Il Carillon di Tony

Ombre

LAURA BLENGINO.
(immagine di Lorenzo Avico, Teatro delle ombre)

Tony era in loro contemplazione da minuti, così tanti  che parevano ore.

Aveva sei anni ed era completamente ipnotizzato da quelle figure.

Le ombre volteggiavano, danzavano, si contorcevano come pazzi. Le figure umane del carillon, suo gingillo preferito, si arrampicavano  sul muro come ragni laboriosi.

La musica splendeva in tutta la sua dolcezza.

E quella nenia, con complice il cuscino, lo attirò nel mondo del sonno.

Sognò.

Sognò che c’erano due mondi.

Entrò nel primo, attraverso una grotta. Era tinta color pastello. Chiaro e soffice. C’erano tante persone incastrate su piedistalli. E vivevano e si spostavano su quelli. Tutto era un chiacchiericcio allegro, un parlottare concitato. Non voleva più andarsene da lì. Se ne era innamorato, come di un lecca-lecca.

Ma poi entrò anche nel secondo, sempre attraverso una grotta. Era tinta corvo. Anzi, più scuro delle piume del volatile. Scuro e spigoloso. C’erano tante ombre che si aggiravano come lupi famelici. Parevano più demoni. Tutto era un uggiolio tetro e scricchiolii agghiaccianti. Voleva andarsene alla velocità della luce. Ma era letteralmente paralizzato dalla paura.

Si svegliò, sudato fradicio. Il cuore batteva a mille. La bocca era asciutta.

Si mise a sedere. E iniziò a riflettere.

Non esisteva solo un mondo, ma due. Una spaccatura. E se quello che si vede non fosse reale?

E lì, il meccanismo di elaborazione scattò come una molla.

Da adulto lo avrebbe ampliato e limato.

E noi oggi conosciamo il “mito della caverna” e  il “mondo delle idee”.

Non era ancora tempo per le riflessioni e il filosofeggiare. Quello apparteneva al mondo dei grandi. Ora doveva occuparsi del mondo dei bimbi. Visto che era quello.

Venne tolto dai suoi pensieri da una voce. Un bambino, suo amico:

-Dai Platone, vieni a giocare con me!

Laura Blengino