Cengio di questi muri

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LORENZO BARBERIS.

Si è tenuta a Cengio, per la seconda volta, una interessante manifestazione artistica: “Per un muro a regola d’arte”. In pratica il centro del Savonese ha ospitato graffitari ed altri artisti visivi che hanno voluto lasciare una loro traccia su un muro messo a disposizione per le loro opere.

Con questa operazione Cengio – non lontano dalla nostra Mondovì – si dimostra all’avanguardia nel proprio discorso artistico, sia nelle modalità di sviluppare le politiche culturali, sia, di conseguenza, nel valore innovativo dell’arte che diviene così patrimonio pubblico condiviso della comunità.

La street art si conferma così, non solo al “centro”, ma anche nella “periferia”, uno degli ambiti di produzione artistica più vitali e innovativi.

Tra gli aderenti alla manifestazione spicca anche un autore monregalese particolarmente attento alle diverse sperimentazioni come Marco Roascio, che realizza l’opera presentata sopra.

Marco realizza così un nuovo capitolo della sua ricerca astratta, di cui abbiamo scritto ampiamente su questo sito e altrove: e se la ricerca sul suo particolare segno nasceva proprio dalla ri-elaborazione virtuale, in foto, di graffiti molto banali, solitamente con deteriori messaggi politici, che Marco risanava virtualmente intervenendo con marker su carta fotografica, qui egli colloca il suo segno a fianco di graffiti più tradizionali, permettendo di istituire un interessante confronto tra autori più vicini al “core” della street art e la rilettura roasciana.

Diverse opere realizzate, di cui qui si può fornire solo una sintesi rapida ed indicativa, ricorrono infatti agli stilemi cartoonistici tipici del graffitismo più tipico, quasi archetipo del genere, di grande impatto visivo.

Altri casi (più vicini, paradossalmente, da un punto visivo all’astrazione roasciana), come tipico dell’arte graffitica, si limitano all’esposizione della Tag, la firma dell’autore o del gruppo autoriale, che diviene però oggetto di una rielaborazione ad alti livelli di sintesi grafica, rivaleggiando per capacità di sintesi visiva con la più avanzata arte astratta.

Molto interessante, personalmente, riteniamo poi un lavoro come questo “Let’s go!”, che va a indagare sul comune rapporto iconico che vi è tra questo graffitismo e la grafica dei primi videogame anni ’80, parimenti coloratissima e iconica nella semplicità offerta allora dalla tavolozza dei pixel.

Non mancano però anche altre riletture artistiche del graffitismo, che vanno a costituire una affascinante galleria a cielo aperto quale non hanno città più grandi e in teoria più blasonate, ma che non hanno ancora avuto l’intelligenza critica di predisporre una simile manifestazione, di grande ricaduta sul territorio.

Driina A12

Particolarmente diffuso ci appare, in varissime forme, il tema del ritratto, che è sicuramente di grande efficacia nella forma murale prescelta, e richiama del resto un’usanza diffusa, in differenti modalità, fin dal seminale graffitismo sudamericano.

Particolarmente affascinante abbiamo trovato questo ritratto femminile, ad esempio, che gioca magistralmente sull’ambiguità della visione (ricordandoci a tratti il ben più inquietante caso analogo nel mostro del “Labirinto del Fauno”).

Ma tutte le opere sono indubbiamente significative, e non ci resta quindi che invitarvi a soffermarvi a Cengio, se vi capita di passare in loco, per poter cogliere l’occasione di confrontarvi con un’arte realmente vitale e moderna.

Nell’attesa e nella speranza, ovviamente, che l’illuminato progetto di Cengio continui, e faccia scuola.

Le fotografie sono opera di Margutte