dei una preghiera sublime.

La dialogicità appassionata è lo specifico, la sigla di questa esecuzione, com’è tipico dell’Academia e del suo direttore, e com’è tipico di Bach, sempre attento alla dimensione corale dell’esperienza religiosa, come dimostra ad esempio la struggente, umanissima Passione secondo Matteo.

Il concerto è stato replicato a Torino, presso l’Auditorium della RAI, all’interno della serie L’altro suono dell’Unione Musicale e nell’ambito di Note per la Sindone.

Bach 3-5-15